Aumenti Iva, stop totale Solo tagli limitati al cuneo. Concessioni, c'è la stretta Ok a tutte le grandi opere
ROMA In vista della prossima manovra di bilancio, il governo avrebbe fatto la sua prima scelta. Nel suo discorso sulla fiducia, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha indicato la rotta al neo ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. «La sfida più rilevante, per quest'anno», ha detto Conte, «sarà evitare l'aumento automatico dell' Iva e avviare un alleggerimento del cuneo fiscale». Tutti i soldi a disposizione saranno utilizzati per evitare gli aumenti automatici dal prossimo primo gennaio dal 22% al 25,2% e dal 10% al 13% delle aliquote Iva. Un'operazione dai costi elevatissimi per le casse pubbliche: 23 miliardi di euro il prossimo anno, 29 miliardi nel 2021. Di tutti i piani di riduzione fiscale resta in piedi soltanto «l'avvio» della riduzione del cuneo fiscale, le tasse che gravano sulle buste paga dei lavoratori dipendenti. Il Partito Democratico ha un progetto pronto su questo. Prevede l'introduzione di una detrazione sul lavoro dipendente di 1.500 euro l'anno che si tradurrebbe in 125 euro netti di aumento mensili per i redditi da 8 mila a 35 mila euro. Per chi guadagna meno di 8 mila euro, i cosiddetti incapienti, ci sarebbe una sorta di bonus, un assegno versato dallo Stato calcolato in percentuale in base al reddito. Per chi è sopra i 35 mila euro ci sarebbe una detrazione inferiore ai 1.500 euro decrescente fino a 55 mila euro. Dopo i 55 mila euro non si avrebbe diritto a nulla. Questo progetto costa 25 miliardi di euro, che scendono a 15 miliardi assorbendo i 10 miliardi del bonus Renzi da 80 euro che verrebbero inglobati dall'aumento di 125 euro mensili. I soldi per finanziarlo con la prossima manovra non ci sono. O quantomeno non ci sono tutti. Il governo vorrebbe riuscire a stanziare per il cuneo almeno 5 miliardi di euro. Cosa si riuscirebbe a fare con queste risorse? Le ipotesi sono diverse. La prima prevede di avviare il taglio del cuneo dagli incapienti, da chi cioè si colloca nella fascia più bassa dei redditi. Seconda ipotesi: allargare la platea del bonus 80 euro fino a 28 mila o più su, fino a 35 mila euro e aumentarne leggermente l'importo. Nulla però, è stato ancora deciso, come confermano al Messaggero fonti impegnate sul dossier. Prima di decidere bisogna capire esattamente quante risorse ci sono a disposizione. Molto dipende dalla flessibilità che l'Europa concederà. Il governo punta ad ottenere almeno 12 miliardi, portando il deficit al 2,3%. Magari con una sorta di moratoria triennale sul fiscal compact in modo da liberare risorse per i prossimi due anni dando una prospettiva chiara al governo per programmare riforme più coraggiose. IL FINANZIAMENTO Flessibilità a parte, da dove arriveranno le altre risorse? Conte ha esplicitamente citato il calo dello spread. Il prossimo anno, se il differenziale si stabilizzasse a 150 punti potrebbero esserci 6,8 miliardi di risparmi di interessi sul debito. Soldi che verrebbero destinati al finanziamento del programma del governo. Probabile invece, che le misure bandiera del vecchio governo, ossia Quota 100 e Reddito di Cittadinanza, non verranno toccati. Anzi. Conte ha precisato che quest'ultimo verrà «implementato». Anche la riforma delle pensioni non dovrebbe essere toccata per evitare tensioni. Comunque le domande sono inferiori al previsto e ci saranno risparmi stimati per 4 miliardi. Conte ha citato poi i tagli di spesa e la revisione delle agevolazioni. Quest'ultima però, rispettando la sua funzione «sociale e redistributiva». L'ex ministro Giovanni Tria ha lasciato in eredità un taglio consistente, 6 miliardi di euro, delle agevolazioni. Più probabile che Gualtieri proceda in maniera selettiva, partendo probabilmente dai cosiddetti incentivi ambientalmente dannosi. Ce ne sono per 19 miliardi, ne verrebbero tagliati un paio.
