Perfino la burocrazia prova a cercare parole di pietà: «Vista l'assoluta peculiarità della situazione e la totale non ostensibilità dei resti, chiediamo la vostra collaborazione affinché ciascuna famiglia possa procedere alle esequie». E la procura di Ivrea che scrive agli avvocati delle famiglie dei cinque operai morti a Brandizzo. Chiede aiuto a loro, alla polizia scientifica, a quella ferroviaria e alla direzione sanitaria dell'ospedale di Chivasso per «sensibilizzare le imprese di onoranze funebri e comunicare ai familiari delle vittime che non sarà possibile vedere i resti». Il perché è nella distesa di macchie bianche (sono manciate di calce) sparse per centinaia di metri lungo i binari e anche fuori dalla massicciata, sulla stradina che costeggia la ferrovia. Il treno ha travolto quei lavoratori a più di ioo all'ora e i loro corpi sono diventati macchie bianche, appunto. Ogni macchia un resto umano ritrovato. Adesso il giorno è arrivato. È domani. Alle 10.30 le famiglie riavranno quel che resta di Michael Zanera, che aveva 34 anni, Giuseppe Sorvillo 43, Saverio Giuseppe Lombardo, 52, Giuseppe Aversa, 49, e Kevin Laganà, il più giovane di tutti con i suoi 22 anni. La lingua burocratese è quanto mai sgraziata mentre informa tutti che sono «terminate le operazioni di individuazione biomolecolare dei resti delle persone offese». E ancora: «Le bare - chiarisce la disposizione della procura - dovranno uscire chiuse dall'obitorio». Sei la madre, il padre, la sorella, il figlio di qualcuno che è uscito di casa per andare a lavorare, e come per un sortilegio di lui/lei all'improvviso non resta più niente. Nemmeno un corpo da salutare un'ultima volta o da sapere sigillato nella bara. Viene in mente «La Collina», il capolavoro di Fabrizio De Andrè ispirato all'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters: «Hanno rimandato a casa/le loro spoglie nelle bandiere/legate strette perché sembrassero intere». Lì erano «i figli della guerra/partiti per un ideale/per una truffa, per un amore finito male». A Brandizzo sono i figli del nostro tempo e di regole non rispettate, uomini partiti per lavoro, ognuno con il suo carico di sogni, dispiaceri, progetti. Nei prossimi giorni i funerali. Massimo seppellirà quel che resta di suo figlio Kevin il giorno 3o, a un mese esatto dalla strage. Trenta giorni vissuti senza vivere, aspettando una bara chiusa.