ROMA Nel giorno in cui la legge di bilancio riceve la bollinatura della Ragioneria dello Stato e sale al Quirinale per poi approdare alle Camere, volano gli stracci in maggioranza. Non solo sulle misure della manovra, da ultime la plastic tax e le tasse sulle auto aziendali, ma intorno alla figura del premier Giuseppe Conte.
«La legislatura arriverà a scadenza naturale» con Conte o senza, «dipende da come funziona il governo», ha detto ieri Matteo Renzi al Messaggero. Parole che fanno inferocire M5S e Pd, che blindano il premier e avvertono l'ex premier: avanti con Conte bis o si va al voto. Il premier ostenta estraneità alla polemica: «Nessun commento. Mi sono dedicato a commemorare i morti, tra le altre cose ho parlato coi genitori dei due agenti rimasti uccisi Rotta e De Menego», dice a sera. Ma la tensione è altissima.
Il leader di Italia Viva contrattacca: l'«autogol» al governo e un «regalo» a Salvini li fanno chi mette le tasse, non chi vuole toglierle. Dalla prossima settimana, con l'approdo della manovra al Senato, sarà battaglia di emendamenti. A voler cambiare il provvedimento non ci sarà, però, solo l'opposizione. Italia Viva annuncia modifiche, tentando la battaglia per abolire quota 100 e per eliminare le «microtasse», dalla sugar alla plastic tax, una «mazzata» alla classe media, picchia Renzi. Distinguo e critiche che fanno infuriare gli alleati della maggioranza.
«Tutte le scelte della legge di bilancio, comprese le più contestate, sono state condivise da tutta la maggioranza», è l'appello del viceministro dem all'Economia Antonio Misiani, che ricorda come in Consiglio dei ministri ci fosse stata unanimità sulle scelte. Molto meno diplomatica la reazione degli ex renziani rimasti nel Pd: «Che senso ha lanciare petizioni contro misure decise a tavolo comune, invece di migliorarle insieme? Italia Viva partito di lotta e di governo, stile Turigliatto?», attacca Andrea Romano. E il vicesegretario dem Andrea Orlando vede nell'attacco alle misure green la difesa di «interessi consolidati» con «qualche esponente politico pronto a difenderli anche con l'uso di una propaganda distorta e fake news».
Ma è il passaggio dell'intervista di Renzi sulla permanenza del premier Conte ad alimentare sospetti e altolà da parte di M5S e Pd mentre ufficialmente tace il presidente del consiglio. «Lo vogliamo dire chiaramente: non esiste futuro per questa legislatura se qualcuno prova a mettere in discussione Conte con giochini di palazzo», è la reazione di M5S, affidata al blog, ma che interpreta il pensiero di Luigi Di Maio.
L'AVVERTIMENTO Stesso avvertimento anche dal capo delegazione Pd Dario Franceschini. «Repetita iuvant: il governo Conte è l'ultimo di questa legislatura. Chi lo indebolisce con fibrillazioni, allusioni, retroscena di palazzo, fa il gioco della destra», sostiene il ministro della Cultura. Ed è l'accusa di favorire il centrodestra a scatenare la controreazione del leader di Italia Viva, senza però tornare sulla messa in dubbio di Conte.
«Noi continueremo a batterci in Parlamento - sostiene Renzi, aggiungendo di avere coperture alternative - per migliorare ancora i provvedimenti che feriscono la competitività delle imprese. I populisti parlano con gli slogan, i politici fanno proposte concrete». Insomma, l'aria che tira in maggioranza è tutt'altro che buona ancor prima della battaglia parlamentare. A chiedere modifiche c'è anche chi sentirà le ripercussioni degli effetti della manovra sulla campagna elettorale. Il governatore emiliano Stefano Bonaccini non condivide la misura sulle auto aziendali e rende noto di aver interessato il governo anche sulla plastic tax «affinché le misure non danneggino un settore così importante in Emilia-Romagna». Ed è proprio con l'obiettivo di espugnare la regione rossa che Matteo Salvini mette all'indice le stesse misure. «L'ultimo zuccherificio italiano è a Bologna e questi cretini al governo cosa tassano? Le bevande zuccherate. Così chiude anche l'ultimo zuccherificio», attacca il leader leghista.
