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Data: 10/10/2021
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

Strada Parco e filovia, il fronte del no: «Il Consiglio di Stato fermerà l’opera»

«Il Consiglio di Stato non mancherà di sanzionarne l’evidente insussistenza». È ancora braccio di ferro tra Comune e i comitati dei cittadini contrari all’introduzione della filovia sulla Strada Parco, tra Pescara e Montesilvano. Ai quali ora si sono aggiunti anche i Giovani democratici. Il tutto, dopo l’ordinanza del Tar, che ha sospeso i lavori in corso, rinviando ad un’udienza nell’ottobre 2022 una decisione in merito, e con i sindaci di Pescara e Montesilvano, che, oltre a Tua e Regione, hanno deciso di ricorrere in appello al Consiglio di Stato. Un giudizio di secondo grado che secondo Ivano Angiolelli, del Comitato Strada Parco Bene Comune, sarà sfavorevole per le amministrazioni ricorrenti. La dichiarata «urgenza alla ripresa dei lavori oltremodo dannosi sul paesaggio e l’ambiente, intestati al filobus fantasma, si rivelerà pretestuosa e fasulla», scrive infatti Angiolelli. Rivolto al sindaco, Carlo Masci, che venerdì dopo una riunione con i rappresentanti del Comune di Montesilvano, della Regione e di Tua, ha ribadito la volontà di appellarsi al Consiglio di Stato, Angiolelli ha aggiunto che «se fossero stati davvero urgenti, i lavori del filobus non sarebbero stati avviati ad aprile, in conformità agli annunci infondati diffusi su tutti i media. Si è ritenuto, viceversa, di preferire al filobus miracolistico i consueti parcheggi estivi che si ripetono con urgenza dal 2011, su un viale ciclo pedonale densamente alberato in grado di fornire mille posti auto ombreggiati, che l’assessore Luigi Albore Mascia ha definito «un parcheggio di servizio determinante » per la vocazione turistica della città di Pescara». Per i Giovani democratici, invece, «il centrodestra vuole distruggere l’unico corridoio verde ciclo-pedonale dell’area metropolitana Pescara-Montesilvano. Siamo sconcertati dalla miopia e dall’ostinazione delle amministrazioni regionali e comunali, che non ne vogliono sapere di rinunciare a un’opera folle e chiaramente inattuabile».


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