ROMA Scontro sul blocco dei licenziamenti con i sindacati che minacciano lo sciopero generale se lo stop non verrà prorogato per tutto il 2020. Il governo resta diviso e il braccio di ferro sull'estensione della misura varata insieme agli altri provvedimenti di sostegno alle imprese e ai lavoratori per l'emergenza Covid è ancora in corso. L'allungamento potrebbe arrivare solo per le aziende che utilizzeranno la cassa integrazione. Per tutte le altre il provvedimento, finora previsto fino al 17 agosto, povrebbe scadere invece a metà ottobre, quando terminerà anche lo stato di emergenza sanitaria. Ma la norma è ancora in discussione e si potrebbe tornare alla proroga per tutti, come chiedono con forza i sindacati.
In una bozza del decreto Agosto, si prevede che per le aziende il divieto di mandare a casa i dipendenti venga prorogato fino al 31 dicembre di quest'anno ma «le preclusioni e le sospensioni non si applicano, a partire dal 15 ottobre 2020, ai datori di lavoro che non hanno in corso sospensioni o riduzioni dell'orario di lavoro connesso all'utilizzo di ammortizzatori sociali per far fronte all'emergenza da Covid 19». Tra le eccezioni la norma prevede, oltre a cessazioni e fallimenti, anche gli accordi per esodi volontari. Ma anche questa mediazione non ha convinto. E di sicuro la minaccia dei sindacati si è fatta sentire.
«Se il Governo non prorogasse il blocco dei licenziamenti sino alla fine del 2020, si assumerebbe tutta la responsabilità del rischio di uno scontro sociale», hanno sottolineato i segretari di Cgil, Cisl e Uil Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Pierpaolo Bombardieri. I tre leader sottolineano di avere già indetto un'iniziativa per il 18 settembre, che potrebbe diventare uno sciopero generale. «Dipenderà solo dalle scelte del Governo e della Confindustria», è l'avvertimento. «È inaccettabile» la mancata proroga del blocco, ha rincarato Landini. «Credo che sia utile che il Governo si renda conto che questo è il momento della coesione sociale: non può stare assieme il fatto di dare sgravi contributivi, non fare pagare le tasse e dare poi la libertà di licenziare», ha aggiunto il capo della Cgil. «Chi pensa di anticipare quella data alla fine dello stato di emergenza dimostra di non avere cognizione delle elementari dinamiche del mercato del lavoro e di non preoccuparsi delle condizioni di centinaia di migliaia di lavoratrici e di lavoratori», sono ancora le parole dei sindacati.
Contro la proroga del blocco si schiera invece Confindustria, che invita i sindacati a «progettare insieme la ripresa» invece di invocare lo sciopero: «Se l'esecutivo intende ancora protrarre il divieto dei licenziamenti, il costo per lo Stato sarà pesante - hanno sottolineato gli industriali -. Il divieto per legge assunto in Italia, unico tra i grandi paesi avanzati, non ha più ragione di essere ora che bisogna progettare la ripresa. Esso infatti impedisce ristrutturazioni d'impresa, investimenti e di conseguenza nuova occupazione. Pietrifica l'intera economia allo stato del lockdown».
LE DIVISIONINel governo comunque la partita non è chiusa e le divisioni restano. Al Tesoro c'è chi teme che un ulteriore proroga del blocco per tutto il 2020 possa poi provocare all'inizio dell'anno prossimo una ondata di centinaia di migliaia di licenziamenti. Oltre a scoraggiare nuove assunzioni, visto che poi sarebbe impossibile mandare via i nuovi arrivati. A favore dello stop lungo invece il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, che ha garantito la misura ai sindacati, e i 5 stelle. Ma anche il Pd e Leu, mentre Italia Viva punta alla scadenza breve. «Proprio perché siamo di fronte ai primi segnali di ripresa e alla previsione di crescita del Pil nel primo trimestre del 2021, dobbiamo aiutare le imprese a salvare l'occupazione», ha spiegato Marco Miccoli, responsabile Lavoro dem. «Nei giorni scorsi molti esponenti del governo sono stati chiari - ha proseguito -: blocco dei licenziamenti e cassa integrazione fino al 31 dicembre. Incertezze e misure parziali creerebbero solo preoccupazione e produrrebbero tensioni inutili».