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Data: 21/08/2019
Testata Giornalistica: IL CENTRO
    IL CENTRO

Conte si dimette Furia contro Salvini Il premier lancia bordate: «Hai seguito interessi personali e messo a rischio il Paese. L’esecutivo finisce qui». La replica: «Rifarei tutto»

«L'azione del governo si arresta  qui». È quasi a metà del suo intervento  a palazzo Madama che  il premier Giuseppe Conte mette  la parola fine ai 14 mesi di governo  gialloverde aprendo ufficialmente  la crisi. Un intervento  in cui il presidente del Consiglio  difende quanto fatto - «abbiamo  lavorato fino all'ultimo giorno»  -, ricorda ancora il lavoro da fare,  ma soprattutto ne approfitta  per lanciare un affondo contro  Matteo Salvini.  Il premier è una furia e non  usa giri di parole nel bollare Salvini  come «irresponsabile» per  aver aperto una crisi solo per «interessi  personali e di partito».  Un crescendo di accuse che arriva  dopo mesi passati a dosare e  mediare ogni parola. Conte ora  è senza filtri. Ripercorre i mesi  del governo elencando tutti i  problemi creati dal leader della  Lega, ultimo appunto la decisione  di aprire una crisi con il rischio,  ricorda, che senza un nuovo  esecutivo il Paese andrà in  esercizio provvisorio e ci sarà  l'aumento dell'Iva: «I comportamenti  del ministro dell'Interno  rivelano scarsa sensibilità istituzionale  e una grave carenza di  cultura costituzionale». Il capo  del governo che in diverse occasioni  si rivolge a Salvini chiamandolo  Matteo (Conte è seduto  in mezzo ai due vicepremier)  lo accusa di aver oscurato quanto  fatto dall'esecutivo: «Hai macchiato  14 mesi di attività mettendo  in dubbio anche quanto fatto  dai tuoi ministri». A un certo  punto, arriva a definirsi «preoccupato  » da chi «invoca piazze e  pieni poteri».  L'affondo non si ferma solo alla  decisione di mettere fine all'esperienza  gialloverde ma tocca  anche dossier delicati come il  Russiagate. Conte gli imputa di  non essere andato in Aula e di  aver creato problemi allo stesso  presidente del Consiglio. Non  tiene fuori nulla dal suo intervento  nemmeno il ricorso che  Salvini all'uso di simboli religiosi.  Si tratta per Conte di «uso incosciente  di simboli religiosi».  Insomma parole dure quelle  del capo del governo che hanno  l'effetto di trasformare l'Aula del  Senato in uno stadio in cui Lega  e Movimento si urlano offese a  vicenda replicando quanto accade  fuori palazzo Madama dove  sostenitori di Lega e pentastellati,  si danno battaglia suon di cori  ed insulti. Ma la tensione non si  placa nemmeno per un minuto  perché il premier non fa nemmeno  in tempo a concludere il  suo intervento che Salvini, lascia  gli scranni del governo per  prendere posto in quelli della Lega  per lanciare il suo affondo:  «Rifarei tutto quello che ho fatto  », premette il vicepremier spiegando  che se l'esperienza di governo  si è interrotta è a causa  «dei signor No che da mesi in  consiglio dei ministri ed in Parlamento  bloccavano tutto. E poi -  ricorda - due settimane fa la forza  di maggioranza ha votato la  sfiducia sulla Tav quindi ci cosa  stiamo parlando». Il leader della  Lega chiede con insistenza il ritorno  alle urne, fa ironicamente  gli auguri ai pentastellati in caso  di governo con il Pd: «Buon lavoro  con il partito di Bibbiano» ma  poi con una delle solite giravolte  tende di nuovo la mano agli ormai  ex alleati: «Se volete fare una  manovra coraggiosa, tagliare i  parlamentare e completare le riforme  noi ci siamo». È l'ultima  apertura a un ritorno al passato.  È lo spettro di un governo  Dem Cinque-Stelle a tenere banco.  Un'ipotesi evocata dall'ex segretario  del Pd Matteo Renzi:  «Non sarebbe un colpo di Stato,  serve un nuovo esecutivo per  evitare l'aumento dell'Iva». Più  cauto Nicola Zingaretti che dice  di «apprezzare» le parole ma  chiede che il capo del governo riconosca  gli errori. Ci sarebbe  l'appoggio di Liberi e Uguali  mentre il resto dell'opposizione  è sul piede di guerra. Fratelli d'Italia  chiede le elezioni così come  Forza Italia. 


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