ROMA C'è chi lo definisce un governo giallo-giallo con una spruzzata di rosso burocratico. Ma non è così. Si tratta di un esecutivo, dal punto di vista cromatico, piuttosto equilibrato. Dieci pentastellati. Nove del Pd (più uno di Leu: per rosso burocratico s'intende il bersaniano Speranza alla Salute?). Però i dem hanno avuto la metà dei voti di M5S alle ultime elezioni, mentre nella compagine governativa hanno pareggiato in numero di ministeri. O addirittura vinto, visto che la battuta che circola tra i grillini è questa: «Conte? Ma Conte è uno del Pd!». Sarà per questo che gli hanno piazzato nel palazzo, per controllarlo meglio, il sottosegretario Fraccaro, occhiuto colonnello di Di Maio. In più, il super-ministro - quello del Mef - è piddino doc, Roberto Gualtieri. Zingaretti non si può affatto lamentare, ecco: ha riportato al governo il suo partito e ha dato una consistente impronta rosé alla squadra ibrida dei 21 ministri (più il premier e Fraccaro). Ma attenzione: l'ibrido potrà rivelarsi un vantaggio, se le affinità tra dem e stellati diventano elettive, se invece il giallo e il rosé non si fondono il rischio è quello di rivedere il caos giallo-verde. E comunque: erano 19 i ministri del SalviMaio, sono 21 questi del MaZinga e tre i tecnici di allora (Tria, Savona, Moavero) mentre adesso lo è soltanto la Lamorgese. A riprova che si è voluto dare una connotazione molto di partito, politicissima, alla doppia squadra in campo. Lamorgese al Viminale è però un segnale politico: ridare neutralità al ministero dell'Interno dopo la stagione hard di Salvini che va fatta decantare.
Il governo più giovane (oggi il giuramento) di tutti è questo: età media 47,4 anni (l'esecutivo Renzi era 47,8). E ci sono grandi rientri: occhio a Franceschini alla Cultura, per rilanciare la sua riforma dei musei che Bonisoli stava smontando. O elementi di continuità: Bonafede che succede a Bonafede e Costa dopo Costa. Cosa che non è riuscita alle uscenti Grillo e Lezzi e in generale non spicca l'esercito rosa (inteso come femminile). Solo 7 donne (33 per cento, la stessa proporzione che s'è avuta negli ultimi esecutivi) tra i ministri e non deve stupire: bastava vedere la sfilata di deputati e senatori durante le consultazioni, dove è comparsa una donna ogni tre uomini. Al tempo di Ursula - che sta puntando a un fifty-fifty nella commissione Ue - le proporzioni tra maschi e femmine dovevano forse essere più generose per quest'ultime. Anche considerando che l'elettorato femminile ha premiato particolarmente i due partiti del neo-governo. Dove in completo rosa c'è il renzismo: due su due sono donne quelle indicate da Matteo: la Bellanova e la Bonetti (più Guerini mezzo renzista).
La rappresentanza geo-politica dice questo: prevale, e assai, la provenienza meridionale dei ministri, come risulta dalla radiografia targata Dire. La Campania ne ha 4 (basti pensare a Di Maio ma anche a Spadafora); 3 la Sicilia, 2 la Basilicata e anche l'Emilia Romagna, il Lazio, la Lombardia, il Piemonte e la Puglia. Provenienza Sud, è vero, ma analizzando le biografie dei personaggi non emerge per lo più un particolare impegno meridioonalistico.
I PESI Se applichiamo il modello Cuccia (le azioni non si contano, si pesano), il Pd appare in leggero vantaggio (la Difesa a Guerini è un bell'acchiappo). In ogni caso la rinascita del consiglio di gabinetto, con dentro i capi delegazione dem (Franceschini) e stellati (Di Maio) sta a significare l'esistenza di una camera di compensazione dove i pesi dell'uno e dell'altro confronteranno la propria mole. Ad occhio, tra new entry ed evergreen, il tasso di esperienza del MaZinga parrebbe superiore a quello del governo precedente e valga per tutti un esempio clamoroso: fuori Toninelli e dentro la De Micheli, già sottosegretaria di lungo corso e attualmente vice-segretaria del Pd, ed è improbabile che qualcuno rimpianga i riccioli e gli occhialoni del Danilo Toninulla.
Ed eccoci ai segni zodiacali. Predomina il Cancro tra i prescelti. E per il 2020, questo è l'oroscopo per i cancerini: «Un nuovo ciclo si apre a voi! E' tempo di raccogliere le vostre ambizioni e di andare avanti con determinazione e fiducia». Se invece prevarrà la mollezza, torna Salvini.
Economia. Roberto Gualtieri. Storico, europeista ed ex ds: la crescita ora è il suo pallino
ROMA E' molto Zingaretti il nuovo ministro dell'Economia, il primo politico, e non tecnico, ad occupare quel posto dopo tanti anni. Gualtieri è molto Zingaretti, con cui si conosce dai tempi della comune e militanza nella Fgci, perché è stata una scelta del segretario dem quella di volere lui e proprio lui come super-ministro. Ed è un prof di provenienza Istituto Gramsci e cattedra di storia contemporanea alla Sapienza e un politico di professione che ha scoperto di esserlo come parlamentare europeo dal 2009 sempre molto stimato tra Strasburgo e Bruxelles dove presiede la commissione per i Problemi economici e monetari. E ora la Lagarde non fa che applaudire la sua nomina, mentre Ursula con uno così non potrà, o almeno si spera, dire troppi no all'Italia. Apprezza Keynes, sa suonare bene alla chitarra Bella Ciao. Ma guai a considerarlo un tipico sinistrese. Semmai, è un realista di scuola dalemiana, poi approdato a Renzi ma non è un renziano, e ora è un mediatore anche dentro il partito.
