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Data: 03/01/2020
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

Autostrade, il dossier del governo: «Prove di scarsa manutenzione» Conte sulla linea dei 5Stelle: «Avanti con la revoca» In bilico 7 mila posti di lavoro più l’indotto Rischi anche per i possessori di obbligazioni

Di Maio insiste: siamo pronti a togliere la convenzione. Ma De Micheli: valutare l’impatto sull’occupazione. «Con la revoca senza indennizzo è certo il fallimento dell’azienda»


ROMA Il dossier sulle concessioni autostradali della famiglia Benetton arriverà presto sul tavolo del governo. L'istruttoria, messa a punto dai tecnici del ministero dei Trasporti, che servirà come base per decidere come procedere, è pronta e sarà esaminata in tempi brevi dal Consiglio dei ministri. Sarà poi il premier Giuseppe Conte a dover fare la sintesi. Ieri fonti di Palazzo Chigi hanno fatto sapere che si va avanti con la revoca della convenzione ad Autostrade per l'Italia. «Conte e Di Maio non possono indietreggiare», è il mantra che filtra. L'ultimo episodio del 30 dicembre, quando è crollato di un pezzo di soffitto in una galleria della A26 vicino a Genova, «ha dato più forza alla battaglia e fugato i dubbi sullo scontro legale», insistono da Palazzo Chigi. «Quindi si andrà avanti: ora è più facile vincere la causa e siamo pronti ad affrontarla». In pratica la linea dei 5 stelle, che puntano anche a una revisione generale delle regole sulle autostrade. «Parallelamente alla revoca - dicono dal Movimento - bisogna rivedere tutto il sistema degli affidamenti statali, con cui in passato alcuni colossi hanno tratto profitti spropositati, il che porterà ad avere anche pedaggi più bassi per gli italiani». «Il prossimo passaggio cruciale sarà togliere le concessioni ai Benetton», ha ribadito ieri su Facebook Di Maio.
LE POSIZIONI Nel governo però le posizioni restano diverse. Il ministro dei Trasporti Paola De Micheli, del Pd, appare più prudente e non parla di revoca delle concessioni, anche se punta il dito sulla scarsa manutenzione fatta da Autostrade per l'Italia. «Il dossier, prima di renderlo pubblico, credo sia corretto farlo vedere al presidente del Consiglio e ai miei colleghi ministri - ha sottolineato parlando a Radio 24-. È ovvio però, è evidente a tutti, che qualcosa in questi anni è successo, o meglio temo che qualcosa non sia successo: abbiamo troppe evidenze, ahimè concrete, di situazioni di mancata manutenzione, di ritardi o di manutenzioni fatte secondo criteri che non sono oggettivi». «Le conseguenze - ha poi proseguito De Micheli - le decidiamo insieme» ai colleghi di governo «perché è una responsabilità collettiva». Sarà il premier appunto a dover trovare una posizione comune. Tenendo conto di tutti i fattori. «Il governo dovrà valutare oltre che le risultanze delle verifiche fatte, l'impatto finanziario e soprattutto l'impatto occupazionale di qualunque decisione - ha puntualizzato ancora l'esponente dem -. Si dovrà comunque far carico della soluzione di entrambi i problemi perché stiamo parlando di una situazione molto articolata e complessa». «Ci sono due categorie di persone che non devono e non possono pagare le conseguenze di quanto accaduto negli ultimi decenni - ha detto ancora De Micheli -: la prima, i lavoratori e le lavoratrici; la seconda, gli utenti, i cittadini, le persone che viaggiano sulle autostrade».
Delle divisioni dell'esecutivo cerca di approfittare l'opposizione. «Il governo giallorosso si conferma spaccato. Il M5s con Di Maio in prima fila, è da settimane in pressing per avviare la procedura di revoca; il Pd prende tempo e non si esprime in modo chiaro. Una cosa è certa: con questo perenne clima di incertezza, identico per tutti i punti chiave dell'agenda politica nazionale, l'esecutivo non fa il bene del Paese», attacca Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera.
IL MERCATO Intanto a Piazza Affari l'ipotesi di una revisione delle concessioni pesa sul titolo Atlantia, la holding dei Benetton a cui fa capo Autostrade: ieri il titolo ha chiuso in calo del 3,03% a 20,16. Ma non c'è solo lo spettro di una revoca in Italia. Il 31 dicembre infatti il governo di Madrid, guidato dal socialista Pedro Sanchez ha deciso di non rinnovare ad Abertis, società spagnola controllata dal gruppo italiano, le concessioni di due tratte autostradali (l'Ap-7 e l'Ap-4) e di riportare la gestione sotto il controllo pubblico. Un mossa che fa seguito alla volontà dell'esecutivo di riprendersi, man mano che arrivano a scadanza, tutte le concessioni della rete a pedaggio.

