ROMA «Diciamo la verità: un anno fa, di questi tempi, l'ipotesi di avere un vaccino già all'inizio del 2021 che ci avrebbe protetto dai decessi al 95 per cento e dell'infezione all'80, era sì una speranza, ma non una certezza. Per fortuna, i primi risultati che uscivano allora dalle sperimentazioni sono stati confermati dalla vita reale». Il professor Massimo Andreoni è direttore del reparto Malattie infettive al Policlinico di Tor Vergata, a Roma, e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali. Da inizio pandemia segue dalla prima linea del reparto gli effetti drammatici della malattia causata da Sars-Cov-2. E ieri analizzava con soddisfazione i risultati del primo report dell'Istituto superiore di sanità sull'effetto delle vaccinazioni in Italia. Si tratta di un lavoro scientifico molto capillare, perché prende in considerazione le persone a cui è stata somministrata almeno una dose a partire dal 27 dicembre del 2020. In totale sono stati analizzati gli effetti su 13,7 milioni di persone fino al 3 maggio.
RISULTATI Cosa emerge? Si legge nel report: «L'analisi congiunta ha evidenziato che il rischio di infezione da Sars-CoV-2, ricovero e decesso diminuisce progressivamente dopo le prime due settimane e fino a circa 35 giorni dopo la somministrazione della prima dose. Dopo i 35 giorni si osserva una stabilizzazione della riduzione che è circa dell'80 per cento per il rischio di diagnosi, del 90 per cento per il rischio di ricovero e del 95 per cento per il rischio di decesso». Lo studio riguarda tutti e quattro i vaccini autorizzati e somministrati in Italia (Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca e Johnson&Johnson) e l'esito della ricerca è generale, non distingue tra un prodotto e l'altro. Numericamente comunque il dato è influenzato maggiormente dai risultati di Pfizer-BioNTech, visto che in Italia i 2/3 dei vaccini distribuiti sono prodotti dall'alleanza delle due case farmaceutiche americana e tedesca. Segue, come peso, AstraZeneca, che rappresenta circa il 23 per cento delle dosi consegnate alle Regioni. Ricorda il presidente dell'Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro: «I dati del primo report confermano l'efficacia delle vaccinazioni e della campagna vaccinale, e la necessità di raggiungere presto alte coperture in tutta la popolazione per uscire dall'emergenza grazie a questo strumento fondamentale». Ricapitolando: a due settimane dalla prima iniezione comincia la diminuzione progressiva del rischio di infezione, di ricovero e di decesso per Covid. Dopo 35 giorni c'è una riduzione dell'80 per cento delle infezioni, del 90 per cento dei ricoveri e del 95 per cento dei decessi. Questi risultati collimano perfettamente con altri dati, già emersi nei giorni scorsi, che hanno visto una forte flessione di morti e ricoveri tra over 80 e operatori sanitari, vale a dire le due categorie con le quali è cominciata la campagna vaccinale. Da precisare: nei 35 giorni presi in considerazione non è scontato che fosse già stato somministrato anche il richiamo, dipende dal tipo di vaccino. Secondo il report nei soggetti analizzati «il 95 per cento delle persone vaccinate con Pfizer o Moderna aveva completato il ciclo ricevendo le due dosi, mentre per il vaccino AstraZeneca nessuna delle persone incluse nello studio aveva ricevuto il ciclo completo».
CONFERME Osserva il professor Massimo Andreoni: «I numeri sono assai importanti e coincidono con ciò che vediamo negli ospedali. Però viene quasi da essere prudenti nel commentarli, perché c'è sempre il timore di diffondere nelle persone eccessiva sicurezza e convinzione che l'emergenza sia finita. Possono essere controproducenti. Ricordiamoci sempre che è necessario anche ora continuare a rispettare le misure di precauzioni». Prima di tutto, il virus circola ancora e anche il migliore dei vaccini non può offrire una protezione al cento per cento. Inoltre, una parte consistente degli italiani non ha ancora ricevuto neppure una dose e tra di loro ci sono anziani e fragili. Basti sempre ricordare che tra i 70 e i 79 anni il 25 per cento non è stato vaccinato e solo il 21 per cento ha completato il percorso con prima e seconda dose. Per la classe di età 60-69 anni addirittura la percentuale di coloro che non hanno ricevuto neppure una dose è al 45 per cento. In sintesi: la vaccinazione ora è più veloce, la situazione è migliorata, ma c'è ancora molto da fare. Conclusione del professor Andreoni: «Il vaccino protegge e protegge molto bene. Però dobbiamo fare un ultimo sforzo per vaccinare, entro l'estate, molte più persone in modo da fermare la circolazione del virus. In parallelo, dovremo pensare alla diffusione dei vaccini anche in Paesi in via di sviluppo dove ancora non sono arrivati. Non si tratta solo di una forma di solidarietà, ma della necessità di limitare la trasmissione del virus anche in altre parti del mondo per prevenire lo sviluppo di varianti che potrebbero eludere il vaccino».