Alitalia, Delta apre ad Atlantia e Patuanelli dà il via al disgelo. Ma per chiudere l'operazione servono fino a 350 milioni di risorse pubbliche
MILANO Si apre uno spiraglio di sereno nel cielo plumbeo di Alitalia, nonostante ieri alcune dichiarazioni del premier Conte sembravano inasprire i rapporti con Atlantia. Invece un colloquio svoltosi giovedì sera tra il ministro Stefano Patuanelli e i massimi esponenti della holding del gruppo Benetton, il presidente Fabio Cerchiai e il direttore generale Giancarlo Guenzi, ha avviato il disgelo anche rispetto al nodo-concessioni sollevato dal gruppo autostradale nella lettera al Mise che aveva dato fuoco alle polveri. Sicché sullo sfondo spunta la possibilità che il consorzio formato da Fs, Atlantia e Delta, al quale si aggiungerà il Mef, possa confermare l'offerta vincolante entro il 15 ottobre, chiedendo però tempo fino a fine mese per definire il prezzo e il piano industriale. LA VIA D'USCITAI fatti. Ieri pomeriggio, nonostante la sera prima si era avuta una prima schiarita durante l'incontro al Mise, il premier è sembrato chiudere ad Atlantia con queste parole: «É una situazione complicata, non lo nascondiamo. Noi faremo il possibile per assicurare alla compagnia di bandiera di poter rivolare», ha detto Conte. Per il premier «non è tanto» la questione «di salvare una compagnia in sé, e quindi c'è un problema occupazionale, ma il fatto di rilanciare un asset strategico del trasporto intermodale, riguardo il turismo». Poi, più diretto entra sul nervo scoperto, il nodo-concessioni: «Non mi permetto di valutarlo, dico solo una cosa: il governo è stato molto chiaro dall'inizio, Alitalia è una questione, Autostrade e il procedimento amministrativo sulla revoca è un'altra questione, la commistione tra i due piani è inaccettabile». Parole pesanti, che sembravano contrastare con la posizione più flessibile espressa qualche settimana fa dalla ministra Paola De Micheli («Nessuna revoca ad Atlantia») e pronunciate dall'interlocutore istituzionale finora mostratosi meno ostile ad Atlantia. Nella missiva indirizzata l'altro giorno al ministro Patuanelli, il vertice della holding dei Benetton faceva riferimento, per la prima volta, alla «caducazione della concessione», come focolaio di una situazione di incertezza nociva alla stessa società. Ed ecco la conclusione del capo del governo: «Non si tratta tanto di mediare ma di fare un'operazione che vogliamo fortemente caratterizzata sul piano industriale». Insomma, un detto non detto, che non chiarisce fino in fondo la reale volontà del governo. E' evidente che questa incertezza allarmi i sindacati che perciò hanno inviato una richiesta di incontro urgente al ministro del Mise. C'è da dire che l'intervento del premier avrebbe la valenza di una sorta di copertura politica nei confronti di Luigi Di Maio e dell'ala dura dei grillini che da 14 mesi picchiano duro sulla revoca della concessione. Che è un provvedimento amministrativo già avviato, ma che ha un iter lungo il quale è possibile trovare forme di attenuazione e in qualche modo di soddisfazione reciproca. Conte ha dovuto fare la sua parte, mentre la sera prima fra Patuanelli, che è un ministro M5S, e i vertici di Atlantia la tensione è andata allentandosi. Massimo riserbo sui contenuti del colloquio, definito cordiale, durato circa un'ora, dove si sarebbe parlato di Alitalia ma anche di concessioni autostradali. Alla lettera inviata al ministro, era allegato un documento tecnico contenente le osservazioni sulla debolezza del piano elaborato da Delta insieme a Fs. Anche questo dossier è coperto dal riserbo: ci sarebbe la comparazione fra il piano Fs-Delta e le simulazioni fatte da Atlantia dalle quali si evince che il razionale economico del business plan originario non consente di raggiungere il break-even nemmeno al quinto anno. Questo perché finora Delta si è rifiutata di apportare aggiustamenti. Da ieri pomeriggio, però, il clima sarebbe cambiato anche su questo fronte, sembra per effetto di diplomazie intervenute sulla compagnia Usa. Così nella call di tre ore sulla jv Blue Sky e la governance, da parte degli uomini di Delta ci sarebbe stata, a sorpresa, l'apertura su una richiesta di Atlantia di prevedere un meccanismo di uscita dall'alleanza oltre alla disponibilità a valutare l'ingresso di Alitalia nella jv con un ruolo paritetico. Lunedì il negoziato riprende onde consentire a Fs di formalizzare la nascita del consorzio così come chiedono i commissari.
