Dopo il consiglio di amministrazione della holding infrastrutturale, ieri, a quanto s'apprende, sono proseguiti i contatti da gli attori in campo, Cassa Depositi e Prestiti e i due fondi internazionali, Blackstone e Macquarie. Difficile prevedere i nuovi sviluppi del dossier dopo che il cda di Atlantia ha giudicato «non conformi e idonei» i termini dell'offerta. È difficile prevederlo visti i numeri che marcano la distanza tra le parti: su un piatto della bilancia, c'è il range di prezzo che avrebbe indicato Cdp, compreso tra 8,5 e 9,5 miliardi; sull'altro piatto della bilancia c'è la valutazione di mercato e dei fondi esteri che si attesta a 11-12 miliardi.
Il tempo non gioca a favore. E questo è il messaggio che arriva da fonti vicine a Macquarie: i tempi troppo stretti per poter presentare un'offerta vincolante entro il 27 ottobre prossimo. Un dossier così complesso richiede, infatti, una approfondita due diligence di 10 settimane per arrivare a formulare una proposta definitiva. Le stesse fonti parlano di un irragionevole pressing sulla tempistica che non permetterebbe di effettuare i necessari approfondimenti ed effettuare una corretta valutazione di tutti gli elementi. Nessun segnale arriva da Blackstone che oggi si trincera dietro un no comment. Chiaro, invece, il messaggio di Tci Fund. «Il consiglio di amministrazione ha il dovere di difendere gli interessi dei suoi azionisti. Agendo nel modo come ha fatto, il consiglio di amministrazione, il board di Atlantia sta mostrando che si sta tentando di difendere gli interessi degli shareholder», dichiara Jonathan Amouyal, partner di Tci Fund, azionista di Atlantia. «Il prezzo - sottolinea - deve essere il risultato di una transazione competitiva». Negli giorni scorsi, il fondo Tci ha aumentato la sua partecipazione nel capitale di Atlantia, portandola oltre la soglia rilevante del 10% e diventando secondo azionista.
TOTO IN CAMPO
Ma qualcosa di muove anche sulla scena nazionale. In campo c'è sempre Toto Holding, che ha presentato una manifestazione di interesse per Aspi insieme al gruppo Apollo. Lasciare la gestione e la proprietà di un asset fondamentale come un'infrastruttura autostradale entro i confini nazionali è cruciale sia perché si tratta di un'opera strategica sia per una forma di rispetto verso i territori, sottolineano fonti vicine al gruppo secondo cui l'Italia ha expertise di alto livello per gestire l'infrastruttura. I progetti di investimento legati all'acquisto di Aspi potrebbero «superare i 14 miliardi».