53 anni, romano, ex membro del consiglio nazionale dei Ds e poi di quello del Pd, è passato dagli studi storici agli approcci macro-economici, nella prassi da parlamentare europeo. Dove è diventato (eletto nel 2009 e ora rieletto grazie all'ex sindaco di Lampedusa, Pietro Bartolo, che ha optato non per il Lazio ma per la circoscrizione Sud) un difensore non bacchettone della flessibilità contro l'ortodossia ottusa di certa tecno-burocrazia al potere. Europeista doc, ma il volto arcigno dell'Europa non gli appartiene. Sa che senza dare fiato alle politiche di crescita e di sviluppo, appiattendosi al rigorismo di tipo tedesco, i populisti guadagnano terreno.
REGOLE E PROCEDURE C'è una vicenda riassuntiva del personaggio e del suo modo di lavorare per l'Italia. La sigla è NPL. Si tratta dei crediti in sofferenza che erano nei portafogli delle banche italiane da molto tempo e la Bce aveva ad un certo punto costretto i nostri istituti di credito a svenderli in tempi rapidissimi e quindi a forte svantaggio del patrimonio. Gualtieri, alla guida dei Problemi economici, vista la grande protesta italiana spinge il Parlamento europeo a deliberare una normativa che riduce fortemente l'aggressività della Bce in questo settore. Una battaglia nella quale il neo-ministro s'è trovato in sintonia con Draghi (i due si stimano) e con la Banca d'Italia rispetto alla baldanza tedesca. A suo modo un patriota, insomma questo professore allevato alla scuola togliattiana di Beppe Vacca e che poi ha scoperto un altro mondo. Ora dovrà scoprire, oltre come si fa crescita, come si abbassano le tasse per gli italiani. Molte delle chance del governo giallo-rosè sono nelle sue mani. Conosce bene le regole e le procedure europee e questo aiuta.
Il suo obiettivo è quello di riformare il patto di stabilità, cercando di scorporare gli investimenti per puntare maggiormente sulla crescita. E questo potrebbe essere il punto da cui far partire le trattative con la Ue per la prossima legge di bilancio. Ursula permettendo.
Interno. Luciana Lamorgese. Un ex prefetto per normalizzare il dossier migranti
ROMA L'obiettivo dopo la Bestia e il ciclone Salvini è spoliticizzare il Viminale, anche per evitare che fosse un politico, futuro bersaglio quotidiano del suo predecessore, a disinnescare la propaganda dell'emergenza su un tema delicato come l'immigrazione. Luciana Lamorgese, classe 53, avvocato, è un tecnico, con una lunga carriera al ministero dell'Interno e la grande dote della mediatrice. È il profilo, ma soprattutto il nome, voluto dal Colle per il Viminale. E il primo scoglio sarà proprio quello dell'immigrazione, in Italia e in Europa, dove si dovrà riaprire il dialogo. Il Pd invoca discontinuità e così sarà. Nel programma, ricorda Graziano Delrio, «c'è scritto che serve una nuova legge sull'immigrazione, che superi la logica emergenziale e affronti il problema in modo organico». E discontinuità sarà anche dal punto di vista comunicativo: Lamorgese non ha profili social e sarà difficile vederla sul tetto del Viminale alle prese con una diretta Facebook. In attesa di nuove leggi, la linea sugli sbarchi sembra chiara. Prima che il contestato decreto sicurezza bis venga modificato secondo le indicazioni del presidente Mattarella, è difficile che dal Viminale arrivino altri divieti di ingresso per le navi con a bordo i profughi. Le ordinanze, puntualmente firmate dal leader leghista «per motivi di ordine e sicurezza pubblica», sono facoltative. Ed è probabile che la politica salviniana venga disinnescata attraverso il basso profilo. Del resto si va incontro alla cattiva stagione e le partenze diminuiranno.
Lamorgese farà anche ricorso alle sue doti organizzative e di mediazione per trovare un punto di equilibrio tra le esigenze dem - che sono per una cesura netta con le politiche del precedente governo - e la parte dei Cinquestelle, che punta comunque a mantenere una linea rigorista. Il capo dello Stato aveva sollevato «rilevanti perplessità» sulle sanzioni a carico delle navi che violino il divieto di ingresso in acque italiane: multe fino ad un milione di euro e confisca. Invocando «la necessaria proporzionalità tra sanzioni e comportamenti», il Colle aveva ricordato anche che il divieto doveva rispettare «gli obblighi internazionali». E secondo le indicazioni del Quirinale si muoverà il nuovo ministro. Da rivedere anche il primo decreto sicurezza, che nell'ottobre 2018 aveva limitato i permessi per motivi umanitari. In quel caso le precise indicazioni di Mattarella, che invocava gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, erano cadute nel vuoto.
L'EUROPA L'obiettivo, che dovrà conseguire il nuovo ministro è anche quello di riaprire il dialogo con l'Europa, interrotto da Salvini. Da prefetto di Milano, Lamorgese aveva bacchettato le ordinanze anti-migranti dei sindaci leghisti, sostenendo che «È importante accettare la diversità e accogliere nelle regole e non respingere» e adesso punterà anche a ricucire l'essenziale rapporto con Bruxelles, Parigi e Berlino, nella convinzione che occorre trovare alleanze per cambiare le cose, a cominciare dal Trattato di Dublino. L'accordo che impone al Paese di primo arrivo di farsi carico dei richiedenti asilo sbarcati.