ROMA «Passi in avanti», «no, il percorso è ancora molto lungo e accidentato». Benvenuti sulle montagne russe della trattativa tra Pd e M5S che prima appare vicino alla conclusione positiva, poi sembra saltare perché Di Maio alza la posta e paventa di tornare a parlare con Salvini, irritando i Dem. Infine, nuovo colpo di scena alle 21: Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio si vedono a cena a casa del sottosegretario grillino Vincenzo Spadafora, il quale fa entrare i suoi ospiti e li lascia soli in salotto a parlare. L'abitazione è in centro, dalle parti di piazza Navona, e l'incontro è avvenuto su proposta di Di Maio. Il quale lancia un ultimatum: chiede che entro 24 ore Zingaretti dica sì a Conte come presidente del Consiglio. In caso di risposta negativa, è pronto a tornare con Salvini. Zingaretti replica: «No, serve discontinuità». Nel pacchetto Di Maio mette anche il taglio dei parlamentari e le dieci condizioni stilate dal M5S. Il Pd aveva già detto che era disponibile alla riduzione dei parlamentari, ma c'è il problema dei tempi: senza una riforma elettorale complessiva, secondo il dem, la semplice sforbiciata avrebbe effetti negativa. Sintesi: la chiarezza chiesta da Mattarella per ora non c'è. L'unica cosa certa è che si sono parlati.
Il tavolo con le delegazioni del M5S e del Pd si riunisce a Montecitorio alle 14.13. Obiettivo: valutare se vi siano le condizioni per una maggioranza rosso-gialla. Si parte dalle cinque indicate da Zingaretti e dai dieci impegni richiesti dal M5S. Inizia l'ennesima corsa sulle montagne russe: da quel momento fino a tarda serata è un susseguirsi di dichiarazioni, prese di posizione, retroscena, frasi fatte trapelare, cene quasi segrete, che vanno dall'ottimistico «è quasi fatta» al pessimistico «salta tutto, Di Maio va con la Lega». Di certo, l'incontro tra Zingaretti e Di Maio non è ancora stato fissato quando le due delegazioni si vedono alla Camera, mentre sui sei gruppi tematici proposti dalla delegazione dem quelli del Movimento 5 Stelle hanno preso tempo: se ne riuniranno sei per stilare un programma, ma soltanto all'interno del Pd. Per il Partito democratico al tavolo si siedono i presidenti dei gruppi di Senato e Camera, Andrea Marcucci e Graziano Delrio, e i vicesegretari Andrea Orlando e Paola De Micheli; per il Movimento 5 Stelle i capigruppo e vicecapigruppo, Francesco D'Uva, Stefano Patuanelli, Francesco Silvestri e Gianluca Perilli. Il vertice dura due ore, nel frattempo Di Maio fa passare messaggi di scarsa disponibilità al dialogo. Riferito al Pd: «Questi già litigano, li conoscevamo abbastanza, purtroppo, si chiarissero un po' le idee». Non proprio un ramoscello d'ulivo. Dopo poco Di Battista: «Tutti ci cercano. Alziamo enormemente la posta sulle nostre idee e soluzioni per il Paese. Via 345 parlamentari». Infine Grillo rilancia il nome di Giuseppe Conte: «Ora ha pure un valore aggiunto... l'esperienza di avere governato questo strano paese... benvenuto tra gli Elevati». Dai Dem replicano che su Conte non ci sono margini.
REAZIONI Eppure, al termine dell'incontro tra le due delegazioni si sparge prudente ottimismo. Il capogruppo M5S alla Camera, Francesco D'Uva: «Il confronto è stato costruttivo e abbiamo chiesto garanzie sul taglio dei parlamentari Non abbiamo confronti con altre forze politiche». E dal Pd suonano i violini Orlando, Marcucci e Delrio: «Noi siamo sempre stati a favore del taglio dei parlamentari. Siamo disponibili a votare la legge ma va accompagnato da garanzie costituzionali e da regole sul funzionamento parlamentare». Tutto bene? No, Di Maio fa trapelare che è pronto a riaprire il forno con Salvini mentre, al contrario, i gruppi M5S in maggioranza vogliono scaricare la Lega. Alla sera altro tavolo, anzi tavola. Quella della cena tra Zingaretti e Di Maio.
Per la sforbiciata degli onorevoli serve una nuova legge elettorale Ora si lavora sul proporzionale
ROMA Il taglio di 345 parlamentari che i grillini mettono al primo punto della loro agenda di governo richiederà inevitabilmente una nuova legge elettorale nonché parecchi altri aggiustamenti della Costituzione e dei regolarmenti parlamentari. Al di là delle posizioni politiche, infatti, secondo gli addetti ai lavori un intervento così drastico rischia di avere effetti devastanti su temi delicatissimi per la qualità della democrazia: il rapporto fra eletti ed elettori; i vantaggi impliciti per alcuni partiti; i poteri effettivi di ogni parlamentare e in particolare dei soli 200 senatori (dove pochissimi eletti potrebbero spostarsi da una maggioranza ad un altra); e persino l'elezione del capo dello Stato.
LA COMPETIZIONEChe il taglio modifichi i rapporti fra cittadini e rappresentanza parlamentare è evidente. Con 400 deputati invece di 630 ci sarà un eletto ogni 150.000 italiani per Montecitorio e uno ogni 300.000 per il Senato, uno dei rapporti più alti in Europa. Ma da questo punto di vista la sforbiciata crea un grosso pasticcio proprio a Palazzo Madama. La legge attuale infatti prevede che 65 senatori vengano eletti in collegi maggioritari che vanno al candidato più votato. La competizione però avverrebbe su collegi di ben 800.000 votanti. Decisamente un record mondiale. Inoltre in alcune Regioni anche non piccolissime come il Lazio o la Liguria potrebbero essere eletti deputati o senatori solo dei partiti principali o di coalizioni in grado di superare soglie di sbarramento molto alte (il 9% nel Lazio). Passando ai delicati meccanismi di potere delle Camere non si può non segnalare quello che potrebbe avvenire al Senato che lavora con 14 commissioni che potrebbero essere composte da non più di 9 o 11 senatori. E' nelle commissioni che si svolge il grosso dell'attività parlamentare e dove si scrivono concretamente leggi che talvolta possono incrociare interessi materiali molto grossi . E' evidente che un numero così piccolo di parlamentari renderebbe paradossalmente più facile l'opera di lobby e potrebbe spianare la strada a pressioni non sempre lecite. Va valutato infine il tema dell'elezione del presidente della Repubblica alla quale partecipano 58 membri regionali. Con il taglio dei parlamentari il potere delle regioni decuplica su un tema che non è di loro stretta competenza.
Considerazioni tecniche a parte, non c'è dubbio che intorno al taglio dei parlamentari possa delinearsi anche un progetto politico. Molti tecnici preferirebbero affiancare al taglio degli eletti una legge elettorale proporzionale. Sembra essere questa l'indicazione di massima sia degli addetti ai lavori Dem che di quelli vicini ai 5Stelle. Altri sottolineano che non va persa l'occasione per attuare anche in Italia un sistema maggioritario a doppio turno come quello che permette al sistema istituzionale francese, assieme al semipresidenzialismo, di funzionare perfettamente da 60 anni. Entrambi i tipi di leggi elettorali avrebbero effetti importanti sull'evoluzione dei singoli partiti e del sistema politico italiano. Ma è ancora presto per aprire questa pagina.