ROMA Sulle pensioni si tratta, il ritorno alla legge Fornero sarà «graduale». Lo schema per superare quota 100 battezzato martedì dal Consiglio dei ministri, in modo da passare a quota 102 il prossimo anno e a 104 nel 2023, non è insomma scolpito sulla pietra. La conferma arriva dalle parole pronunciate da Mario Draghi a conclusione del vertice europeo a Bruxelles: «Ho sempre detto che non condivido quota 100 e non verrà rinnovata. Ma ora occorre assicurare una gradualità nel passaggio a quella che era la normalità». E per «normalità» il premier intende la pensione di vecchiaia a 67 anni come stabilito dalla legge Fornero. La parola chiave, però, è «gradualità» per scongiurare un mega-scalone. Non a caso, Draghi poco dopo insiste: «Bisogna essere graduali nell'applicazione delle nuove norme». Ciò significa che il presidente del Consiglio e il ministro dell'Economia Daniele Franco sono pronti a mediare, in vista del varo la prossima settimana della legge di bilancio. Ma sbarrano la strada, a dispetto delle richieste di Matteo Salvini, a qualsiasi ipotesi di rinnovo di quota 100. Proprio ieri, il governo ha incassato un giudizio positivo dell'agenzia di Standard & Poor's che ha confermato il rating sul nostro debito alzando l'outlook da stabile a positivo. Già nelle ultime ore, in una trattativa sotterranea tra palazzo Chigi, il Mef e gli sherpa dei partiti di maggioranza, lo schema di 102 e 104 è stato ritoccato. «Per rendere più graduale il superamento di quota 100», spiega una fonte di governo, «ci si sta orientando a compiere un passaggio su tre anni, passando a 102 nel 2022, a 103 nel 2023 e a 104 nel 2024, in modo di ammorbidire l'impatto dell'intervento. E quanto ha detto il presidente Draghi conferma che si va in questa direzione. Al momento si tratta, non siamo ancora all'intesa, ma il confronto procede. Qualche concessione verrà fatta per permettere un'uscita più graduale e morbida da quota 100». E si cerca un miliardo in più per centrare l'obiettivo.
La Lega, che martedì in Consiglio dei ministri ha fatto mettere a verbale la sua «riserva politica», non vuol sentir parlare di quote 102, 103 e 104: «Per noi sono inaccettabili, significherebbe tornare di fatto alla legge Fornero», dice Claudio Durigon. Il plenipotenziario di Salvini nella trattativa su questo dossier illustra la controproposta leghista: «Stiamo puntando su quota 102 nel 2022 e 2023, oltre a mantenere delle finestre di uscita limitate ad alcuni settori e alcune tipologie di lavoratori. Dopo di che sarà il nuovo governo a stabilire cosa fare».
Secondo Durigon questo intervento «ragionevole» costerebbe «non più di 1,8 miliardi in tre anni», per un «totale di circa 90mila persone interessate». Cifra che a regime scenderebbe a «1,3-1,5 miliardi». E dovrebbe essere accompagnato da un'estensione alle piccole imprese, sotto i 15 dipendenti, dei contratti di espansione che consentono il prepensionamento fino a 7 anni: per ora questi contratti sono limitati alle aziende sopra i 100 dipendenti, ma il governo è orientato a far scendere il limite a 50 dipendenti.
IL NO A 102 PIÙ 102 Lo schema proposto dalla Lega però è gradito né a Draghi, né a Franco. «Proporre 102 e 102 nei prossimi due anni non è sensato, alla fine ci sarebbe un'altra volta lo scalone», dice una alta fonte di governo, «sembra una mossa astuta per limitare l'impatto del superamento di quota 100 e a fine 2023 dire: Attenti, c'è un altro scalone, serve un altro intervento. Così non può andare bene. A 102 e 102 si dovrà rispondere con un no». E Salvini deve aver capito l'aria che tira, se in serata dichiara: «Non mi interessano le etichette, con Draghi troveremo una soluzione positiva».
C'è da dire che anche i sindacati invocano «gradualità». Criticano lo schema di 102 e 104 parlando di «proposte irricevibili». E chiedono «forme di flessibilità in uscita a partire da 62 anni», soprattutto per i lavori «gravosi». Il ministro del Lavoro, il dem Andrea Orlando, non chiude: «Il governo ha detto che si va oltre quota 100 e si cerca di superare le sue distorsioni. C'è tutta la volontà per rendere più graduale l'uscita».
Intanto Draghi rassicura sull'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): «È in arrivo un decreto per rimuovere alcuni impedimenti». In ogni caso, ha assicurato il premier, «per parte nostra non abbiamo nessun ritardo nel Pnrr, abbiamo sempre rispettato gli appuntamenti, intendiamo continuare a farlo e i nostri partner europei sono molto contenti di come è stato fatto il lavoro e non registro nessuna preoccupazione. Ora dobbiamo andare avanti con convinzione. Si deve lavorare».