Atlantia attacca il governo e si appella all'Europa: «Violato il libero mercato» L'esecutivo: «Taglino le tariffe Bruxelles non offrirà sponde»
ROMA Atlantia gioca l'ennesima carta, questa volta quella dell'Europa, per cancellare l'articolo 35 del decreto Milleproroghe che ha quasi azzerato 23,5 miliardi di indennizzo in caso di revoca della concessione di Aspi. Una norma «con finalità politiche» per Atlantia, che «viola le regole Ue» sul rispetto dei contratti e delle economie di libero mercato e che mina la «sopravvivenza di Autostrade per l'Italia». Dopo 22 mesi dal crollo del ponte Morandi, minacce cicliche di revoca della concessione, complesse indagini giudiziarie ancora in corso, una modifica unilaterale della convenzione autostradale da parte del governo e una trattativa sottotraccia con pochi risultati, il 9 giugno scorso la holding dei Benetton che controlla Aspi ha preso carta e penna per far arrivare direttamente sul tavolo di Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo della Commissione Ue con delega sull'economia, un grido d'allarme durissimo contro il governo di Giuseppe Conte. Un esecutivo che ha «danneggiato la continuità aziendale di Aspi, privata di ogni possibilità di accesso al mercato e penalizzata nel valore di mercato», scrive Atlantia con riferimento alle bocciature delle agenzie di rating seguite al decreto Milleproroghe. Ma ha anche «violato politicamente le norme europee sul libero mercato forzando» la stessa Atlantia «a cedere la sua quota di controllo di Aspi a Cdp a prezzi di saldo», con tanto di danno a «migliaia di investitori italiani ed esteri». E ancora: il governo è arrivato perfino a mettere in atto una «palese discriminazione» nei confronti di Aspi quando «il viceministro dello Sviluppo economico (Stefano Buffagni, ndr) ha pubblicamente dichiarato che Aspi non può accedere ai prestiti garantiti dallo Stato» a conferma «del desiderio delle autorità italiane di compromettere la redditività di Aspi, indebolire la società e ridurne il valore a fini politici». Ma è altrettanto «discriminatorio» aver riservato ad Aspi-Atlantia un trattamento ben diverso da quello avuto con l'Anas, risparmiata da qualsiasi accusa o minaccia di revoca della concessione nonostante il grave crollo del ponte ad Aulla in Toscana, spiega ancora la lettera, un incidente «che ha risparmiato vittime soltanto perché avvenuto in periodo di lockdown» su un tratto altrimenti molto trafficato. IL TEMPO STRINGEDunque, il presidente di Atlantia Fabio Cerchiai e l'ad Carlo Bertazzo chiedono a Bruxelles di prendere «iniziative rapide e decise» nei confronti del governo», per affrontare «le violazioni delle regole Ue», ma anche per contribuire ad attribuire «una certezza legale alla questione». È la terza volta che Atlantia scrive a Bruxelles. Lo ha già fatto il 10 gennaio e il 13 marzo scorso. Poi il 29 maggio un nuovo aggiornamento è stato condiviso con la Direzione Stabilità finanziaria e dei mercati dei capitali della stessa Commissione, come ricordato dalla stessa lettera. Ma i toni e la durezza dell'ultima missiva danno più che mai il senso dell'urgenza. Non solo. La scelta di sollecitare l'intervento del vicepresidente Dombrovskis suggerisce che ormai lo scontro governo-Atlantia ha lasciato alle spalle gli aspetti tecnici della questione per diventare un affare tutto politico. Già nel 2007 la Commissione era scesa in campo con una procedura di infrazione contro l'Italia, che per mano dell'allora ministro Antonio Di Pietro aveva modificato unilateralmente le concessioni autostradali in violazione delle regole Ue: l'Italia fu costretta alla retromarcia. Il binario imboccato è lo stesso di allora, per questo si pensa che il pressing Ue potrebbe costringere il governo a cancellar, o quantomeno a modificare il Milleproroghe. Del resto, nessun investitore, nemmeno la Cdp del Tesoro, può pensare di investire in un gruppo con 7.000 lavoratori a rischio e 9 miliardi di bond sul mercato europeo, incapace in queste condizioni di «implementare gli investimenti del piano industriale e anche di rifinanziare il debito sul mercato». La lettera di Atlantia è ora all'esame di diversi commissari Ue tra cui appunto Dombrovskis, ha spiegato ieri il suo portavoce. I tempi di risposta dell'Europa non sono rapidi di solito. Ma un faro Ue potrebbe comunque indebolire governo e soprattutto l'ala più dura dei Cinquestelle, convincendoli che qualsiasi accordo con Atlantia non può prescindere da una modifica dell'articolo 35 del Milleproroghe: un viatico che in caso di successive battaglie legali potrebbe costare caro allo Stato italiano.