In bilico 7 mila posti di lavoro più l’indotto Rischi anche per i possessori di obbligazioni. «Con la revoca senza indennizzo è certo il fallimento dell’azienda»

ROMA «Dopo la revoca della concessione, Atlantia sarà un'azienda decotta, meglio non affidarle Alitalia», diceva sei mesi fa l'allora vicepremier e ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio inciampando anche nel faro Consob. A distanza di sei mesi la sua determinazione, questa volta da ministro degli esteri, a minacciare la revoca della concessione autostradale ad Aspi, non è cambiata. Ma sono i numeri di un dossier interno molto riservato e non ancora definito a richiamare certe affermazioni quantomeno avventate su una società quotata in Borsa. Basti dire che in caso di revoca della concessione senza indennizzo - ipotesi prevista dall'articolo 35 del Milleproroghe approvato in gran fretta a fine anno - mancherebbero ad Autostrade per l'Italia di fatto l'ossigeno per sopravvivere. Il blitz di fine anno che modifica il contratto in corsa, qualora producesse effetti, rischia infatti di sottrarre alla società controllata dalla holding Atlantia le risorse per ripagare i 10,8 miliardi di debito con ele banche. Quanto basta per decretare il fallimento della società. Non solo. Autostrade per l'Italia ha collocato presso piccoli risparmiatori, circa 17.000, ben 750 milioni di bond con rating di tutto rispetto. Cosa accadrebbe in caso di stop al contratto senza l'indennizzo che Mediobanca calcola in 23,5 miliardi? I piccoli risparmiatori dovrebbero poter esercitare un'opzione put e richiedere il rimborso ad una società alla quale è però venuto meno inaspettatamente - per via di una modifica unilaterale del contratto - la principale fonte di cash flow. A rischio finirebbero poi circa 7.000 lavoratori in Italia, senza contare un indotto di qualche decina di migliaia di lavoratori. Doveva avere già in mente queste cifre il ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli, quando ieri in un'intervista a Radio24 ha mostrato molta cautela sullo scenario della revoca tanto sventolata da Di Maio.
L'IMPATTO FINANZIARIO Al di là delle minacce dei 5stelle, la preoccupazione è forte in buona parte dell'esecutivo. «Il governo dovrà valutare le risultanze delle verifiche fatte, l'impatto finanziario e soprattutto l'impatto occupazionale di qualunque decisione. Si dovrà far carico della soluzione di entrambi i problemi, perché la situazione è articolata e complessa», ha spiegato il ministro. E ancora: «Non devono, e non possono, pagare le conseguenze di quanto accaduto negli ultimi decenni: i lavoratori e gli utenti, i cittadini e le persone che viaggiano».
Già perché molti altri dettagli sul dossier-boomerang insieme ai numeri del default di Aspi, arriveranno sul tavolo del ministro De Micheli nei prossimi giorni subito prima del Consiglio dei ministri al quale la stessa De Micheli illustrerà il suo dossier informativo sulla questione concessioni e revoca. Perché a fronte dell'evidenza della scarsa manutenzione sulla rete di Autostrade, non c'è ancora la verità giudiziaria sul tragico crollo del Morandi. Peraltro, oltre a decretare la morte di una società non proprio marginale nello scenario italiano, rimarrebbero scoperti quasi 11 miliardi di investimenti previsti (tra cui anche quelli del Passante di Genova e il Passante di Bologna) da affidare a nuovi investitori privati. Sempre che sia facile trovare nuovi investitori disposti a finanziare le opere con contratti di concessione modificabili unilateralmente da un giorno all'altro. La credibilità è tutto per gli investitori, ed è comprensibile la preoccupazione di Allianz (che ha il 7% di Atlantia), del fondo cinese Silk Road Fund (5%) o del Gic, il fondo sovrano di Singapore che ha oltre l'8%. Non a caso ieri tanta incertezza ha spinto dio nuovo le vendite sul titolo Atlantia, che ha finito per chiudere in calo del 3,03% a 20,16 euro. Probabilmente anche a causa del governo spagnolo che il 31 dicembre ha deciso di non rinnovare ad Abertis, altra controllata da Atlantia, le concessioni di due autostrade (l'Ap-7 e l'Ap-4) e di avocarne la gestione. Altra cosa però è cambiare un contratto in corsa senza nemmeno la verità giudiziaria. La trattativa tra il governo e Atlantia, congelata prima di Natale, aveva tentato un compromesso a fronte della garanzia di circa 5 miliardi di investimenti in più sulla rete. Un compromesso fallito. Anche perché non sostenibile per i conti di Aspi.


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