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Data: 05/09/2023
Testata Giornalistica: CORRIERE DELLA SERA
    CORRIERE DELLA SERA

Landini a Vercelli: no a capri espiatori Il corteo e lo sciopero In piazza 2.500 operai «Vogliamo giustizia, non siamo al sicuro»

Vercelli «La regola è scendere sui binari quando il traffico è bloccato. Ma noi facciamo quello che ci dicono. Ci dobbiamo fidare: se i nostri capi dicono che possiamo aprire il cantiere, lo apriamo».

Francesco, 42 anni, lavora alla Unifer, società analoga a Sigifer (quella per cui lavoravano i cinque operai morti a Brandizzo). «Io non so cosa sia successo. Quello che so è che ci vengono dati degli ordini. A volte abbiamo due o tre ore per aprire e chiudere un cantiere: è chiaro che qualche misura di sicurezza ce la lasciamo alle spalle. Magari non indossiamo alla perfezione gli strumenti di protezione, nulla di più. Però se ci dicono che la linea è bloccata, non abbiamo motivo di pensare il contrario», insiste l’operaio.

Il suo racconto non si discosta da quello di decine di altri lavoratori che si sono dati appuntamento ieri a Vercelli per partecipare al corteo organizzato da Cgil, Cisl e Uil. Bandiere listate a lutto, fiocchi neri appuntati sulle magliette, un corteo silenzioso che parte dalla stazione di Vercelli per poi snodarsi tra le vie della città fino in Prefettura. Dietro allo striscione «Non abbiamo più parole» ci sono 2.500 persone: operai, pensionati, delegati sindacali. Tra loro anche i familiari di alcune vittime. Li si riconosce dalle magliette con la foto dei loro cari: Kevin Laganà, Michael Zanera e Giuseppe Lombardo. «Siamo qui per chiedere giustizia. Vogliamo che chi ha sbagliato paghi. Basta parole». Al dolore si aggiunge la rabbia, quando si parla dell’ipotesi che possano essere celebrati i funerali di Stato: «No, ci fa schifo». «Non faremo nemmeno funerali collettivi, ciascuno celebrerà in maniera privata il proprio caro», insiste una cugina di Laganà. Nelle retrovie, in coda al corteo, sfila una ventina di operai Sigifer. Non hanno molta voglia di parlare. «Quando andiamo a lavorare siamo sereni. Non ci andiamo con la paura», dicono. Non c’è rabbia nelle loro parole. Nessun rancore nei confronti dei due sopravvissuti indagati dalla Procura di Ivrea: «Non c’è un perché, è successo. Non ci sono parole, li conosciamo. Sapendo come si lavora, non può esserci rabbia».

Il corteo raggiunge la Prefettura a mezzogiorno. Ed è qui che il silenzio viene spezzato dal grido «Basta», seguito dai nomi delle cinque vittime: Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa, Giuseppe Sorvillo. A sintetizzare il senso di questa giornata di mobilitazione è il leader della Cgil Maurizio Landini: «Basta cordogli ipocriti, basta cercare un capro espiatorio. Finché la sicurezza è considerata un costo, e non un investimento e un vincolo sociale, è chiaro che queste situazioni non cambiano». E aggiunge: «Adesso si crei la Procura nazionale sul lavoro e si potenzino gli ispettorati».


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