ROMA Giuseppe Conte chiede tempo. Qualche giorno di «tranquillità» per preparare la manovra economica. Il messaggio, insomma, è il più classico dei lasciateci lavorare. La verità è che di tempo ce n'è poco. Entro il 15 ottobre il governo dovrà consegnare all'Europa il «Budgetary plan», lo schema della legge di bilancio. Per Bruxelles la Nota di aggiornamento del Def approvata dal governo lunedì scorso è poco più di un documento interno dell'Italia. Dunque c'è tempo fino al 15 di questo mese per trovare i 5 miliardi di euro che ancora mancano per completare la manovra di bilancio. Il rischio, come sa bene il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, è che ogni misura che da qui a quella data verrà fuori dal Tesoro, rischia di essere impallinata. Esattamente come è avvenuto alle «rimodulazioni» delle aliquote Iva saltate per il veto di Matteo Renzi e Luigi Di Maio. Così come è avvenuto per i ticket sanitari legati al reddito, che ieri lo stesso Conte ha rimesso nel cassetto dopo gli annunci del ministro della salute Roberto Speranza. La cautela, dunque, regna sovrana. Ma il lavoro tecnico prosegue. In quale direzione? Soprattutto quella del taglio delle detrazioni e delle agevolazioni fiscali. Al momento il conto più pesante sembrano destinato a pagarlo i 17 milioni di automobilisti che possiedono una macchina alimentata a diesel. Quelle sul gasolio sono una delle agevolazioni destinate a cadere sotto la scure della revisione degli sconti fiscali. Ogni centesimo di accisa in più, si tradurrebbe in un incremento el gettito per lo Stato di 200 milioni di euro. Basterebbe ridurre di 5 centesimi le agevolazioni per ottenere un miliardo di euro. L'unica controindicazione è che il prezzo del carburante alla pompa salirebbe della stessa misura. Ma, al momento, questo sacrificio viene considerato sostenibile anche politicamente, soprattutto se la misura sarà legata alla transizione energetica sposata dal governo. Dai rincari del gasolio si salverebbero invece gli agricoltori e i trasportatori, per i quali verrebbero invece confermate le agevolazioni in essere. Il secondo capitolo riguarda invece le detrazioni fiscali al 19%, come le spese sanitarie. La direzione di marcia, nonostante la frenata di Conte, è sempre la stessa, quella dello sconto fiscale legato al reddito: più si guadagna minore sarà la detrazione fino ad azzerarla oltre una certa soglia di reddito (200-300 mila euro). Non sarebbe comunque una misura indolore. Inevitabilmente si tradurrebbe in aumenti di tasse per qualcuno. Nel mirino ci sono poi le agevolazioni sulle ristrutturazioni edilizie e l'ecobonus. Misure che verranno confermate nella legge di bilancio, ma che verrebbero, come nell'ipotesi delle spese sanitarie, graduate in base al reddito. In questo caso il rebus di fronte al quale si trova il governo è un altro. Tagliare questo tipo di agevolazioni sui redditi medio alti solo per il futuro, porta poco gettito. Per ottenere di più bisognerebbe agire anche sul passato, ossia su chi ha effettuato i lavori o ha comprato una caldaia negli anni scorsi e ancora sta ricevendo i rimborsi fiscali (durano 10 anni).
I RISCHIL'ipotesi di una tassazione retroattiva tuttavia, potrebbe cadere sotto la scure dei ricorsi. Conte ieri ha detto poi, che l'Iva è definitivamente fuori dal menu della manovra. Non ci saranno nemmeno rimodulazioni tra le aliquote, un'ipotesi ventilata ancora ieri dal vice ministro all'Economia Laura Castelli e dal ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia, ma smentita dal sottosegretario all'Economia Pierpaolo Baretta.
Del resto lo stesso Movimento Cinque Stelle ieri in un comunicato stampa ha detto senza mezzi termini che con gli aumenti Iva questo governo «non avrebbe senso».Palazzo Chigi e Tesoro, tuttavia, potrebbero decidere di collegare alla manovra un disegno di legge delega per la revisione delle aliquote, in modo da avviare una discussione parlamentare in vista del prossimo appuntamento con le clausole di salvaguardia, quello del 2021 quando da sterilizzare ci saranno 28 miliardi di euro.