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Data: 19/03/2023
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO

Landini (rieletto) si prepara alla piazza: lontani dal governo, Cgil verso lo sciopero. Si chiude il congresso di Rimini: sì dai delegati al secondo mandato del segretario «Con l'esecutivo distanze consistenti»

ROMA «Distanti» dalla premier e «pronti allo sciopero». Che il sereno scoppiato venerdì sul palco della Cgil sarebbe stato breve, in molti erano pronti a scommetterlo. Ma che la tregua tra il sindacato di Corso Italia e il governo finisse dopo appena una manciata di ore dall'istantanea della stretta di mano tra Giorgia Meloni e Maurizio Landini, forse, è stata una sorpresa anche per il pubblico del congresso di Rimini. Invitato, il giorno prima, a non fischiare ma a «saper ascoltare» le parole del capo del governo, il giorno dopo a imbracciare di nuovo bandiere e striscioni per scendere in piazza. Perché se venerdì il "Landini 1" aveva affermato che, visto il momento storico difficile, «il mondo del lavoro deve discutere, negoziare e trovare delle soluzioni», i toni del "Landini 2", quello salito sul palco ieri mattina (giacca e cravatta abbandonate in favore di felpa rossa, camicia e maglietta della salute), sono ben più barricaderi. «Dalle riflessioni del premier Meloni abbiamo registrato diversità molto consistenti», esordisce il segretario della Confederazione generale. «Su quella base, non c'è possibilità di discussione. È quindi evidente aggiunge che costruiremo una mobilitazione che non escluderà nulla». Neanche lo sciopero generale, suggerisce. Al punto che con Cisl e Uil «c'è già un incontro fissato, ne discuteremo la prossima settimana».
I presenti applaudono, Landini sale di tono. «Lo diciamo in modo chiaro al governo, alle forze politiche, alle controparti: noi non ci fermeremo e non accettiamo che sia il lavoro a pagare per tutti», arringa. «Questo Paese lo vogliamo cambiare più degli altri». Nel mirino, in particolare, finisce la delega fiscale e il piano di palazzo Chigi ridurre le aliquote Irpef: «Non siamo d'accordo né sul merito né sul metodo», sbotta il segretario (riconfermato alla guida della Cgil per altri quattro anni). «Se l'esecutivo non cambia posizione e non apre trattative vere, noi intendiamo mobilitarci per chiedere di cambiare i provvedimenti». L'unica concessione alla premier riguarda le parole di condanna spese da Meloni sull'assalto alla sede della Cgil nell'ottobre 2021 («ma ora sciolga le forze che si richiamano al fascismo», è l'appello).
CAMBIO DI TONI - Un leader di lotta, più che di governo. E c'è chi avanza il sospetto che il repentino cambio di toni serva anche da risposta agli iscritti al sindacato, che avevano accolto con gelo l'invito a Rimini recapitato alla premier (così come la notizia del lungo colloquio avuto tra i due nel retropalco). Del resto, non era la prima volta che Landini si mostrava più morbido dei suoi predecessori nei confronti di un'esponente della destra. Tra gli iscritti, insomma, era scattato un mezzo campanello d'allarme. Ed è così che, anche per non deludere il pubblico nel giorno della rielezione, avvenuta con la percentuale "bulgara" del 94%, l'ex leader dei metalmeccanici Fiom ha preferito andare sul sicuro, galvanizzando la folla degli astanti. Per il «confronto», a quanto pare, si dovrà attendere ancora.

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