Data: 30/03/2020
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO |
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Reddito di emergenza, fondi fino a 10 miliardi Il nodo del lavoro nero. Boccia: «Con l'autonomia differenziata per il Nord sarebbe stato un disastro»
ROMA Un bonus da 1.600 euro spalmato su due mensilità (aprile e maggio) per sostenere i lavoratori privi di ammortizzatori sociali e reddito. Sostegno anche a chi percepisce compensi in nero ed è, a causa della crisi, in serie difficoltà economiche. Una platea fino a tre milioni di persone - che arriva a 6 milioni comprendendo anche autonomi, partite Iva, agricoltori, protetti già da marzo - e che si prepara a dividersi i 10 miliardi che il governo sta pensando di mettere sul piatto per finanziare il Rem, acronimo del Reddito di emergenza, invocato in queste ore dai 5 Stelle e da molti sindaci del Sud. Ma al Tesoro non tutti sono d'accordo, sopratutto sulle stime dei lavoratori in nero. Troppi per la Ragioneria i tre milioni stimati e troppo elevati i costi per legittimare chi non è in regola.
LE RAGIONI «La situazione è esplosiva ragiona una fonte del ministero dell'Economia e dobbiamo dare una risposta ai bisogni primari degli italiani che non dispongono di alcun paracadute socio-economico». Per i dipendenti c'è la cassa integrazione, per gli autonomi il Fondo di 600 euro (che potrebbe salire fino a quota 800), ma per i precari, chi è finito nelle secche della crisi, nulla. In taluni casi c'è il Naspi, ma si tratta di una misura giudicata insufficiente considerata la gravità della situazione che il Paese sta vivendo. L'ipotesi che si sta facendo strada con forza, tra l'altro, è quella di estendere il Rem anche ai commercianti che hanno chiuso bottega, o che non la riapriranno più a causa del Coronavirus. Si parla di centinaia di migliaia di attività, magari già in bilico, alle quali il virus ha dato il colpo definitivo. «Dobbiamo guardare anche a loro» spiegano dal dicastero di Via XX Settembre. All'interno del quale si ragiona sul meccanismo attraverso il quale erogare i soldi. E' fuori strada, secondo quanto filtra, la creazione di una sessione apposita all'interno del Reddito di cittadinanza. L'idea sarebbe quella di utilizzare il canale dell'Inps. Ovviamente semplificando le pratiche. Per accedere al Reddito di emergenza dovrebbe bastare una semplice autocertificazione di non avere altri mezzi di sussistenza. I controlli ci sarebbero solo in seguito. L'Inps, insieme all'Agenzia delle Entrate, comunque sarebbe in grado di incrociare nelle sue banche dati se i richiedenti già ricevono altri sussidi o pensioni a carico dello Stato. Difficile, evidentemente, tracciare chi è in nero o si trova comunque ai margini. CONTO CORRENTE L'ipotesi più probabile è di accreditare i soldi direttamente sui conti dei beneficiari, ma il pagamento potrebbe avvenire anche tramite la carta del reddito di cittadinanza, anche per limitare gli acquisti ai beni alimentari e di prima necessità. Tra i beneficiari certi figurerebbe chiunque avesse un qualche reddito lo scorso anno e adesso lo ha perso, si tratti sia di Naspi, di pensione, di cassa integrazione o di uno stipendio. Ma per non tagliare fuori chi ha lavorato in nero, magari sotto ricatto del suo datore i vincoli potrebbero essere ulteriormente allargate. Potrebbero cadere persino alcuni requisiti patrimoniali, come quello delle seconde case o dei 6 mila euro di deposito sul conto corrente. Nel dettaglio, il Rem sarà indirizzato, oltre che ai commercianti, anche a badanti, babysitter, colf e agli stagionali come bagnini, camerieri, addetti alle pulizie e animatori turistici, che non rientrano per varie ragioni sotto altre tutele. Ovviamente il sussidio cercherà di aiutare anche i fast job: i contrattisti a giorni, settimane e qualche mese. Chi lavora al progetto spiega che il sussidio, che dunque dovrebbe toccare circa 800 euro, sarà messo all'altezza di quello che spetta ai lavoratori autonomi in forza dell'articolo 44 del decreto Cura Italia che permette di erogare un reddito «di ultima istanza» per redditi entro 50 mila euro e per chi ha avuto un calo di fatturato del 33% nella crisi attuale. Il Rem, come ricordato, è atteso con grande ansia dai sindaci meridionali. Tra le ipotesi anche quella di pagare direttamente le bollette o gli affitti a chi è in difficoltà. I 5 Stelle, che hanno lanciato per primi l'idea, premono per far partire i Rem immediatamente, prima di Pasqua, mentre il Pd è molto più cauto. Boccia: «Con l'autonomia differenziata per il Nord sarebbe stato un disastro»
