Tre a tre, quattro a due, cinque a uno: la sfida delle elezioni regionali è ormai ridotta alla stregua di una partita di pallone tra squadre molto prolifiche. È indubbio che le tornate elettorali nascondano in realtà scenari articolati e complessi, ma è altrettanto evidente che, a maggior ragione quest'anno, le elezioni abbiano una valenza particolare per il destino dei partiti e del governo. E, a due settimane dal voto, nell'ultimo giorno prima del blackout, l'esito non è affatto scontato.
Le regionali non sono semplici elezioni locali, e chi ha provato a liquidarle così spesso ne è rimasto scottato. Nel 2000, l'allora Presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, si dimise dopo la sconfitta della sua coalizione contro il centrodestra. Nel 2005, dopo il famoso 12 a 2 con cui il centrosinistra vinse la tornata regionale, Silvio Berlusconi salì al Colle per annunciare la fine del suo governo e la nascita di un nuovo esecutivo. Cinque anni fa, proprio in occasione delle regionali iniziò a scricchiolare il nuovo corso renziano, che solo dodici mesi prima aveva portato il Pd a superare il 40%, mentre nel 2015 si arenò a sorpresa contro il centrodestra in Liguria, rischiando la sconfitta anche nella rossa Umbria.
I MATCH APERTI Quest'anno, le intenzioni di voto che emergono dai sondaggi pubblicati nelle ultime settimane mostrano una partita complessivamente aperta in un paio di regioni, che si riveleranno decisive nel determinare il risultato finale del pallottoliere.
Partiamo dal Nord Italia, dove, oltre alla Val d'Aosta, vanno al voto Veneto e Liguria. Entrambe, seppur in modo diverso, sembrano elezioni senza storia. In entrambi i casi, il centrodestra si avvia a una vittoria netta, confermando due Presidenti uscenti apprezzati. In Veneto, il leghista Zaia è vicino probabilmente alla più grande vittoria nella storia delle elezioni regionali italiane: la media dei sondaggi pubblicati elaborata da YouTrend lo vede al 73,9%, mentre il principale competitor, il vicesindaco di Padova Lorenzoni, si fermerebbe al 17,8%. Un risultato che lascia poco spazio alle interpretazioni, e potrebbe lanciare il governatore veneto sul piano nazionale.
LABORATORIO L'esito del voto in Liguria, pur con proporzioni minori, sembra egualmente già scritto: i sondaggi pubblicati danno mediamente Toti al 57%, mentre il suo avversario, Ferruccio Sansa, non andrebbe oltre il 36,6%. È, questa, una competizione simbolica, visto che Pd e 5Stelle hanno chiuso un accordo di alleanza soltanto in questa regione. Un accordo che sembrerebbe ripetere l'esito umbro: una sconfitta pesante per entrambi, e per le prospettive di alleanza organica.
Nel Centro Italia si vota in due regioni tradizionalmente rosse, le Marche e la Toscana: entrambe da sempre governate dal centrosinistra, che non ha ricandidato i presidenti uscenti. E proprio queste due regioni hanno costituito le grandi sorprese dei sondaggi di questi mesi. Nelle Marche, il centrodestra si prepara a festeggiare una vittoria storica, con un vantaggio medio di Acquaroli, sempre secondo i sondaggi finora pubblicati, di oltre dieci punti sullo sfidante dem, Mangialardi. In Toscana, invece, il centrosinistra si conferma avanti con Eugenio Giani, ma Susanna Ceccardi, europarlamentare della Lega, ha colmato una parte dello svantaggio e ora sogna la vittoria a sorpresa. Secondo i sondaggi, Ceccardi continua a inseguire, ma a poco più di due punti di distacco: 43,7% a 41,5%.
I BIG CI RIPROVANO Nel Mezzogiorno, il centrosinistra schiera i governatori uscenti, Vincenzo De Luca in Campania e Michele Emiliano in Puglia, sostenuti da un numero significativo di liste, ma i due si trovano al momento in una situazione differente. De Luca non sembra avere rivali: Caldoro e Ciarambino, gli stessi sfidanti del Presidente di cinque anni fa, sono ben staccati. De Luca è al 51%, Caldoro sostenuto dal centrodestra al 32,2%, mentre la pentastellata Ciarambino si ferma al 12,9%. Con questi dati, la Campania diventerebbe la regione più rossa d'Italia, anche se questi risultati sembrerebbero riflettere un importante consenso del presidente uscente più che una precisa scelta di campo politica. La Puglia, invece, al momento sembra la vera regione in bilico: Fitto ed Emiliano sono testa a testa in una partita all'ultimo voto. Fitto, esponente di Fratelli d'Italia, al momento arriverebbe al 41,2%, davanti al Presidente uscente, al 38,4%. Emiliano, dal canto suo, conta molto sulle forze delle ben quindici liste che lo sostengono, e punterà a erodere il consenso dei partner governativi, i 5 Stelle, che candidano Antonella Laricchia. Alla candidata del MoVimento è attribuito un 14,8% dei voti: un bacino interessante e il dato più alto tra le varie regioni per i 5 Stelle, che rischiano di uscire da queste regionali ulteriormente indeboliti. Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli Esteri sostenuto da Italia Viva, Azione e +Europa, sarebbe al 3,3%.
BIPOLARISMO Dunque, la sfida è tra centrodestra e centrosinistra, in quello che potrebbe sembrare un ritorno al bipolarismo. Se si votasse oggi, la media dei sondaggi assegnerebbe al centrodestra una vittoria per quattro a due. Ma ci sono diverse partite in bilico: il centrosinistra spera nel pareggio, e punta sulla conferma di Emiliano, il cui distacco da Fitto è limitato, mentre il centrodestra sogna la Toscana, dove la Ceccardi sembra intenzionata a giocare fino in fondo la partita.
Nel frattempo, l'intero Paese si prepara a un voto sul referendum per tagliare il numero dei parlamentari. In questo caso, l'Italia sembra meno divisa e la partita è sicuramente meno aperta: il dato medio dei sondaggi, al netto di una larga fetta di astenuti e ancora indecisi, vede infatti i sì oltre il 77%. Un tema molto rilevante, visti i rapporti di forza sbilanciati verso il sì, sarà capire quanti andranno a votare: un'affluenza alta legittimerebbe ulteriormente il risultato, una bassa consegnerebbe ai 5Stelle, per i quali si tratta di una battaglia decisiva e simbolica, una vittoria a metà.