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Data: 07/02/2020
Testata Giornalistica: IL CENTRO
    IL CENTRO

Porti, cresce l'occupazione Solo Pescara è in flessione L'Autorità dell'Adriatico centrale presenta i dati 2018: 919 addetti totali (+ 1,7%) Tra gli scali abruzzesi cresce Ortona (+ 3,8%). Giampieri: occasione per i giovani

ANCONA Un sistema di 424 imprese con 9.016 occupati nel 2018, e una crescita complessiva del +1,7% rispetto agli 8.861 addetti del 2017. È questa la foto dell'Autorità portuale di Ancona (oggi Autorità di sistema portuale dell'Adriatico centrale) nella prima grande analisi condotta sulla forza lavoro da quando la riforma Delrio ha cambiato nel 2016 la geografia delle autorità portuali italiane, inglobando nel sistema dell'Adriatico centrale i porti abruzzesi di Pescara e Ortona. La ricerca è stata condotta dalle società Questlab e Quantitas di Venezia e presentata ad Ancona nella sede dell'Autorità.

LA PARTE ABRUZZESE. La fetta abruzzese della torta, in realtà, è la più piccola e la più periferica e in difficoltà. Se nello scalo di Ancona-Falconara Marittima lavorano il 74,4% del totale degli addetti, in quello di Pesaro l'8,2%, a San Benedetto del Tronto il 5,9%, a Ortona sono solo il 7,7% (619 addetti, con una crescita del 3,8%), e a Pescara appena il 3,9%: 311, in flessione del 6.6% rispetto ai 333 del 2017.Un segno di estrema difficoltà che riguarda anche Ortona, nonostante i numeri in crescita e l'annuncio, lo scorso novembre, di un Piano triennale per quasi 45 milioni di euro di investimenti, al momento quasi tutto sulla carta.

L'IMPATTO SUL LAVORO. Tornando allo studio, l'obiettivo dell'approfondimento è quello di valutare l'impatto e la tipologia del lavoro nei sei porti di competenza dell'Autorità di sistema portuale: Pesaro, Ancona, Falconara Marittima, San Benedetto del Tronto, Pescara e Ortona.Spiega Rodolfo Giampieri, presidente dell'Autorità: «Nei nostri porti ogni giorno entrano a lavorare più di 9 mila persone. Del totale, ben 6.528 sono occupate nel porto di Ancona che, come confermano i dati di questa ricerca, ha la valenza di uno scalo multiporpose, con settori tutti produttivi, nautica e turistica da diporto, agenzie marittime, spedizioniere, portuali e terminaliste, attività industriali e commerciali, pubblici esercizi, tecnico nautici, pesca, in cui questo momento brilla la cantieristica». Per Giampieri quello della portualità è «un mondo che si sta sempre più trasformando, aumentando la professionalità e abbracciando nuove tecnologie e metodologie che riguardano anche la sostenibilità ambientale. Questa analisi, inoltre, vuole porre le basi per un approfondimento dei fabbisogni formativi delle imprese che sono il vero motore del porto, assieme a maestranze sempre più qualificate. Il nostro compito è cercare di facilitare in tutti i modi il loro lavoro affinché si continui a creare occupazione».

FORMAZIONE. Ne è convinto Matteo Paroli, segretario generale Autorità di sistema portuale del mare Adriatico centrale: «Il 65 per cento dei giovani, che oggi frequenta la scuola dell'obbligo, non sa che lavoro farà in futuro. Crediamo che, come portualità, sia importante far capire quali sono gli orizzonti formativi e di occupazione che si aprono per loro in questo mondo. La ricerca, che abbiamo voluto in maniera così approfondita come prima Autorità di sistema portuale, oltre a quanto previsto dalla legge, ha proprio lo scopo di comprendere la grande evoluzione dei settori portuali e indirizzare le future scelte di formazione sulla base delle esigenze del cluster marittimo. Un'analisi da cui sono emersi indicazioni molto interessanti, che intendiamo approfondire rispetto a questa prima fase iniziale perché conoscere dove il mondo del porto significa offrire ai nostri figli una formazione al passo con i tempi». E di grande aiuto per i territori, come spiega Gianluca Gregori, rettore Università Politecnica delle Marche: «Dai numeri della ricerca si può partire per definire nuove strategie di sviluppo per le comunità», dice.

SPENDING REVIEW. Uno sviluppo, però, che ha bisogno di investimenti e non di tagli. Come ha precisato ieri il presidente di Assoporti Daniele Rossi (presidente anche dell'Autorità portuale che gestisce il porto di Ravenna), al termine della riunione della conferenza dei presidenti dei porti con il ministro dei Trasporti Paola De Micheli. Commentando la normativa sulla spending review, prevista nell'ultima legge di bilancio, secondo cui le authority non potranno affrontare spese per acquisto di beni e servizi per un importo superiore alla media di quanto speso nel triennio 2016, 2017 e 2018, Rossi ha detto che «non è applicabile alle Autorità di sistema portuale. Ma anche ammesso che lo fosse», ha aggiunto, «deve essere interpretata in modo corretto, altrimenti per alcune autorità potrebbe portare veramente alla paralisi dello scalo». Secondo Rossi, applicando la spending review, ci sarebbero Autorità di sistema portuale che vedrebbero dimezzata la loro capacità di spesa anche sui servizi essenziali, quindi non c'è dubbio che la norma deve essere letta con molta attenzione».


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