Data: 07/09/2023
Testata Giornalistica: CORRIERE DELLA SERA |
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Al lavoro con i treni in arrivo «Era già successo altre volte» Strage di Brandizzo, il fratello di Kevin Laganà per 4 ore dai pm: «Fare così era un’abitudine» Il caposquadra indagato: «Bastava un ok a voce»
IVREA L’episodio (tragico) rischia di scoprirsi l’effetto di una (preoccupante e pericolosa) consuetudine: l’incidente ferroviario di Brandizzo, costato la vita a cinque operai, non sarebbe stato un caso isolato, perché altre volte era capitato che i lavori sui binari iniziassero nonostante la circolazione dei treni non fosse stata ancora interrotta, in alcuni casi addirittura tra un convoglio e l’altro. L’ipotesi investigativa su cui sta lavorando la Procura di Ivrea ha trovato altri indizi e parole — insomma, conferme — dalle testimonianze raccolte ieri, quelle di un paio di ex colleghi di Kevin Laganà, la più giovane delle vittime del disastro di una settimana fa. Di fronte ai pm - È stata una giornata intensa negli uffici giudiziari diretti dal procuratore Gabriella Viglione, con magistrati e agenti della Polfer che se ne sono andati solo verso sera, ben dopo la fine delle audizioni, tale e tanta è la mole di atti e documenti da leggere e analizzare. Per quasi quattro ore, in mattinata, è stato sentito come persona informata sui fatti Antonino Laganà, fratello di Kevin e, come lui, operaio alla Sigifer, la ditta che stava eseguendo i lavori sui binari. Ai pubblici ministeri Valentina Bossi e Giulia Nicodemi, che coordinano le indagini, ha riferito e spiegato come andassero le cose nei cantieri, più di una volta. «Il video parla da solo, si è fatto auto giustizia», ha poi detto l’uomo, uscendo, riferendosi alla clip registrata da Kevin la notte dell’incidente: e nella quale si vede l’inizio dei lavori, nonostante lo stop alla circolazione ancora non ci fosse. Antonino Laganà era accompagnato dal papà, Massimo, stretto in un abbraccio, e dall’avvocato Enrico Calabrese, che tutela la famiglia. «Guadando il video ci sembra di poter desumere una certa abitudinarietà nella condotta», si è limitato a dire il legale. Riferendosi al modus operandi, appunto, di salire sui binari per dare l’avvio al cantiere prima di avere il formale nulla osta. Le procedure - Si parla di via libera «formale», perché sarebbe invece capitato che per partire bastasse l’ok, a voce, della «scorta ditta», l’uomo di Rfi sul campo: quella notte era Antonio Massa, 46 anni, indagato per disastro ferroviario e omicidio plurimo, con dolo eventuale. Una pratica che emergerebbe pure dalle prime parole agli investigatori di Andrea Girardin Gibin, 52 anni, il caposquadra della Sigifer, secondo superstite e indagato. Lui avrebbe ricevuto l’ok a voce da Massa, che poi avrebbe compilato il modulo M40, l’autorizzazione scritta per i lavori, in seguito allo stop del traffico dei treni. Un modulo da firmare. Al caposquadra sarebbe invece bastato il via libera a voce, appunto, dato da una persona — la sua versione — deputata a farlo, perché in contatto con il dirigente di movimento di Chivasso. Parole che gonfiano il sospetto di una certa consuetudine anche se, a proposito, Girardin Gibin di più non aveva detto: l’audizione fu interrotta dai magistrati, che gli formalizzarono la sua posizione di indagato. «È mia abitudine fare i processi nei tribunali — taglia corto il suo difensore, l’avvocato Massimo Mussato — e non faccio alcun commento». Anche se dal video girato da Kevin prima dell’incidente sembra chiaro a tutti che i treni passavano — «se vi dico treno, spostatevi», griderebbe Massa — con la scena avvolta nella più totale nonchalance. «Il mio assistito è molto provato e profondamente addolorato per la perdita di cinque colleghi, che erano anche suoi amici», chiude Mussato. L’avvocato - Ha un nuovo legale (di fiducia) Massa, l’avvocato Mattia Moscardini, dello studio Giovene di Roma, che ha alle spalle altri disastri ferroviari, come la strage di Viareggio. E a breve potrebbe entrare nel collegio difensivo un noto avvocato torinese. Ha parlato oltre tre ore davanti ai pm anche un altro ex lavoratore della Sigifer e cugino di Kevin: l’uomo, sempre ascoltato come persona informata sui fatti, avrebbe raccontato di altri episodi in cui le norme non sarebbero state rispettate. Casi in cui gli operai avevano imbracciato gli strumenti prima dell’orario previsto, o in attesa dell’autorizzazione. Dopodiché, gli investigatori avranno bisogno di mettere in fila nomi, date e circostanze precise, anche perché gli episodi riferiti non vedrebbero protagonista il solo Massa. «Sono emerse gravi violazioni delle procedure di sicurezza al momento dell’incidente», aveva detto due giorni dopo il disastro il procuratore Viglione. Una settimana più tardi, si rafforza l’ipotesi che quelle violazioni, se non seriali, non siano neppure così rare. Gli inquirenti proseguono nello studio dei documenti delle società — Sigifer e Rfi — prima di fare altri passi. Che, nel caso, potrebbero portare a nuovi indagati. Ci vorrà ancora tanto invece, settimane, prima del nulla osta per i funerali: anche l’altro giorno gli agenti della Polfer hanno raccolto dalle famiglie elementi per l’identificazione dei resti delle vittime. Download 07 settembre 2023 - corriere della sera.pdf |
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