Concessioni, c'è la stretta Ok a tutte le grandi opere
ROMA Un sostanziale via libera a tutte le opere bloccate dalla gestione 5 Stelle, dalla Gronda di Genova al Terzo Valico, dalla Tav al Passante di Bologna. E l'impegno, solenne, a rivedere tutte le concessioni autostradali, negoziando a fondo con Autostrade per l'Italia e gli altri operatori. Giuseppe Conte, nel suo discorso programmatico, non si è discostato di molto dall'accordo siglato tra i due alleati in vista della formazione del governo. Di più. Si è guardato bene, nonostante il pressing grillino, dal nominare, la parola revoca, evocata più volte dall'ex vice premier Luigi Di Maio. Sa bene il presidente del Consiglio che uno strappo, traumatico come la revoca, avrebbe ripercussioni imprevedibili anche sulla partita Alitalia oltre che essere difficilmente percorribile dal punto di vista giuridico. Il premier infatti conosce bene la relazione della commissione Mit voluta da Toninelli, che indica la necessità di trovare un accordo negoziale con ASPI. Ma se Conte esclude la revoca, assicurando però che si andrà fino in fondo sull'accertamento delle responsabilità dopo il crollo del Ponte Morandi, questa volta è il capogruppo Pd Graziano Delrio a lasciare aperto un piccolo spiraglio: «Alcune concessioni, in particolare quelle collegate alla tragedia del ponte Morandi, vanno viste con gruppi di esperti che potranno arrivare anche alla revoca». IL PERCORSO Al Nazareno, soprattutto per coprirsi dai grillini, spiegano che non verranno fatti sconti ai privati. Ma spetterà al premier, aggiungono, decidere. E Conte non ha mai parlato di revoca. Il timore di un simile scenario ha comunque indebolito il titolo Atlantia, che in Borsa ha chiuso a -1,99%, anche se gli analisti confidano nella revisione. Di certo invece ci sarà la stretta sulle concessioni con «una progressiva ma inesorabile revisione di tutto il sistema», ha spiegato il premier. Resta valida quindi la linea della neo-ministra dei Trasporti Paola De Micheli: «Nel programma di governo c'è scritta una parola precisa e molto diversa - ha detto - ed è revisione». I PALETTI Anche perché, ha sottolineato sempre Delrio, c'è comunque la necessità di evitare contenziosi. E mettere in discussione in maniera unilaterale la concessione, cercando la rottura, costerebbe fino a 25 miliardi tra penali e maggiori costi per lo Stato. Del resto il titolo Atlantia dopo le parole di Conte), che nei giorni scorsi con l'affievolirsi del rischio revoca dopo l'accordo Pd-M5s e le parole della ministra De Micheli è arrivato a salire dell'11,3% in cinque sedute, consentendo alla holding dei Benetton di recuperare in Borsa 2,3 miliardi di capitalizzazione. Ma come sarà la stretta sulle concessioni? Si parte dal sistema messo a punto dall'Art, l'Autorità del settore, che si basa sul metodo del price-cap, con la determinazione dell'indicatore di produttività a cadenza quinquennale per garantire trasparenza ed equità dei pedaggi. E questo secondo parametri oggettivi di performance, basati sul confronto competitivo con le migliori pratiche del settore. L'Autorità interviene anche sull'altra componente regolata dei pedaggi, i costi per gli investimenti da realizzare, riconoscendo in questo caso una remunerazione sul capitale investito pari al 7,09%. Ma il negoziato sarà tutto in salita: Aiscat ha già sollevato gli scudi, denunciando la retroattività della riforma e i tagli alla manutenzione e alla forza lavoro a cui porterebbero i nuovi parametri. Conte, infine, ha annunciato una legge per fermare il rilascio di nuove licenze di trivellazione per estrazione di idrocarburi.
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