Data: 06/02/2020
Testata Giornalistica: IL CENTRO |
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Ama, lavoratori divisi sul nodo retribuzioni. Una cinquantina di persone su 130 totali, hanno dichiarato che, in base all'intesa da ratificare, rischiano di perdere la quota Edr e sono pronti a dare battaglia in tribunale
L'AQUILA Si spaccano i lavoratori dell'Ama, dopo l'annuncio del sindaco Pierluigi Biondi sull'accordo raggiunto per il mantenimento della contrattazione di secondo livello. Accordo che dovrà essere ratificato da un referendum interno tra il personale. Ma intanto, è scontro tra due categorie: i dipendenti assunti dall'azienda prima del 1999 e quelli assunti dopo il 1999. I primi, una cinquantina di persone su 130 totali, hanno dichiarato che, in base all'intesa da ratificare, rischiano di perdere la quota Edr, una tra le voci fisse in busta paga, e sono pronti a dare battaglia in tribunale. Una presa di posizione che non è piaciuta ai restanti lavoratori dell'azienda della mobilità urbana, coloro che sono stati assunti dopo il 1999: «Non accettiamo di essere dipinti, per colpe altrui», scrivono in una nota, «come ingrati e irriconoscenti. Noi non viviamo fuori dal mondo. Noi sappiamo di lavorare in un'azienda che garantisce servizi pubblici, sappiamo che quell'azienda da troppo tempo vive una condizione di difficoltà. Sappiamo anche che in altre situazioni e con altre compagini azionarie, avremmo rischiato molto più che la decurtazione di parte del salario aziendale. Noi abbiamo lottato perché non è giusto far pagare solo a noi lavoratori inefficienze e gestioni farlocche». Poi alzano il tiro: «Non abbiamo lottato per poi farci ricattare dall'ingordigia di una parte di nostri colleghi, abituati a una condizione di privilegio, difficile da spiegare al di fuori delle mura dell'Ama. Non ci siamo fatti una contrattazione ad hoc, saremmo stati maggioranza e in una fase di scarsità di risorse sarebbe stato plausibile far ripartire l'azienda con identità di trattamenti per tutti i dipendenti. Eppure non abbiamo seguito tale strada lineare. Abbiamo tenuto a mente che le condizioni di partenza diverse non potevano in un sol colpo essere azzerate. Leggere oggi una minaccia di vertenzialità da parte di chi per 20 anni ha goduto di un salario più alto per svolgere il nostro stesso lavoro, oltre che inaccettabile e non comprensibile per la collettività, è minaccia ancor più insopportabile, perché avulsa dal contesto in cui la nostra vertenza si è materializzata. Una minaccia», concludono i lavoratori, «che pone a rischio la sopravvivenza della stessa azienda».
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