ROMA Francesco Boccia, ministro agli Affari regionali, ha atteso giorni e settimane di emergenza drammatica. Adesso, punzecchiato spesso dai governatori del Nord, si toglie il classico sassolino (meglio, un macigno) dalle scarpe: se l'autonomia differenziata invocata negli ultimi mesi da Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna fosse cosa fatta, per quelle Regioni sarebbe un disastro: come dimostra il tracollo della sanità lombarda, senza l'aiuto dello Stato il Nord avrebbe vissuto una situazione ancora più insostenibile di quella che è costretto a vivere sotto i colpi dell'epidemia. «Se l'autonomia è sussidiarietà è un conto, se l'autonomia è fare da soli perché si pensa di fare meglio la risposta è no perché crolli. Nessuna Regione ce l'avrebbe fatta da sola, sarebbero crollate tutte», dichiara Boccia in una intervista a Maria Latella su Sky TG24. Riguardo poi alle polemiche sulla fornitura di mascherine e ventilatori, il ministro dem sottolinea: l'organizzazione della Sanità è regionale, «ma se non ci fosse lo Stato non ci sarebbe quasi nulla se non le cose che erano nei depositi, anche abbastanza modesti e piccoli sui territori». NESSUN PREGIUDIZIO Un'analisi impietosa. Fatta da chi, come Boccia, non si è sottratto davanti alla riforma dell'autonomia differenziata. Dunque, da un ministro non pregiudizialmente ostile. Anzi. Ma gli atroci bollettini dell'epidemia, le migliaia di morti e di contagiati in corsie miste, hanno dimostrato che un modello che passava come super-efficiente come quello lombardo, efficiente non era. Soprattutto, è stato provato che quando scatta un'emergenza di tale portata, è sempre meglio per la collettività l'ombrello del governo nazionale, piuttosto che il paracadute (bucato) dei governatori. Di più, la gestione dell'emergenza sanitaria dimostra che se fosse già in vigore l'autonomia differenziata, oggi sarebbe più difficile prestare soccorso alle Regioni in difficoltà. Siano queste del Nord, del Centro o del Sud. Le parole di Boccia, che trovano la sponda autorevole del sindaco di Milano Beppe Sala («la sanità lombarda ha perso la capacità di tenuta sul territorio del tessuto socio sanitario. E in questo momento è un grave limite»), innescano la reazione adirata dei governatori leghisti. «Sono avventate e inopportune», tuona il lombardo Attilio Fontana, «cosa sarebbe successo se le Regioni non avessero fatto fronte alla emergenza anche nella fase della sottovalutazione del rischio che ha attanagliato il governo per giorni e giorni?». E aggiunge il presidente veneto Luca Zaia: «Sentirsi dire che se non ci fosse stato lo Stato, saremmo tutti a cartoni decisamente no. Spero che quello del ministro sia stato uno scivolone o un'uscita infelice». Alla protesta si unisce il governatore friulano Massimiliano Fedriga: «Il governo non alimenti le contrapposizioni e la smetta di provocare. Ricordo infatti che, proprio grazie all'impegno di queste ultime e alle risorse da esse stanziate, sono state potenziate in modo consistente le misure di contenimento del coronavirus». La controreplica di Boccia non tarda: «Dire che in questa fase di emergenza nessuno ce la fa da solo non è una critica alle Regioni ma è semplice realismo. Lo ribadisco, nessuno ce la fa da solo. Nemmeno noi». Anche il fronte dei Comuni è caldo. I sindaci si spaccano sui 400 milioni stanziati dal governo per i buoni spesa e il soccorso alimentare in primis per i lavoratori in nero. Virginia Raggi e Dario Nardella, primo cittadino di Firenze, ringraziano il governo. Ma altri, come il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, chiedono il reddito di quarantena fino a fine emergenza. E poi c'è chi come il presidente di Anci Veneto e i sindaci leghisti della Lombardia definiscono la misura varata dall'esecutivo come elemosina o come una presa in giro - o un'autentica carognata, per dirla con il primo cittadino di Lamezia Terme. IL MEF RASSICURA Al ministero dell'Economia parlano di «polemiche fuori luogo». E spiegano: «L'anticipo di 2 mesi del trasferimento dei 4,3 miliardi del fondo annuale di solidarietà comunale assicura ai Comuni la liquidità per far fronte alle esigenze operative indispensabili, la contestuale erogazione di 400 milioni aggiuntivi sarà spesa dai Comuni, già nei prossimi giorni, per assicurare tempestivamente ai cittadini più bisognosi e più colpiti dall'emergenza l'accesso ai beni di prima necessità come cibo e prodotti sanitari». |
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