Data: 02/10/2019
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO |
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Mini-taglio del cuneo: si partirà con 40 euro ma solo da metà 2020. Intervento progressivo, tra i beneficiari anche gli “incapienti” con basso reddito. E l’importo massimo non supererà quello assegnato con il bonus di Renzi
ROMA Cinquecento euro in più al mese il prossimo anno, che diventeranno mille a regime a partire dal 2021. Il saldo finale dell'operazione cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti lo ha annunciato direttamente il segretario del Pd Nicola Zingaretti; non sorprendentemente, visto che la riduzione delle tasse sul lavoro è la misura-simbolo che dovrebbe caratterizzare e marchiare l'ingresso dei democratici nel governo Conte-bis. Rispetto alle discussioni della vigilia, il provvedimento ha preso decisamente la forma di un intervento a vantaggio della busta paga del lavoratore, mentre sembra sfumata l'ipotesi di una limatura dei contributi a carico delle imprese. Ma il nodo delle risorse finanziarie disponibile condizionerà probabilmente la genesi di questo intervento e la sua capacità di incidere sulla realtà del mondo produttivo, una volta che sarà entrato in vigore. Nella Nota di aggiornamento al Def viene indicata una dotazione pari a circa 2,5 miliardi nel 2020 e di 5, il doppio, l'anno successivo. Cosa farà il governo con questi soldi? L'idea a cui si lavora è istituire una super-detrazione sul lavoro dipendente, che si affianchi - eventualmente assorbendolo - al bonus 80 euro.
Una delle novità più importanti dovrebbe essere l'estensione del beneficio alla platea dei cosiddetti incapient: ovvero coloro che mettendo insieme un reddito da lavoro dipendente non superiore agli 8.200 euro l'anno circa non versano Irpef e dunque sono attualmente esclusi anche da qualsiasi forma di sgravio o bonus.Per loro ci dovrebbe essere un assegno crescente, che non scoraggi la ricerca del lavoro. UNICA SOLUZIONE Il progetto originario messo a punto dal Pd prevedeva però un importo massimo di 1.500 euro l'anno, sotto forma di detrazione; c'era anche l'ipotesi di erogarlo ogni dodici mesi in un'unica soluzione, per massimizzare l'effetto psicologico e con esso la spinta ai consumi. Questa somma sarebbe stata superiore ai 960 euro anni del bonus introdotto dall'allora presidente del Consiglio Renzi a beneficio di poco meno di dieci milioni di lavoratori: quindi chi lo percepiva avrebbe avuto comunque - con questo schema - un vantaggio. Con solo 1.000 euro a disposizione (e 500 il primo anno) resta invece da definire esattamente l'incrocio tra il vecchio e il nuovo strumento: è possibile che inizialmente il bonus 80 euro sia lasciato nella sua attuale configurazione e la fusione avvenga in una fase successiva. L'altro nodo da sciogliere riguarda il decalage della nuova detrazione, ovvero la sua progressiva riduzione al crescere del reddito. Questo è stato negli ultimi anni un tema delicato per il bonus 80 euro, il cui importo decresce in modo brusco per poi azzerarsi a 26.600 euro: molti contribuenti si sono trovati a dover restituire la somma già percepita con la retribuzione, avendo superato a posteriori la soglia prevista. Ora si punta ad un tetto posto più in alto, intorno ai 35 mila euro l'anno, con una discesa più graduale. LA MESSA A PUNTO In realtà molte decisioni sono ancora da prendere. La messa a punto del taglio del cuneo avverrà probabilmente nel testo della legge di bilancio, ma la riforma di questa materia è citata anche nell'elenco dei provvedimenti collegati, per cui l'intervento potrebbe avvenire in varie fasi. E resta da capire anche se la nuova misura verrà introdotta in una fase avanzata dell'anno, così da risparmiare risorse, oppure se la progressione dell'impegno finanziario passerà solo per il raddoppio degli importi. La Nota di aggiornamento al Def inserisce il taglio del cuneo fiscale tra le misure che nei prossimi anni saranno in grado di spingere la crescita del Pil: più precisamente viene ipotizzato un contributo positivo pari allo 0,1 per cento per ciascuno dei tre anni, dal 2020 al 2022. Il singolo intervento che ha il maggiore impatto sulla crescita (0,3 per cento il primo anno) è la sterilizzazione degli aumenti Iva, che sulla carta, se confermata, avrebbe causato una compressione dei consumi. Va però detto che la scelta di disinnescare le clausole era in larga parte scontata e dunque quei tre decimi di punto in più sono essenzialmente un esercizio teorico. |
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