L'AQUILA - Due ore da sottosegretario alle Infrastrutture. Dalle 18 alle 20. Poi, il "ribaltone".
Qualcuno che "ritiene che la lotta politica si possa condurre avanti anche rappresentando problemi agli avversari".
È un fiume in piena Luciano D'Alfonso, il senatore dem ed ex governatore che, a suo dire, è stato a un passo dall'agognato ruolo di governo, sfumato venerdì mattina nel consiglio dei ministri che ha indicato 42 tra vice ministri e sottosegretari.
La ricostruzione che ha affidato a un video su YouTube e social (compreso l'ormai tradizionale appuntamento con una sorta di rubrica, "Avviso di garanzia"), è destinata a provocare un vero e proprio terremoto, anche in seno al Pd abruzzese e nazionale.
Anche se il grintoso politico abruzzese, per ora, non fa nomi.
Comunque, l’amarezza, non solo dell’ex governatore alle prese negli anni scorsi con guai giudiziari risolti positivamente, ma anche in parti del centrosinistra è palpabile visto che i dem avevano fatto la bocca ad un posto di governo che invece è arrivato solo per i pantastellati, con il sottosegretario ai rapporti con il parlamento andato al senatore Gianluca Castaldi, che succede a Gianluca Vacca, che aveva la delega ai beni culturali e alla ricostruzione post terremoto dell’Aquila nello stesso settore.
"Provo compassione - ha ammonito D'Alfonso -, per un tale che, sapendo di non essere mai stato nella lista dei sottosegretari, alla fine si è ridotto a lavorare affinché in essa, se non altro, non figurasse nessun altro abruzzese. Ho detto compassione ed è così; non nutro alcun rancore, lo sottolineo con forza e nettezza".
Con chi ce l'ha D'Alfonso, renziano di ferro ma uomo dalle mille relazioni a Roma? Di sicuro non con la pentastellata Sara Marcozzi, che pure, con grande chiarezza, aveva auspicato il mancato ingresso nel governo.
Dai toni sembrerebbe di individuare anche Giovanni Legnini, ex parlamentare e sottosegretario, oggi consigliere regionale dem, anch'egli dato a lungo come "papabile" nel nuovo governo giallorosso, soprattutto per il suo mandato di vice presidente del Csm e di uomo apprezzato dal capo dello Stato, Sergio Mattarella.
D'Alfonso ha detto di avere "ricostruito storicamente" tutti i passaggi, e di aver acclarato, "documentalmente", che fino alle 18 il ruolo era stato delineato e inoltrato per "le ulteriori conclusive deliberazioni".
Lì sarebbe emerso un "incrocio di fattori": la contrarietà di "alcuni soggetti politici", qualche esigenza territoriale ("Alla Basilicata è stato concesso un supplemento di attenzione"), "gli incroci di esigenze" tra Pd e Cinque Stelle. Dice, D'Alfonso, di essere stato tra i primissimi senatori, "se non il primo", tra i papabili sottosegretari. Prima del "soprassalto di elementi di disturbo".
"Ha giocato un ruolo anche l'opinione di chi, non essendo mai pervenuto in lista - aggiunge D'Alfonso - ha ritenuto essere un risultato anche ostacolare la mia presenza". Sul tema specifico dell'incarico, le infrastrutture, D'Alfonso ha rivendicato "grande competenza".
Avvertendo: "Non finirò qui il lavoro per l'Abruzzo. Certo, avendo quello strumento (il sottosegretariato, ndr) avrei potuto lavorare per l'agenda abruzzese.A differenza di 14 mesi fa ora sono in maggioranza. Non sono mai stato un elemento di abbellimento. Il Pd regionale? La partita è stata molto più grande, c'è qualche astuto che ha lavorato contro la regione Abruzzo, lo faremo emergere".
D'Alfonso è anche tornato sulle vicende del passato: "Penso al 2004 e al 2005, quando, anche all’interno della mia parte politica - altro riferimento piuttosto chiaro - ci furono persone che si dedicarono a produrre la legge anti-D’Alfonso, che mi impedì una candidatura, con l’intenzione di aumentare le loro possibilità nella loro corsa elettorale. Arrivò però il 'papa straniero', con mio straordinario dispiacere, soprattutto sul piano umano. Queste persone agirono come 'orologiai', così li definii: invece di attivarsi nel lavoro fruttuoso, pensarono di dedicarsi ad una lotta sorda. Tempo perso per tutti. Analogamente alcuni consiglieri comunali si adoperarono contro di me nel periodo in cui fui sindaco di Pescara, favorendo le condizioni per una dolorosa vicenda giudiziaria che poi si concluse in un nulla di fatto per quelli che l’avevano promossa. E non fu quello il solo caso, ci sono state altre storie di questo genere, ma io alla fine sono stato sempre assolto".
Per D'Alfonso potrebbe attivarsi un meccanismo di "compensazione": per lui sarebbe pronta la presidenza della commissione Finanze del Senato, di cui è già componente. Anche se almeno un anno e mezzo da attendere.
Quanto a Legnini, secondo fonti politiche vicine al Pd, sembra che l'attuale consigliere regionale di centrosinistra non sia stato mai realmente in partita. Un po' per motivi anche personali, avendo palesato di non gradire fino in fondo un ruolo di governo, senza far parte del Parlamento, dovendo abbandonare lo scranno in regione, e poi perché alla ricerca di un ruolo importante vista la sua vasta esperienza nazionale.
In ogni caso anche per lui si potrebbero aprire presto le porte di una nomina, tra le oltre 400 che competono al governo da qui al 2020: si riparla di Authority. E sarebbe il Pd del segretario, Nicola Zingaretti, quest’ultimo non ha risparmiato complimenti ed elogi di respiro nazionale per il buon risultato ottenuto in Abruzzo alle elezioni del 10 febbraio scorso quando con una lista innovativa dio centrosinistra è arrivato secondo, battuto dal centrodestra ma surclassando il M5S.