Conte avverte Matteo: dopo di me solo il voto. Il Quirinale ha già escluso esecutivi alternativi se dovesse aprirsi la crisi
ROMA Prova a volare alto, lasciando ai leader della sua maggioranza il compito di replicare pubblicamente a Matteo Renzi che immagina un altro governo dopo l'attuale, ma senza il voto. Schivare quelli che per il presidente del Consiglio considera contraccolpi del risultato in Umbria, non sarà però facile. Anche perché l'iter della legge di Bilancio, firmata ieri dal presidente della Repubblica, dopo la bollinatura della Ragioneria, inizia il suo iter al Senato dove i numeri sono ridotti e basterebbe poco per far saltare - magari unendosi ai voti dell'opposizione - questo o quel passaggio della manovra.
I GIORNIAl governo resta sempre l'arma del maxiemendamento finale dove alla fine si aggiusteranno eventuali correzioni che comunque dovranno tener conto delle necessarie coperture. Ma se tecnicamente si potrà rimettere mano alle tasse sulle auto aziendali e alla plastic-tax, resta il problema politico di una maggioranza che si muove in ordine sparso. Come se il proporzionale fosse già non un auspicio di molti ma un elemento acquisito. Dopo il risultato umbro il presidente del Consiglio si è ripreso il ruolo da garante, consapevole che dopo il suo governo non ci sia altro che il voto. Dario Franceschini, che con il Quirinale ha un rapporto stretto, lo ha detto in maniera molto esplicita sottraendo non solo il Pd da scenari alternativi. Ragionamenti in linea con quanto filtrato nei giorni scorsi dal Colle secondo il quale è molto difficile immaginare nuove formule dopo quelle già messe in atto e che se un governo è immaginabile dopo l'attuale è quello che porterà il Paese al voto anticipato.
Una precisazione che fa i conti anche con la voglia, più o meno sottotraccia, che taglia molti parlamentari di tutti i partiti - e non solo della maggioranza - di tornare alle urne conservando i numeri attuali del Parlamento. Ma si tratta di un azzardo perché se un governo è possibile dopo l'attuale, dal Colle lo si ipotizza solo come elettorale e che quindi potrebbe restare in carica qualche settimana giusto il tempo per permettere l'eventuale svolgimento del referendum elettorale, sempre che venga ammesso.
Pd e Leu ieri hanno fatto quadrato difendendo palazzo Chigi con i portavoce Franceschini e Speranza. Ancor più tranchant il M5S che ha risposto a Renzi con un post sul blog. Una difesa a spada tratta, seguita da altre numerose dichiarazioni, che Conte ha molto apprezzato perché, sostiene, l'assist a Salvini non sono le misure contenute nella manovra, ma il continuo mettere in discussione misure che, come sostiene Andrea Romano, sono state decise al tavolo comune. Il compattarsi di M5S, Pd e Leu isola Italia Viva lasciando al partito di Renzi il compito di assumersi la responsabilità in Parlamento di affossare la legge di Bilancio e con essa il governo e probabilmente la legislatura. Una prospettiva che agita anche buona parte dell'opposizione, specie quella di Forza Italia, che forte del principio primum vivere potrebbe trasformarsi in aula in una insperata stampella per l'esecutivo soltanto se decidesse, come probabile, di non fare sponda con IV votando gli emendamenti proposti dai renziani.
IL MINIMO E' per questo che, malgrado il fuoco amico e i tamburi di guerra dell'opposizione, a palazzo Chigi non c'è particolare agitazione sul destino della legge di Bilancio appena consegnata al Parlamento. Anche perché Conte è convinto che il governo ha fatto un buon lavoro e che ora tocca alle forze politiche decidere come e se incassare il dividendo di una manovra che ha scongiurato l'aumento dell'iva e ha aumentato al minimo le tasse su alcuni micro settori nel tentativo di poter avere ulteriori risorse per la crescita e per un seppur minimo taglio delle tasse.
Rientrato a pieno titolo nel ruolo del premier-tecnico dopo la batosta in Umbria, Conte lascia ai partiti della maggioranza regolare i conti interni almeno sino alle elezioni in Emilia Romagna. Ieri sera da palazzo Chigi - a fima del portavoce Casalino - è arrivata una sottolineatura preventiva su eventuali dichiarazioni di Conte che conferma la voglia del premier di sottrarsi al gioco di visibilità dei partiti e, soprattutto di Renzi. Quanto possa durare lo schema del premier terzo è difficile dirlo, visto che non ha funzionato nel precedente esecutivo. E' possibile che serva alla maggioranza per mangiare il panettone, ma dopo la consultazione regionale in Emilia Romagna un tagliando sarà inevitabile anche perché la maggioranza dovrà presentarsi in Parlamento per votare una nuova legge elettorale che sia in grado di evitare la trappola del referendum. Sempre che la Consulta lo ammetta.