Ma per chiudere l'operazione servono fino a 350 milioni di risorse pubbliche
ROMA Dietro lo stop di Atlantia al piano industriale Delta-Fs non c'è solo l'incertezza, tanto per usare un eufemismo, sulle concessioni autostradali a rischio revoca. Minacciata o reale che sia. C'è, in primo luogo, una preoccupazione più profonda, legata alla vita della compagnia, alla strategia per farla decollare e rimanere in utile in un orizzonte temporale di lungo termine. Una strategia che «l'analisi dell'attuale piano, così come strutturato, a nostro meditato avviso» non porta da nessuna parte. «Consente al massimo - si legge nella lettera inviata il 2 ottobre al ministro Patuanelli dal direttore generale Giancarlo Guenzi e dal presidente Fabio Cerchiai - un rischioso salvataggio con esiti limitati nel tempo ed è quindi ben lungi da costituire una piattaforma di rilancio della compagnia». Come «auspicato del resto dallo stesso ministro dello Sviluppo». Sono stati gli advisor, i consulenti che lavorano al dossier, a declinare le perplessità, riempiendo di cifre, ragionamenti, scenari quello che doverebbe essere il futuro di Alitalia se non si cambierà rotta. Si parte, ovviamente, dal contesto «sempre più competitivo del trasporto aereo». Che impone di non rinunciare alle rotte verso il Nord America, puntando sullo sviluppo del lungo raggio e non certo sulla sottomissione alle richieste dei Delta. Serve quindi una alleanza alla pari, senza penalizzazioni, di ampio respiro, coraggiosa. Il motivo? Il comparto - spiegano i consulenti - sta vivendo una fase di consolidamento a livello globale, concentrandosi verso operatori full service carrier. E in Europa, come noto, ce ne sono solo tre: AirFrance-Klm, con una flotta di 548 aerei, Lufhtansa (763 aerei) e International Airlines Group (573 aerei). Come dire che il perimetro del campo da gioco è fissato. Con paletti e regole ben precise. Chi sta fuori ha già perso. I PALETTI Per questi motivo i casi di successo di compagnie europee a rischio fallimento salvate e rilanciate sono riconducibili a operazioni di acquisizione da parte di grandi gruppi (Iberia combinata con British Airways, Swissair e Brussels Airline con Lufthansa). In questi casi il turn around si è basato sostanzialmente sulla rifocalizzazione del network, con la progressiva crescita delle rotte a lungo raggio, sostenuta dalle reti di feederaggio. Proprio quello che Atlantia immagina per Alitalia. E che l'ad Giovanni Castellucci, prima di uscire di scena, ha ripetuto come un mantra al Tesoro, spalleggiato dalle Ferrovie di Gianfranco Battisti. Del resto al Mef sanno bene che negli ultimi 10 anni i tentativi di salvataggio del vettore tricolore - costato ai contribuenti quasi 10 miliardi - hanno avuto una logica stand-alone, di attesa, e un focus solo sulla riduzione dei costi, piani, da quello Fenice ad Etihad, che non sono mai riusciti a garantire profittabilità. Da qui il continuo ricorso alla cassa integrazione, al taglio delle rotte, con il rischio di mettere in pericolo, a cadenze regolari, gli 11 mila posti di lavoro tra piloti, hostess e personale di terra, Per gli advisor l'attuale piano, quello che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dovrebbe esaminare nelle prossime ore, ha una logica «prevalentemente stand-alone, con conseguenti risultati economico-finanziari insoddisfacenti, coerenti con la debolezza del posizionamento industriale e di mercato». Come dire che la frenata (Atlantia dovrebbe investire 365 milioni in un progetto a cui non crede) c'entra fino a un certo punto con il nodo concessione. Anche perché, sostengono sempre i consulenti, il rilancio del vettore tricolore non può non passare per una ulteriore iniezione di risorse pubbliche per perfezionare l'operazione. Nel dossier finito sul tavolo di Patuanelli c'è scritto nero su bianco che anche chiudendo entro i termini prestabiliti, ovvero il 15 ottobre, Alitalia avrà comunque bisogno di ricevere altre risorse per arrivare al closing e perfezionare la cessione. Si tratta, secondo le prime stime, di circa 350 milioni. Per continuare a volare e non portare i libri in tribunale.
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