ROMA Sulla carta è la soluzione più semplice: ridurre di due punti l'aliquota Irpef del 38%, quella che si applica allo scaglione di reddito tra i 28 mila e i 55 mila euro l'anno, vorrebbe dire anticipare a vantaggio del ceto medio una delle indicazioni-chiave date dalle commissioni Finanze di Camera e Senato nella loro indagine sulla riforma fiscale. E d'altra parte si tratta di un intervento relativamente semplice da attuare, che non interferirebbe con il riassetto successivo. Anche se a livello politico le carte si inizieranno a scoprire domani, alla seconda riunione del tavolo di maggioranza con la presenza del ministero dell'Economia, l'intervento sul terzo scaglione resta un'ipotesi con buone probabilità di entrare nel menu finale. I contribuenti coinvolti sarebbero poco più di 9 milioni, quelli che avendo un reddito annuale dai 28 mila euro in su sono toccati da questa aliquota. Chiaramente il beneficio si presenta crescente: minimo per chi è poco al sopra della soglia, perché il taglio di due punti si applicherebbe su poche migliaia di euro, e poi via via più sostanzioso. Così ad esempio a quota 30 mila euro la differenza positiva sull'imposta è di soli 40 euro mentre chi si trova nel mezzo avrà un vantaggio graduato in proporzione: con 40 mila euro di reddito saranno 240 quelli da versare in meno, con 50 mila 440 e così via.
Infine i contribuenti con un imponibile di 55 mila euro ne avrebbero 27 mila interessati dalla riduzione, alleggerendo così l'imposta di 540 euro. Che è poi l'ammontare massimo del risparmio, perché da questo livello in poi scatta la successiva aliquota (41 per cento) non toccata da modifiche. Dunque anche chi ha un reddito alto o molto alto si vedrà sempre ridurre l'Irpef della stessa somma.
GLI ESCLUSI L'inconveniente di questo approccio, se adottato da solo, è abbastanza chiaro: resterebbero a bocca asciutta oltre venti milioni di contribuenti, quelli che pur versando qualcosa ogni anno allo Stato non arrivano ai 28 mila euro di reddito. Per cui non viene esclusa un'altra opzione: intervenire sul secondo scaglione, che va da 15 mila a 28 mila euro con un'aliquota del 27 per cento. I contribuenti interessati sarebbero molti di più, ma inevitabilmente con benefici medi un po' più bassi. Inoltre la riduzione della seconda aliquota creerebbe un salto di progressività al passaggio a quella successiva, il che non è perfettamente in linea con gli obiettivi generali della riforma.
In queste ore si lavora però anche ad altre ipotesi. Se sarà confermata l'impostazione che prevede di destinare 6 miliardi al calo dell'Irpef e altri 2 all'Irap o comunque alla riduzione del costo del lavoro per le imprese (su un totale di 8 disponibili) allora le novità sulle aliquote potrebbero assorbire più o meno metà del plafond, mentre la restante parte sarebbe dedicata a un intervento sulle attuali detrazioni per lavoro; che nel caso dei dipendenti prendono anche la forma di bonus 100 euro (erede di quello voluto a suo tempo dal governo di Matteo Renzi). Questa scelta risponde anche alla volontà di ridurre specificamente il cuneo fiscale sugli stipendi, mentre una riduzione di aliquota tocca indistintamente tutti i contribuenti, quindi anche i pensionati e coloro che hanno un reddito da lavoro autonomo o di altro tipo. Pure in questo caso c'è però uno svantaggio: soprattutto in caso di incremento del bonus 100 euro, si andrebbe in direzione opposta a quella di semplificazione richiesta dalla riforma.
L'EMENDAMENTO Nei prossimi giorni governo e maggioranza dovranno comunque stringere, in modo da mettere poi nero su bianco l'emendamento che deve essere approvato al Senato. Intanto continua il pressing dei sindacati che con i segretari di Cgil e Cisl, Landini e Sbarra, chiedono di riservare all'Irpef tutti gli 8 miliardi disponibili, in modo da premiare sia i lavoratori dipendenti che i pensionati.