IL RETROSCENAROMA Giuseppe Conte, al pari di Fabio Massimo il Temporeggiatore, sta provando a sfiancare 5Stelle, Pd, Italia viva e Leu dribblando lo scontro e rinviando la decisione sul destino di Atlantia e della concessione della rete autostradale. E' così da quattro mesi e da nove lettere dalla società del gruppo Benetton che, inutilmente, chiede chiarezza sul futuro. E dunque sul piano da 14,5 miliardi di investimenti.
E' una strategia consolidata, quella del premier. In passato l'ha adottata sulle altre questioni identitarie dei grilli, come la Tav, l'Ilva e si muove allo stesso modo sul Mes. In tutte le occasioni, probabilmente sarà così anche per il nodo autostrade e per il Fondo salva Stati, alla fine Conte ha fatto prevalere le logiche e le necessità economiche costringendo i 5Stelle ad ammainare le loro bandiere.
I PERICOLI PER IL GOVERNO La partita su Atlantia, con il Movimento spaccato, diviso per bande e a rischio scissione, è però estremamente complicata. Con la maggioranza rosso-gialla in continua fibrillazione e il Paese in ginocchio a causa dell'epidemia, Conte vorrebbe evitare di innescare un'altra bomba. E cerca perciò di rinviare il momento della resa dei conti con i grillini. «Il presidente ha deciso di staccare, si è preso due giorni di riposo dopo tre mesi di lavoro senza pause. Si occuperà della questione in settimana, ma non è facile trovare una mediazione: tutti ci hanno messo la faccia, si sono esposti...», fanno sapere da palazzo Chigi.
Il Pd però è stufo di attendere. Il segretario Nicola Zingaretti lo dice chiaro: «E' tempo di decidere. Dobbiamo evitare che si apra il nuovo Ponte Morandi e ancora non si è verificata la concessione. Questo non potrà proprio accadere. La concessione è una cosa seria e se la decisione deve essere autorevole non bisogna avere preconcetti. Io voglio sapere se la concessione è stata rispettata o meno». Immediata la replica della grillina Barbara Lezzi: «Zingaretti non ricatti il governo, non chieda di risolvere la questione a favore dei Benetton».
Ma stufi di attendere sono Italia Viva e perfino i 5Stelle che, nonostante il muro alzato, non escludono a questo punto subordinate alla revoca della concessione. La invocano, la minacciano, negano la richiesta del prestito da 1,2 miliardi avanzata da Atlantia, però il viceministro alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri in un colloquio con La Stampa ha messo a verbale: «Noi chiediamo la revoca, però nella trattativa con gli alleati si potrebbero aprire scenari diversi». Parole pronunciate dopo aver attaccato a testa bassa il suo ministro dem, Paola De Micheli, a dimostrazione dello stato confusionale in cui versa il Movimento.
La revoca, e lo sanno bene Cancelleri e Luigi Di Maio, non è infatti più sul tavolo. «Si andrebbe incontro a un contenzioso infinito e rischioso, dunque in campo c'è solo la revisione», dice il vicesegretario del Pd Andrea Orlando. In più, visto che cancellare la concessione porterebbe Atlantia a un sicuro fallimento, perderebbero il lavoro circa 13mila persone. Un epilogo che il governo, alla prese con la necessità di far ripartire l'economia e senza altri soldi da tirare fuori dopo gli 80 miliardi messi nei decreti Cura Italia e Rilancio, non può assolutamente permettersi.
Così, nell'attesa che Conte esca dal lungo torpore che al momento non è scalfito dagli appelli a decidere di Pd, Italia Viva, Aiscat, imprenditori e perfino del presidente della Conferenza Stato-Regioni Stefano Bonaccini («si decida in fretta, ci sono miliardi di opere bloccate»), il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri (Pd) ha preso in mano il dossier.
LA PARTITA AL MEFLa richiesta del prestito da parte di Atlantia ha infatti portato la questione sul tavolo del dicastero di via XX Settembre: in base all'articolo 1 comma 2 del decreto Liquidità è il Tesoro a stabilire le condizioni per l'erogazione del prestito. E tra queste, per poterlo concedere, Gualtieri dovrà inserire la risoluzione del contenzioso con lo Stato dopo il crollo del ponte Morandi a Genova e le sue 43 vittime. Risoluzione che passerà attraverso gli indennizzi per il danno arrecato per la mancata manutenzione del ponte, la revisione delle tariffe dei pedaggi autostradali, garanzie per un importante piano di investimenti. E, dunque, porterà a una revisione complessiva della concessione. Solo a questo punto il responsabile dell'Economia, che consiglia «prudenza, fornirà le garanzie per il prestito firmando un decreto ministeriale. Sempre che Conte non decida di mettersi di traverso e non è un caso che Pd e Italia viva parlino di decisione presa «collegialmente dal Consiglio dei ministri». Come dire: non deciderà il premier da solo.