Parte facendo riferimento al doppio refuso negli atti giudiziari in cui, «in una specie di declaratoria freudiana», è stato confuso il suo cognome con quello dell'imputato. Un sassolino nella scarpa che il senatore Luciano D'Alfonso si è voluto togliere nel giorno in cui ha deciso di parlare dell'assoluzione dell'ex rettore dell'università di Teramo Luciano D'Amico, nominato proprio da lui, all'epoca, al vertice della società Arpa poi diventata Tua. Un doppio incarico che secondo la procura di Teramo avrebbe fatto ipotizzare l'indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato per l'importo dell'indennità accademica, con D'Amico che a processo ha ribadito di non essere mai stato liquidato dalla società regionale dei trasporti per aver fatto subito la rinuncia dell'indennità.
Ieri, in conferenza stampa, il senatore D'Alfonso ha voluto rimarcare il lavoro fatto da D'Amico prima che si «attivasse la macchina del fango», ha detto, «che in Abruzzo periodicamente ritorna e fa danni». «Il dispiacere è sulla condotta degli uffici dell'accusa». Sotto questo aspetto annuncia che chiederà ad una serie di professionisti di creare un'associazione che porterà il nome dell'articolo 358 del codice di procedura penale che è proprio quello che lui oggi invoca con forza e «che fa obbligo in capo al pubblico ministero spiega di cercare gli elementi a favore dell'indagato». Gigantismo accusatore ed emotività accusatrice sono le due espressioni che D'Alfonso utilizza per descrivere come sia stata «tolta di mezzo una risorsa professionale straordinaria», che avrebbe addirittura potuto riordinare e salvare il mondo del credito teramano e abruzzese visto il suo curriculum, ma non è stato possibile dargli l'incarico perché il Testo Unico bancario vieta la possibilità di nominare gli indagati. «Auspico che questa vicenda sviluppi una capacità di insegnamento, quasi una capacità rieducativa commenta D'Alfonso - È necessario prospettare una giustizia nel percorso accusatorio. Dagli anni '90 ad oggi si dovrebbe sviluppare uno studio scientifico statistico su quanti impianti accusatori si sono concretizzati in sentenze assolutorie di tale portata». D'Amico e gli altri due imputati nel processo, l'ex direttore amministrativo dell'Ateneo Mauro Mattioli e l'allora preside della facoltà di Scienze della Comunicazione Stefano Traini, sono stati tutti assolti perché il fatto non sussiste. «Ci sarebbero gli elementi per invocare un risarcimento danni consistente. Ma qualcuno, intanto, dovrà chiedere scusa a Luciano D'Amico», sottolinea il senatore D'Alfonso.