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Data: 29/01/2023
Testata Giornalistica: CORRIERE DELLA SERA
    CORRIERE DELLA SERA

Caporalato di Brt-Bartolini, le accuse di 60 lavoratori: retribuzione a cottimo e sicurezza a rischio

Secondo sequestro di altri 24,4 milioni eseguito d’urgenza dalla Procura di Milano a carico del colosso da 1,7 miliardi di fatturato e oltre 5.000 lavoratori nel gruppo di cui due anni fa hanno assunto il controllo le Poste francesi Corriere Bartolini, nuovo sequestro da 24 milioni di euro Non più «soltanto» illeciti maxi risparmi fiscali e contributivi propiziati dal ricorso del corriere Brt-Bartolini a cooperative «serbatoio di manodopera» che somministrano forza lavoro a prezzi stracciati tramite consorzi-filtro, ma anche caporalato ai danni dei lavoratori sfruttati da quelle coop delle quali Bartolini si avvale: dopo i 44 milioni di euro sequestrati a dicembre dal gip Domenico Santoro per l’aspetto fiscale, ora è invece questa la ricostruzione che fonda un secondo sequestro di altri 24,4 milioni eseguito d’urgenza dalla Procura di Milano a carico di Brt-Bartolini spa, colosso da 1,7 miliardi di fatturato e oltre 5.000 lavoratori nel gruppo di cui due anni fa hanno assunto il controllo le Poste francesi. Questo secondo sequestro, eseguito a metà settimana ma emerso con il deposito delle carte nell’udienza davanti al Tribunale del Riesame dove venerdì il difensore Pasquale Annichiarico ricorreva contro il primo sequestro, è peraltro frutto appena di un esame a campione al quale l’indagine del pm Paolo Storari, insieme a Guardia di Finanza, Inps e Agenzia delle Entrate, ha iniziato a sottoporre 34 coop «serbatoi di manodopera» fra i 2.931 fornitori di cui Brt si avvale mobilitando una forza lavoro di 26.105 autisti. Queste 34 imprese «campionate» impiegano 3.434 autisti, di cui 350 (cioè oltre il 10%) sono risultati accomunati da «transumanza», cioè dal singolare frenetico passaggio di lavoratori da una di queste aziende all’altra. Gli inquirenti hanno sinora raccolto le dichiarazioni di 60 lavoratori, i quali hanno riscontrato l’iniziale denuncia presentata da una sindacalista della Cgil di origini straniere. Stando al loro racconto, infatti, non soltanto i lavoratori teoricamente assunti dai fornitori hanno in realtà un rapporto diretto con Brt attraverso personale definito «il caporale dei caporali», e non vengono rispettate norme in materia di sicurezza su formazione e visite mediche, e il continuo cambio di coop fa perdere scatti di anzianità e diritti maturati; ma soprattutto sarebbero due le pratiche più patite dai lavoratori. La prima è quella sui lavoratori cosiddetti «ibridi» impiegati sulla scorta di accordi verbali presi sotto la regia di Brt con le rispettive società fornitrici di Brt: questi accordi prevederebbero che i lavoratori, oltretutto «retribuiti non in base alle ore di lavoro prestato ma alla quantità di merce consegnata», e per lo più «stranieri in condizioni di vulnerabilità e dunque più propensi degli italiani a farsi sfruttare», finiscano per doversi pagare il furgone e tutti i costi, cioè «lo debbano acquisire con il versamento di una rilevante somma iniziale e poi con la detrazione mensile della rata dei veicolo, dell’assicurazione, delle spese per eventuali riparazioni e per il costo del carburante». La seconda è il cosiddetto «doppio bonifico». Brt consegnerebbe al lavoratore un documento con la «valorizzazione giornaliera» del suo lavoro, e la cooperativa da questa cifra detrarrebbe la rata dell’automezzo, i contributi, gli altri costi accessori: se il saldo è positivo, con un «secondo bonifico» la coop versa al suo dipendente la parte eccedente, ma se il saldo è negativo detrae invece la somma sotto forma di anticipo del Tfr formalmente riportato in busta paga ma di fatto non percepito dal lavoratore. Da questi primi racconti il pm nutre l’accusa che Brt-Bartolini spa, indagata (con i dirigenti Giorgio Bartolini e Costantino Dalmazio Manti) in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società per reati fiscali commessi dai vertici nell’interesse aziendale, «operi un sistematico sfruttamento dei lavoratori attraverso fenomeni di caporalato e di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti». E che ciò «non sia frutto di iniziative estemporanee di singoli ma una illecita politica di impresa», la quale agirebbe «come una sorta di “nuovo potere”, vero regolatore di processi lavorativi, e alternativo alle regole dello Stato» nel settore dei trasporti.


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