L'esecutivo: «Taglino le tariffe Bruxelles non offrirà sponde»
ROMA La lettera di Atlantia alla Commissione europea irrita non poco il governo, ma non ferma la trattativa sulla conferma della concessione ad Autostrade per l'Italia (Aspi). «Per noi non cambia nulla», dice un ministro che segue il dossier. Ma a maggior ragione, dopo che l'azienda della famiglia Benetton ha accusato il governo di mettere «a rischio la sopravvivenza della società» e di aver violato le norme europee, la trattativa si fa ancora più muscolare: il governo, che con il premier Giuseppe Conte ha già definitivo «inaccettabile» un primo rifiuto di Aspi, intima alla società controllata da Atlantia la «piena attuazione» delle tariffe autostradali stabilite dalla Autorità di regolazione dei trasporti (Art). «E non è un'opzione, ma un obbligo di legge», spiega il ministro. A favore del governo c'è il fattore tempo. Aspi entro il 30 giugno - in base al decreto Milleproroghe - deve adottare le tariffe fissate da Art che, di fatto, porteranno a una riduzione media annua dei pedaggi del 5%. «Ed è praticamente certo», affermano fonti informate, «che la Commissione europea in 12 giorni non risponda all'appello di Atlantia e di Aspi che ancora pretendono di avere una redditività del 30% sul capitale investito: per ogni 100 euro, 30 di guadagno. Assurdo, fuori mercato e per di più contra legem». Una volta che Aspi sarà andata a Canossa, si sarà piegata, Conte e i ministri competenti Paola De Micheli (Trasporti), Roberto Gualtieri (Economia) e Stefano Patuanelli (Sviluppo) spingeranno sull'acceleratore per ottenere il cambio azionario in Aspi, con l'ingresso di Cassa depositi e prestiti (Cdp) e della cordata di fondi di investimento e previdenziali guidata da F2i. Obiettivo: spingere Atlantia e dunque la famiglia Benetton in minoranza, con una quota di Aspi non superiore al 40% (ora detiene l'88%), in modo da convincere i 5Stelle ad accettare la rinuncia alla revoca e ad ingoiare la conferma della concessione (rivista e corretta) ad Aspi. Il piano che non si arresta di fronte all'appello a Bruxelles di Atlantia, che accusa il governo di «violare le regole di libero mercato, provocando un danno significativo agli investitori italiani ed esteri» costringerla a vendere le quote di Aspi a «un valore ridotto». Anzi, l'esecutivo rosso-giallo è quanto mai convinto che «questo debba essere l'epilogo dell'annosa vicenda. Tanto più perché abbiamo notizie certe da Bruxelles che la Commissione non interverrà a favore di Atlantia». «IN UN VICOLO CIECO» Insomma, Conte & C si sentono in una botte di ferro e sono convinti che Atlantia sia ormai in un vicolo cieco. L'operazione non può però essere eccessivamente aggressiva: se venisse ridotto oltre misura il margine di profitto della gestione della rete autostradale, a farne le spese sarebbe anche Cassa depositi e prestiti che è finanziata con il risparmio postale. «Dunque vanno salvaguardati i rendimenti della società concessionaria», dice un'altra fonte. C'è da dire i margini sono pochi. Art stabilisce che entro il 30 giugno Aspi debba rivedere il piano economico finanziario. E nel rivederlo deve recepire le nuove tariffe e una riduzione del 3,8% della remunerazione degli investimenti. Finora Atlantia ha risposto dichiarandosi disponibile a diminuire i pedaggi del 5% ogni anno per i prossimi 5 anni, invece Art impone la riduzione per l'intera durata della concessione. Inoltre il piano tariffario fissato da Art riguarda i costi di gestione e di investimento. E a differenza del passato il rischio traffico è a carico del concessionario: se diminuisce il numero di autoveicoli circolanti sulla rete autostradale, a farne le spese sarà Aspi che non potrà aumentare come ha fatto finora i pedaggi per compensare i minori introiti. Va poi tenuto conto che è stato introdotto da Art il metodo del price cap che induce a migliorare i costi di gestione, a recuperare produttività e a «contenere i ricavi del concessionario, trasferendo direttamente agli utenti, in termini di riduzione tariffaria per il successivo periodo regolatorio, gli eventuali maggiori ricavi» dovuti al «maggior traffico».
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