Data: 14/05/2023
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO |
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Ditta trasporti Di Nino: tutti assolti dall'accusa di truffa dopo undici anni
La tensione si è sciolta l'altro giorno poco prima delle due del pomeriggio, nell'aula della Corte d'Appello dell'Aquila. Antonella Di Nino stringe la mano al padre Piero, quella che non ha mai mollato negli ultimi undici interminabili anni. Da figlia e da avvocata.
Una vicenda giudiziaria passata attraverso quattro gradi di giudizio, con il proscioglimento nella prima udienza preliminare, il rinvio a giudizio decretato dal ricorso fatto dalla Procura, poi ancora la condanna in primo grado, nel 2018, e infine, l'altro giorno, l'assoluzione con formula piena in secondo grado. Il fatto non sussiste: non ci fu né estorsione, né falso, né pressioni e ricatti per taroccare i cronotachigrafi delle flotte dell'azienda, quella di trasporti che viaggia in tutta Europa, una delle più importanti in Italia. E non ci fu, ma questo venne chiarito già in primo grado, alcuna violazione dei diritti politici: l'accusa più dura, quella del voto di scambio, che Piero Di Nino era accusato di aver imposto ai suoi dipendenti per eleggere la figlia (non indagata) in Provincia nel 2010.
I giudici del tribunale di Sulmona avevano condannato Piero Di Nino a 3 anni e 9 mesi di reclusione per il reato di estorsione, per aver cioè costretto, sosteneva l'accusa, i propri dipendenti a installare dei magneti sui mezzi della ditta per taroccare gli orari di lavoro e di pausa, minacciandoli, se non avessero obbedito, di farli lavorare di meno o per niente. Con lui era stato condannato, per falso e violazione della sicurezza sul lavoro, il fratello Stefano a 9 mesi di reclusione e quattro autisti "complici" a 6 mesi. Condanne tutte cancellate dalla Corte d'Appello che ha riabilitato la famiglia Di Nino. «Sono stato sempre tranquillo, convinto che la verità sarebbe venuta a galla- commenta Piero Di Nino- però ci sono stati momenti in cui ho pensato di chiudere i cancelli e ritirarmi. Non l'ho fatto per le circa 150 famiglie che vivono grazie alla nostra attività e che io, al contrario delle accuse che da alcuni di loro sono state mosse, ho sempre aiutato e considerato collaboratori, prima che dipendenti». Il peso più grande lo ha portato, almeno politicamente, però, la figlia Antonella che, seppur non indagata, si è sentita subito la causa di quella tempesta giudiziaria. «Avevo pensato di lasciare la politica- spiega la sindaca di Pratola- è stato mio padre a dirmi di non mollare, perché era convinto della sua innocenza. Oggi abbiamo vinto, ma è stata dura».
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