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Data: 28/10/2019
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

La rivincita di Salvini: il Colle adesso rifletta governo senza futuro. «Così diventa complicata» Zingaretti, dubbi sull’intesa Il Pd: l’esecutivo non rischia. Renzi: avevo ragione, il patto non funziona Conte un boomerang, non ha tocco magico

Crollo M5S, processo a Di Maio «L’esperimento non è riuscito». Parlamentari in rivolta, oggi l’assemblea Pressing sul capo politico: nuovo statuto. Il leader: «Sconfitta amara, ma il premier non va...». Ora l’idea è: niente lista in Emilia


 

«Così diventa complicata» Zingaretti, dubbi sull’intesa Il Pd: l’esecutivo non rischia.

ROMA Per ora i timori non sono sul governo, ma sul futuro dell'alleanza con il M5S nelle prossime tornate elettorali. Per Nicola Zingaretti la ripetizione di questo schema diventa complicato e «ora rifletteremo molto sulle scelte da fare». Il segretario aspetta a commentare nel merito la sfida in Umbria: vuole capire se il Pd, in una situazione già compromessa, abbia scontato nelle urne le scissioni di Calenda e soprattutto quella di Renzi. La risposta è: no. («Anche se il caos sulla manovra non ha aiutato»). Senza liste collegate a Bianconi il Pd perde meno di due punti rispetto alle Europee (da 24 a 22,5). Il segretario, però, sa anche nell'almanacco di questo 2019 c'è un'altra regione passata al centrodestra. Ma contro la narrazione del feudo rosso strappato da Salvini, il Nazareno fa rimbalzare un tweet di Pier Luigi Castagnetti: «Nessuno ricorderà che il centrodestra da anni governa Perugia, Terni, Orvieto, Foligno: cioè il 62% della popolazione umbra». Un messaggio che da giorni trapela dal Pd soprattutto a uso interno per evitare che gli scettici dell'alleanza sistematica, dai Giovani Turchi di Orfini agli ex renziani, inizino a bombardare il quartier generale. Come infatti fa Andrea Marcucci, capogruppo al Senato: «Serve una riflessione ben più approfondita sulle alleanze».
In Umbria, come ha sempre ripetuto Zingaretti, prima di questa alleanza «non eravamo nemmeno in partita». Il segretario anche se non lo dice è convinto che alla fine il suo partito reggerà, al contrario del M5S. Ma la sfida di Perugia ridà di fatto un bipolarismo abbastanza netto, con i grillini in posizione marginale. Si spiega anche così l'ennesimo richiamo partito ieri da Zingaretti per arrivare a una legge elettorale maggioritaria, che non va giù proprio ai pentastellati e ai renziani di Italia Viva. Il governo balla? «Va avanti solo se fa cose concrete», ripete il segretario dem. Per smontare sul nascere scenari di ribaltone da parte di Di Maio o Renzi, i dem vanno ripetendo che l'unica alternativa a questo esecutivo sarebbero le urne. Come dire: non esisteranno altre manovre di palazzo, piano su cui Italia Viva si è già messa a lavorare con una certa lena. Dario Franceschini, capo delegazione del Pd al governo, spiega: «Siamo in competizione con una coalizione costruita in fretta ma competitiva: fossimo andati divisi quella competizione non ci sarebbe stata».
L'ASSE Davanti all'assemblea dei sindaci dem, il ministro della Cultura e il segretario hanno duettato con lo stesso spartito: «Non possiamo non porci il problema. Se il 45-48% di Italia si è unito intorno a una rappresentanza politica, l'altro 45-48% che governa insieme ha l'obbligo morale non di fare accordicchi sottobanco di nascosto» e «non restare fermi a contemplare le divergenze ma trovare punti di convergenza» e verificare «un'alleanza» con M5S. Anche il Nazareno ha vissuto a distanza ieri notte lo spoglio. A Perugia, al comitato di Bianconi, si è fatto vedere solo Walter Verini, commissario del partito dopo lo scandalo Sanitopoli. Il sentore generalizzato è che da oggi tutto sarà più difficile . Anche perché il timore di possibili nuove campagne acquisti di Italia viva è un'ipotesi più che reale (che nel caso del M5S diventa doppio perché anche la Lega è in pressing). Lo sguardo è rivolto ormai all'Emilia Romagna e alla Calabria. La prima contesa avrà come tormentone il ruolo di Iv nella coalizione di Bonaccini visto che il M5S sembra non voler essere della partita. Ancora più complicato il match calabrese: il governatore uscente Mario Oliveiro è pronto a ricandidarsi «contro i gruppi di potere».

