Da idea isolata ad analisi di Confindustria. Ma presto il sogno delle regioni adriatiche di una linea ferroviaria ad alta velocità sarà messo nero su bianco da Rfi. Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha infatti chiesto a Rete ferroviaria italiana di elaborare uno studio di fattibilità di una nuova tratta ferroviaria Bologna-Ancona-Pescara-Foggia-Bari, arretrata rispetto a quella attuale che costeggia il mare e taglia in due le città sul litorale adriatico. Lo studio di fattibilità sarà completato entro la fine del 2023 e a quel punto si potranno comparare costi e vantaggi di questa nuova grande opera con il progetto di velocizzazione della linea ferroviaria esistente.
Il confronto costi-velocità
Il confronto principale è su costi e velocità. Una linea ferroviaria ad alta velocità da Bologna a Bari — come quella che ha cambiato la mobilità sul versante tirrenico — costerebbe tra i 40 e i 50 miliardi di euro. I treni potrebbero viaggiare fino a 300 chilometri orari e i tempi tra Sud e Nord si accorcerebbero sensibilmente. Insomma, si colmerebbe il divario che si è creato negli ultimi 20 anni tra l’Est e l’Ovest del paese: basti pensare che oggi si impiega meno tempo a raggiungere Milano da Napoli (4 ore e 30 minuti) che da Pescara (4 ore e 44 minuti), nonostante quest’ultima distanza (521 chilometri) sia due terzi della prima (790 chilometri).
La velocizzazione della linea esistente
L’alternativa — che poi è il progetto attuale — è la velocizzazione della linea esistente: costi pari a un decimo (5 miliardi da Bologna a Lecce) ma treni che potranno viaggiare fino a una velocità di 200 chilometri all’ora. Con un collo di bottiglia che dopo oltre due decenni dall’approvazione del Cipe (2001) ancora non si riesce a superare: il binario unico della tratta ferroviaria Termoli-Lesina, solo 32 chilometri tra il Molise e la Puglia e non un solo chilometro completato in 22 anni di progetti.
Un progetto che piace a destra e sinistra
Le due ipotesi alternative, evidentemente, andranno confrontate attentamente: «A fine 2023 inizio 2024, appena i documenti di fattibilità delle alternative progettuali verranno elaborati da Rfi — spiega il vice ministro alle Infrastrutture Galeazzi Bignami (Fratelli d’Italia) — li valuteremo e ci confronteremo con le istituzioni al fine di stabilire la soluzione più sostenibile o più conveniente per portare l’Alta velocità nelle Marche, in Abruzzo, in Molise e in Puglia, su tutta l’Adriatica». Un progetto che al momento non sembra dividere la politica, visto che il primo a parlarne fu l’allora ministro della Cultura Dario Franceschini del Pd in una intervista al Corriere del maggio 2020 in cui sottolineava come l’infrastruttura, non a caso, dovesse rientrare in una «grandiosa Ricostruzione» per rilanciare il Sud.
Gli effetti sul Pil e i tempi dell’opera
In attesa dello studio di Rfi, Confindustria Ancona ha già elaborato un’analisi: l’opera costerebbe 44 miliardi ma ne genererebbe 95 di Pil (oltre a notevoli benefici anche per turismo, industria, inquinamento e qualità della vita), con la creazione di 144 mila posti di lavoro. I tempi? 13 anni. A patto che non si replichi lo stallo dei 32 chilometri tra Termoli e Lesina.