ROMA «Continuare a parlare di Atlantia per me è assolutamente inutile». Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, non lascia spazio a ripensamenti: la marcia indietro di ottobre scorso dal dossier Alitalia da parte della holding della famiglia Benetton, accusata di «avere messo insieme i due dossier» Alitalia-Autostrade, è un punto di non ritorno per il ministro. Eppure proprio ieri Atlantia è tornata a rilanciare, nella memoria sollecitata dalla Commissione Trasporti della Camera, la sua disponibilità al dossier. Ha anche sottolineato tutto il valore del piano alternativo già elaborato con Lufthansa. E lo ha fatto nel giorno in cui lo stesso Patuanelli ha confermato i tempi lunghi per il possibile closing della vendita della compagnia italiana. «Non c'è scritto da nessuna parte del closing entro il 31 maggio, è materialmente impossibile», ha spiegato il ministro: quella data «è il termine dato al commissario» Giuseppe Leogrande «per espletare la procedura di cessione» di Alitalia. Del resto, con l'ultima tranche «di prestito di 400 milioni e con la riformulazione del pagamento degli interessi del Mef, che libera cassa per ulteriori 150 milioni», Alitalia «può arrivare alla conclusione della procedura» di amministrazione straordinaria. Nel frattempo si chiarirà meglio anche il ruolo delle Ferrovie. Il lavoro fatto dall'ad Battisti con Delta «deve essere messo a disposizione del commissario Leogrande» dice ancora Patuanelli. Nel frattempo però Ferrovie si chiama fuori, almeno per il momento: «Non ho ancora incontrato» Leogrande, ha spiegato l'ad Battisti, e «non conosciamo niente della nuova procedura».
LA PORTA APERTA Forse però non è un caso se, in piena crisi della trattativa con il governo sul tema della revoca della concessione autostradale, Atlantia nella sua memoria conferma «di voler mantenere ferma la disponibilità, ulteriormente riconfermata con un comunicato il 3 dicembre scorso, a proseguire, se richiesto, il confronto per l'individuazione del partner industriale e di un piano industriale, condiviso, solido e di lungo periodo per un effettivo rilancio di Alitalia». Del resto, «è falso che Atlantia si sia sfilata», ha puntualizzato: semplicemente «non c'erano le condizioni necessarie» per aderire al consorzio con Delta e Fs. Anche perché il piano degli americani «non è risultato sostenibile sin dall'inizio». Lufthansa? È un capitolo a sè con potenzialità ben diverse, ha fatto notare la società: la compagnia tedesca «si è detta inizialmente pronta a considerare tale ipotesi» e in merito «agli assetti di governance, Lufthansa ha mostrato la volontà di una partecipazione attiva nella gestione di Alitalia, con pieno coinvolgimento nella gestione operativa», spiega Atlantia nel documento. Come dire che la strada con i tedeschi, ora indicati come la più probabile via di rilancio per Alitalia, era stata tracciata proprio da Atlantia, come confermato del resto ieri un audizione anche dall'ad di Fs. «Le ipotesi di piano condivise con Lufthansa prevedevano una flotta più ridotta, ma comunque in marcato incremento rispetto alla proposta inizialmente avanzata da Lufthansa nel 2018», è scritto ancora nella memoria di Atlantia. La riduzione della flotta sarebbe stata attuata «in virtù del taglio incisivo delle rotte strutturalmente in perdita e di un'integrazione a più ampio raggio dei rispettivi network, in particolar modo in Europa, dove Alitalia soffre maggiormente la competizione della compagnie aeree low cost». Non solo. Nello stesso documento si evidenzia anche un obiettivo «più ambizioso» rispetto a quello indicato da Delta: «Il raggiungimento di un pareggio operativo sin dal primo anno di piano (rispetto a un pareggio operativo atteso solo a fine piano nello scenario Delta)». In definitiva la soluzione proposta dai tedeschi era «capace potenzialmente di consentire un rilancio vero della compagnia di bandiera».