L'AQUILA Il governatore Marco Marsilio è arrivato a minacciare una sorta di clamoroso ultimatum: «Se non si trova una soluzione saremo pronti anche a bloccare l'ingresso dei tir in Abruzzo, consapevoli del disastro economico e sociale che tutto questo comporterà». La situazione dell'A14 è ormai oltre ogni livello di sostenibilità. I mezzi pesanti a cui è vietato il transito sul viadotto Cerrano, tra Pescara Nord e Atri-Pineto, hanno congestionato la statale 16: quattromila transiti solo nella giornata del 7 gennaio, con l'Arta, l'Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente, che attraverso la centralina di Montesilvano, la più vicina al casello di Città Sant'Angelo, ha fatto registrare valori di inquinamento superiori ai limiti di legge. Un dramma nel dramma.
Nel frattempo ieri si è tenuta l'ennesima riunione tra i tecnici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) e la Direzione di Tronco di Pescara di Autostrade per l'Italia (Aspi). Sono stati anticipati gli esiti degli ulteriori approfondimenti svolti negli ultimi giorni sul viadotto Cerrano dall'Istituto Italiano della Saldatura, che sta verificando le cerniere dell''infrastruttura, e dal pool di esperti dell'Università La Sapienza, che ha effettuato verifiche sulle fondamenta. Risultati considerati positivi che potrebbero, nei prossimi giorni, condurre al ripristino del traffico dei mezzi pesanti sul viadotto. Tra le soluzioni paventate è stata avanzata l'ipotesi dell'introduzione di una interdistanza tra i mezzi superiori a 3,5 tonnellate. Il prossimo 13 gennaio la Direzione di Tronco di Pescara di Aspi invierà al Mit la versione integrale e definitiva delle due analisi. In caso di riscontro positivo da parte del Mit, sarà presentata una nuova istanza all'autorità giudiziaria di Avellino per la rimozione divieto di transito ai mezzi pesanti.
E' questo, infatti, il motivo del maxi ingorgo lungo la tratta che va da Pedaso a Pescara Ovest, poco più di 140 chilometri che hanno richiesto anche sei ore di percorrenza. Alle limitazioni si è arrivati perché la Procura di Avellino, dopo la strage sulla A16 del 28 luglio 2013, con un pullman che è precipitato da un viadotto causando la morte di 40 persone, sta indagando sulle barriere di protezione ritenute scadenti e dunque in grado di peggiorare la sicurezza dei viadotti. Per questo ne sono stati messi alcuni nel mirino: Fosso San Biagio, Campofilone, Santa Giuliana, Santa Maria, Cerrano, Marinelli, Valloscura, Petronilla, Sp e Fosso Calvano e Vallelunga, con sequestri e limitazioni. Ieri è stata annunciata una serie di interrogazioni parlamentari. Luigi D'Eramo, deputato aquilano della Lega, ha chiesto di «aprire i caselli anziché costringere gli utenti a complesse e farraginose procedure per chiedere i rimborsi, tra l'altro limitati nella tempistica e assolutamente parziali e insufficienti». I senatori di Forza Italia, Nazario Pagano e Alessandra Gallone, hanno incalzato il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Paola De Micheli, per chiederle se «non ritenga di adottare con urgenza ogni provvedimento utile per risolvere il problema e alleviare la situazione». Il ministro da parte sua ha scritto ieri sera una lettera a Marsilio sostenendo che «per le barriere laterali dovrebbero esserci i presupposti per un parere favorevole alla riduzione delle aree sequestrate, limitando così i disagi ai cittadini».