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Data: 23/02/2023
Testata Giornalistica: CORRIERE DELLA SERA

Al Sud meno corse e treni più vecchi: Italia a due velocità nel trasporto ferroviario. È quanto emerge dal rapporto Pendolaria di Legambiente, secondo cui per risolvere le attuali criticità è necessario stanziare 2 miliardi di euro all’anno fino al 2030

Il presidente Ciafani: «Fondamentale invertire la rotta»


Non soltanto meno corse, ma anche operate da treni più vecchi. È un'Italia a due velocità – anche e soprattutto in senso letterale – quella fotografata da Pendolaria 2023, l'ultimo rapporto di Legambiente sulla circolazione ferroviaria nel nostro Paese. Due dati paradigmatici delle differenze tra Nord e Sud che non smettono di persistere nei trasporti su rotaia nazionali: se da un lato nel Mezzogiorno l'età media dei convogli è di oltre sei anni e mezzo superiore rispetto a quella rilevata al Settentrione (18,5 anni a fronte di 11,9), dall'altro «le corse dei treni regionali in Sicilia sono ogni giorno 506 contro le 2.173 della Lombardia, quando la popolazione in Lombardia è pari al doppio dei siciliani». Se poi a questo si aggiunge che nel Meridione i treni «viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate», non stupisce come in vetta alla classifica delle dieci linee peggiori d’Italia siano state collocate le ex linee circumvesuviane, la Roma-Lido, Roma Nord-Viterbo e la Catania-Caltagirone-Gela. Gli assi prioritari Stando così le cose, a commento del report il presidente di Legambiente Stefano Ciafani non ha esitato a definire il ponte sullo Stretto di Messina «un'opera inutile», ribadendo piuttosto la necessità di «investire in servizi, treni moderni, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, in linee ferroviarie urbane, suburbane ed extraurbane, potenziando il servizio dei treni regionali e Intercity». In quest'ottica, a giudizio dell'associazione gli assi prioritari su cui intervenire sono cinque: Napoli-Bari, Napoli-Reggio Calabria, Taranto-Reggio Calabria, Salerno-Taranto e Palermo-Messina-Catania. «Emblematico – si legge nel rapporto – è che tra Napoli e Bari non esistano, ancora oggi, treni diretti o che esistano situazioni come quella della linea Palermo-Trapani, via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), della Caltagirone-Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011) e della tratta Corato-Andria in Puglia (ancora inattiva dopo 6 anni e mezzo dal tragico incidente del 12 luglio 2016 che causò 23 morti)».

Pochi investimenti Va da sé che tali criticità possano essere risolte solo tramite adeguati investimenti. Eppure – analizza ancora Legambiente – «negli undici anni dal 2010 al 2020 sono stati fatti più investimenti sulle infrastrutture per il trasporto su gomma che su ferro. Stando ai dati del Conto nazionale trasporti, dal 2010 al 2020 sono stati realizzati 310 km di autostrade, a cui si aggiungono migliaia di chilometri di strade nazionali, a fronte di 91 chilometri di metropolitane e 63 km di tranvie». Particolarmente carenti si sono rivelate in questo senso le risorse stanziate dalle regioni: «Nel 2021 gli stanziamenti sono stati, in media, pari allo 0,57% dei bilanci regionali, in miglioramento rispetto allo 0,34% registrato nel 2020, ma in diminuzione rispetto allo 0,65% del 2019». Prioritario risulta dunque «fare uno sforzo aggiuntivo» quantificato dall’organizzazione in «2 miliardi di euro all’anno fino al 2030 per trasformare le infrastrutture delle città italiane e rendere quest’ultime finalmente moderne e vivibili con vantaggi evidenti per l’ambiente, l’economia, le famiglie, il turismo». Obiettivo sostenibilità A proposito di ambiente, un motivo di ottimismo è perlomeno rappresentato dall’istituzione, con l’ultima legge di Bilancio, del nuovo Fondo per la mobilità sostenibile da 2 miliardi di euro per il periodo 2023-2034. Inoltre è stato previsto un aumento strutturale del Fondo per il Trasporto Pubblico Locale, che passerà dagli attuali 4,95 a 5,35 miliardi di euro a partire dal 2026: «È un segnale positivo – osserva il documento –, anche se saremo ancora sotto di 900 milioni rispetto al 2009». In gioco, d’altronde, c’è anche il rispetto dell’Accordo di Parigi: «L’Italia ha bisogno di aumentare sensibilmente il numero di passeggeri che viaggiano in metro e in treno, se vuole migliorare anche la qualità dell’aria e ridurre le emissioni di CO2», si legge ancora. A ribadire il Concetto lo stesso Ciafani, secondo cui «il processo di riconversione dei trasporti in Italia è fondamentale» per «rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e del loro azzeramento entro il 2050». Per questo – ha concluso – è fondamentale invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per la “cura del ferro” del nostro Paese».


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