ROMA Giuseppe Conte invita a non meravigliarsi. I sette miliardi indicati nella Nota di aggiornamento del Def alla voce «lotta all'evasione» non sono eccessivi. In Italia le transazioni elettroniche sono di 46 a persona, contro la media europea di 135 euro. Se si colmasse il gap il recupero di gettito sarebbe di 12,5 miliardi. Il punto è come fare a convincere gli italiani a utilizzare maggiormente il bancomat e le carte di credito. Operazione non semplice. Il governo vorrebbe introdurre degli incentivi. Il primo è il cosiddetto «cashback», un meccanismo di restituzione fiscale di un pezzettino del conto della spesa quanto questo viene pagato con un mezzo elettronico. Esempio: si va al supermercato e si compra un chilo di pane. Alla cassa si paga con il bancomat, a fine mese sull'estratto conto viene restituito il 3 per cento di quanto pagato. Al «cashback» potrebbe essere affiancato, ma potrebbe anche essere alternativo, un meccanismo di restituzione annuale di una somma sugli acquisti effettuati con carte e bancomat. Nel giorno dell'epifania, per chi ha speso in un anno oltre 2.500 euro con un mezzo di pagamento elettronico, verrebbe restituito il 19% della spesa, con un tetto a 475 euro.
I NODI IRRISOLTI Il problema degli incentivi è che costano. Se il bonus di 475 euro lo ricevessero tutti i 30 milioni di contribuenti italiani, il costo sarebbe di 14,7 miliardi di euro. Decisamente troppo. Lo stesso vale per il «cashback». Il rimborso del 3% della spesa pagata con il bancomat, era stata pensata dal governo in accoppiata con una «rimodulazione» delle aliquote Iva. Lo scaglione intermedio, quello del 10%, sarebbe salito al 12% per tutti, mentre per chi avrebbe saldato i conti con il bancomat, a fine mese ci sarebbe stata una restituzione fiscale del 3%. Ma la copertura dell'incentivo (il bonus), stava nell'aumento dell'aliquota (il malus). Se questo meccanismo viene meno, è difficile che possa sopravvivere soltanto il bonus. Durante la conferenza stampa dopo il consiglio dei ministri sulla Nota di aggiornamento del Def, il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, non ha escluso categoricamente che questo sistema del bonus-malus sia stato cestinato. Gualtieri ha fatto una differenziazione tra l'aumento complessivo dell'Iva (che non ci sarà) e una riforma delle aliquote. Il ministro, insomma, si è tenuto una porta aperta.
Che la rimodulazione resti sul tavolo, in qualche misura, lo ha lasciato intendere anche Conte Il presidente del Consiglio ieri ha manifestato l'intenzione di ridurre il costo delle bollette elettriche e del gas, trasferendo la compravendita di energia dallo scaglione del 10% a quello del 4 per cento dell'Iva.
IL PERCORSO INVERSO Un percorso analogo dovrebbero compierlo anche altri beni tassati al 10% e rientranti nella categoria alimenti. Quello su cui però Conte non si è soffermato è l'indicazione di quali beni potrebbero compiere il percorso inverso. Le ipotesi sul tavolo del Tesoro sono diverse. La più gettonata, per esempio, è il trasferimento dall'aliquota del 10% a quella del 22% dei pernottamenti negli hotel e dei pranzi e delle cene nei ristoranti. In realtà, nelle simulazioni del Tesoro, queste «rimodulazioni» non sarebbero proprio a parità di condizioni. Dalle simulazioni emergerebbe un maggior introito per le casse dello Stato di non meno 2 miliardi di euro.
IL CANTIERE Il cantiere della manovra, insomma, non solo è ancora aperto, ma è anche in piena attività. Da oggi si entrerà nel vivo delle misure. Il ministro Gualtieri non ha nascosto che al Tesoro ci siano ancora diverse ipotesi tecniche sul tavolo. Ma come ha dimostrato il vertice notturno di domenica, le decisioni sono necessariamente politiche.