ROMA All'ora di pranzo la strada per un accordo di governo Pd-M5S sembra in discesa, ma nel giro di mezz'ora si torna sulle montagne russe. È Luigi Di Maio ad alzare il tiro: «O siamo d'accordo a realizzare i punti del nostro programma o non si va avanti». Anzi, aggiunge: «Altrimenti meglio il voto». Così il leader dei 5Stelle gela i quasi alleati del Pd, uscendo dall'incontro con il premier incaricato Giuseppe Conte, l'ultimo delle consultazioni a Montecitorio.
MINACCEI dem prima si confrontano increduli, poi replicano con durezza: niente diktat e minacce. Il più netto è il segretario Nicola Zingaretti: «Basta con gli ultimatum inaccettabili o non si va da nessuna parte». E ricorda su Twitter: «patti chiari, amicizia lunga». Altissima tensione quindi, tanto che viene annullato un vertice (tenuto segreto) tra lo stesso Zingaretti e Di Maio che era previsto per le 15. In serata è Conte che prova a mettere pace. Lo fa in una nuova riunione a Palazzo Chigi con i due partiti (senza i leader) e rinviando a un'altra in mattinata, per lavorare sul programma. Proprio lì, almeno ufficialmente, si è incagliata di nuovo la trattativa.
In particolare si profila lo scontro sui decreti sicurezza. Zingaretti, mezz'ora prima di Di Maio, riferisce ai giornalisti di aver proposto a Conte che su quei decreti fortemente voluti dalla Lega e benedettì col voto dai 5Stelle, si va «almeno» verso «il recepimento delle indicazioni del presidente della Repubblica». Rilievi su più punti e di peso, da parte del Colle, su cui anche il Movimento apre. Ma «non ha alcun senso parlare di modifiche», sottolinea sorpresa Di Maio: «Vanno tenute in considerazioni le osservazioni del capo dello Stato ma senza modificare la ratio di quei provvedimenti. Non rinneghiamo questi 14 mesi di governo». In ogni caso per il M5S, un eventuale accordo di governo prevede come «imprescindibili» i propri punti programmatici, ora per di più raddoppiati: dai 10 annunciati al Quirinale ai 20 proposti nella sala dei Busti al presidente incaricato.
I sospetti dem in chiave anti M5S riprendono fiato e si moltiplicano. Anche sui decreti sicurezza. Non vanno rivisti? «Secondo me vanno abrogati», tuona su Facebook Matteo Orfini. Passano le ore e dal Movimento i toni si placano, fino quasi a rinnegare l'idea di voler far saltare il banco: «Cambio idea? Chiedere di abbassare le tasse significa cambiare idea? - scrivono in una nota - Ribadiamo: contano le soluzioni, non le poltrone. E qui il punto è un altro: noi vogliamo cambiare veramente il Paese».
Il Pd non si fida fino in fondo e in una nota il partito del Nazareno rilancia chiedendo «un chiarimento sulle dichiarazioni di Luigi Di Maio, al termine delle consultazioni». Siano «precondizione per proseguire nel percorso avviato negli scorsi giorni». E la partita continua.