A mo’ di battuta l’ammette lo stesso Maurizio Landini: «Sono in una fase molto moderata». Sarà forse per questo che ieri è stato riconfermato segretario della Cgil con la percentuale bulgara del 94,2% dei voti. L’Assemblea generale – organo di 296 membri, per metà delegati dei posti di lavoro, che da ieri prende definitivamente il posto del vecchio parlamentino Comitato direttivo – lo ha eletto dopo la sua replica.

Una replica che evidentemente è servita a rispondere allo «storico» discorso di Giorgia Meloni di giovedì, dopo l’imposto auto silenzio di ieri anche a proposito dei contenuti dei 40 minuti di colloquio faccia a faccia con la premier su cui nulla ha fatto trapelare se non soddisfazione.

INDOSSATA LA NUOVA FELPA CGIL con manica bianca a simbolo della parola d’ordine «confederalità», Landini ha parlato a braccio, guadagnandone come al solito in efficacia rispetto alle due ore un quarto di relazione di mercoledì.

È partito dalla «sanità pubblica», priorità per la Cgil così come tema che unisce l’opposizione da Calenda a Fratoianni, come dimostrato sul palco giovedì. «La sanità pubblica è già al collasso, servono più risorse e servono assunzioni: la vogliamo assumere come battaglia di tutti i cittadini e mobilitarci assieme agli amici di Cisl e Uil in una grande manifestazione nazionale».

Poi è arrivato il momento di segnare la distanza da Meloni partendo dal concetto di «unità nazionale». «Come si fa a venir qua a parlarci di unità nazionale quando il giorno prima si è votato in consiglio dei ministri l’autonomia differenziata che quella unità la distrugge? Noi siamo per l’unità tutti i giorni, non solo il 18 marzo».

L’altro affondo è sulle radici fasciste di Meloni: «Siamo stati contenti che la presidente del consiglio abbia condannato l’assalto squadrista alla nostra sede. Ora però se vuole essere coerente con quello che ha detto qui, sciolga le forze che si rifanno al fascismo: avrà in nostro consenso e cambierà le cose».

LA SFIDA CHE RACCOGLIE Landini, seppur rigirandola, è quella di un «nuovo statuto dei lavoratori» con cui Meloni ha voluto criticare «il fortino dei garantiti» difeso dal sindacato. «La proposta l’abbiamo fatta per primi noi, chiedendo di dare gli stessi diritti a tutti: precari, autonomi, partite Iva. Si apra un confronto» ma deve contenere «una legge sulla rappresentanza che superi i contratti pirata e dia la possibilità a tutti i lavoratori di votare i contratti». Sennò «si rischia che non ci sia né il salario minimo né l’allargamento erga omnes a tutti dei contratti, mantenendo i 900 contratti nazionali che nessuno in Europa non rinnovando i contratti per anni». La proposta è dunque quella di «estendere la legge sulla rappresentanza già prevista nel settore pubblico».

L’ALTRA PAROLA CHIAVE di Landini è «democrazia». «Non esiste la democrazia se nei luohi di lavoro non c’è. Va praticata ovunque anche perché «se ci pensate solo quando sono stati conquistati diritti nel lavoro sono arrivati i diritti civili, come negli anni ’70: statuto dei lavoratori, divorzio, aborto».

«La madre di tutte le battaglie» rimane comunque il fisco che «deve diventare la condizione per affermare un lavoro di qualità». Il principio che Landini chiede che si affermi è chiaro: «La ricchezza la produce chi lavora, nel momento che si nega questo e si dice che la produce l’impresa e la finanza, si diventa tutti consumatori e non lavoratori, si sta negando un punto di fondo. Questo significa – scandisce Landini – che il modello di società che si costruisce deve redistribuire la ricchezza prodotta».

LA PAROLA «SCIOPERO» arriva assieme alla richiesta «che cisiano anche Cgil e Uil» con cui è «già stata fissata un incontro lunedì» su come mobilitarsi contro la delega fiscale, dopo le critiche di Sbarra che comunque non significano apertura allo sciopero: molto più probabile una manifestazione nazionale di sabato a Roma.

Alla mobilitazione Landini chiama però anche «movimenti, associazioni e i giovani che magari non sanno cos’è il sindacato ma ne hanno bisogno perché da soli sentono di non farcela».

«Dobbiamo fare quanto abbiamo deciso, dal coordinamento dei delegati alla campagna d’assemblee in tutti i luoghi di lavoro e la contrattazione sociale su tutto il territorio»La chiusura è tutta interna e parte da una constatazione: «la Cgil è l’unica organizzazione sociale» rimasta, «solo noi siamo così forti e presenti in tutta Italia». E allora: «Ma dico cosa abbiamo paura? Delle pensioni che non abbiamo? Della precarietà che è fin troppa? Dei salari da fame? Non possiamo avere paura di niente, peggio di così non può andare. E allora dobbiamo farla questa battaglia anche se, sono sincero, non so come finirà», confida a i suoi Landini.

E ALLORA C’È L’URGENZA di mettersi subito al lavoro per produrre quei «fatti» richiesti e necessari. «Già da martedì abbiamo bisogno di fare le cose che abbiamo detto: i coordinamenti dei delegati per il principio stesso lavoro, stesso diritto, stesso salario e la contrattazione sociale sul territorio» con Leghe dei pensionati dello Spi, associazioni, giovani per contrattare con Comuni e Regioni il welfare tagliato.

L’altro obiettivo è «entro maggio una campagna a tappeto di assemblee per ascoltare i lavoratori e riuscirli a rappresentarli tutti meglio e veramente», conclude Landini «portando la costituzione», quella che Adelmo Cervi ha ricordato a inizio giornata.