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Data: 06/11/2022
Testata Giornalistica: CORRIERE DELLA SERA
    CORRIERE DELLA SERA

Pensioni, come sarà «Quota 41» con limite di età: i calcoli e le simulazioni

La riforma delle pensioni ruoterà intorno al numero 41: sono gli anni di contributi matura sufficienti a lasciare il proprio lavoro, indipendentemente dall’età anagrafica. Non da subito, però. La prima versione della cosiddetta «Quota 41» sarà calmierata, sarà quindi necessario aver compiuto un certo numero di anni. Su quanti, con esattezza, il governo sta ancora lavorando. L’opzione migliore sul tavolo è fissare la soglia a 61 anni, ma la forbice si spinge fino a 63. Il provvedimento sulle pensioni ha una certa urgenza, per evitare lo “scalone” che si creerebbe con il ritorno della legge Fornero, che prevede il pensionamento a 67 di età. E, come ha ribadito anche la ministra del Lavoro, Marina Calderone, dovrà essere una riforma «strutturale» e scritta bene per evitare di emanare nel corso del prossimo anno una serie di decreti “tappabuchi”. Per questo motivo, l’esecutivo ha chiesto l’intervento dell’Inps con calcoli precisi e simulazioni per avere un’idea anche del costo della misura. Leggi anche:Pensioni, si lascerà il lavoro con «Quota 41»: l’idea del governo per evitare la Fornero.

Il ritorno di Opzione donna e Ape sociale

Due delle misure varate dal governo Draghi e in scadenza entro la fine del 2022 saranno, invece, riconfermate con la prossima legge di Stabilità. Si tratta di Opzione donna e Ape sociale.
La prima consente alle lavoratrici di conseguire il pensionamento a 58 anni di età se hanno maturato almeno 35 anni di contributi, ma a patto che accettino un ricalcolo contributivo dell’assegno previdenziale. Ciò significa ricevere una pensione più bassa di una quota compresa tra il 20 e il 25%.
La seconda, invece, prevede l’attribuzione di un assegno ulteriore rispetto alla pensione per coloro che hanno compiuto 63 anni, ne hanno 30 o 35 di contributi e hanno un impiego ritenuto appartenente alla categoria delle attività gravose.

Premio per chi rinvia l’uscita

Si ipotizza che nella prima manovra del governo Meloni rientri anche una sorta di premio per chi rinvia l’uscita dal lavoro dopo i 63 anni: sarà rivolto soprattutto alle professioni nel settore pubblico, per evitare nuove fughe e in modo particolare ai medici. La busta paga sarà più pesante di circa un terzo dell’importo iniziale.
La ministra Calderone ha confermato di aver avviato con le parti sociali «un percorso di lavoro che non si esaurisce con la finanziaria, ma un percorso di legislatura. I temi sono tanti, verranno affrontati con costanza e pragmaticità».

La soglia di età

Per quanto riguarda questa ultima misura, non è ancora certo il “limite” dei 63 anni per poter beneficiare del premio. Il governo dovrà guardare alle singole categorie di lavoratori per stabilire una soglia effettiva che rappresenti i requisiti minimi previsti per l’accesso alla pensione. In ambito sanitario, infatti, c’è una platea di medici che attualmente può optare per il pensionamento a 62 anni d’età e 35 di contribuzione oppure con 42 anni di versamenti (riscatti inclusi) a prescindere dall’età anagrafica.

I sindacati

Il presidente della Cgil, Maurizio Landini, ha commentato il primo incontro con la nuova ministra del Lavoro, Marina Calderone, affermando che si è tratta di un’occasione «per conoscerci. Per esprimere un giudizio complessivo, verificheremo la legge di bilancio». Paolo Bombardieri, numeri uno della Uil, ha invece ricordato che «ci sono alcune emergenze da affrontare, come recuperare il potere d’acquisto, prevedere la detassazione degli aumenti contrattuali e delle tredicesime, dare risposte immediate sulle pensioni e sulla sicurezza sul lavoro». Nel caso specifico della riforma previdenziale, invece, il presidente della Ugl, Paolo Capone, ha aggiunto che «urge prorogare Ape sociale, Opzione donna e Quota 102, a cui dovrebbero aggiungersi Quota 41 per la sola anzianità contributiva».

 


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