Renzi: avevo ragione, il patto non funziona Conte un boomerang, non ha tocco magico

ROMA Non è di certo soddisfatto, Matteo Renzi, della batosta in Umbria. Ma neppure si strappa i capelli. Secondo il leader di Italia Viva che ha atteso i risultati facendo la valigia in vista della partenza di questa mattina per New York dove andrà a tenere alcune conferenze (tappa successiva Dubai), ciò che è accaduto era ampiamente previsto. Perché la coalizione che ha sostenuto Vincenzo Bianconi, come annunciavano i sondaggi, era molto sotto rispetto al centrodestra. E perché l'alleanza organica e strutturata tra 5Stelle, Pd e Leu a giudizio di Renzi non funziona. Non a caso l'ex premier si è chiamato fuori, disertando anche l'evento di Narni quando, venerdì, Luigi Di Maio, Nicola Zingaretti, Roberto Speranza si sono ritrovati per la prima volta insieme. E con loro hanno voluto anche Giuseppe Conte. «Un errore la foto di Narni», segnalano da Italia Viva.
Ecco, la decisione di trasformare la disfida regionale in una partita politica di livello nazionale e soprattutto la scelta di schierare il presidente del Consiglio nell'ultima uscita elettorale, per Renzi è stato un grave errore. E giudica un atto di arroganza aver considerato Conte l'uomo dei miracoli e dal tocco magico, quello capace di ribaltare una sconfitta annunciata. Anche perché, come dimostra il pessimo risultato di Bianconi, secondo il capo di Italia Viva, Conte non ha né il tocco magico, né può fare miracoli: una cosa è l'indice di gradimento che gli accreditano i sondaggi, un'altra sono i voti che porta. E i dati Umbri, ha confidato Renzi ai suoi, provano che Conte di voti non ne aggiunge neppure uno. Un po' ciò che pensa (e voleva dimostrare) Di Maio. In estrema sintesi, per l'ex premier la scelta di schierare il presidente del Consiglio è stato un boomerang. Un errore grossolano, inspiegabile e clamoroso, motivato esclusivamente dalla volontà del capo 5Stelle di inserire anche Conte nel gruppo degli sconfitti.
APPROCCIO SOFT Il leader di Italia Viva, al momento, non ha però intenzione di affondare i colpi. Rivela di non ritenere il premier indebolito: tra due-tre giorni delle elezioni in Umbria non si ricorderà più nessuno.
Però la lezione resta e incoraggia Renzi che ricorda, non senza un filo di malizia: anche a lui, che è sempre stato considerato da Di Maio un impresentabile, una sorta di appestato, è stato chiesto di andare alla reunion di venerdì a Narni. E questo perché volevano che pure Italia Viva mettesse la faccia sulla sconfitta annunciata, in una tornata elettorale in cui il nuovo partito non si è neppure presentato.
«Ma non ci sono cascato, anche perché all'alleanza strutturata con i 5Stelle proprio non ci credo», confida nella notte ai suoi, «e quello che è accaduto in Umbria mi dà ragione: quel patto elettorale non funziona. Ciò significa che c'è uno spazio politico enorme, una prateria sconfinata per Italia Viva. Il cui progetto non di certo quello di intrupparsi con i grillini». Ma di arare il centro e conquistare i voti moderati, anche e soprattutto quelli in uscita da Forza Italia, ormai fagocitata da «quell'estremista di destra che è Matteo Salvini».
Messa definitivamente la parola fine all'ipotesi, del resto già scartata e ora del tutto bocciata dopo la batosta umbra, di entrare in un patto elettorale «senza appeal» con Pd e 5Stelle, Renzi già pensa ai prossimi appuntamenti. Con l'obiettivo di raggiungere il 10% alle elezioni nazionali del 2023 («il treno della legislatura arriverà fino all'ultima stazione»), il leader di Italia Viva si prepara al debutto: scartate le regionali in Emilia Romagna e Calabria (arrivano troppo presto), Renzi vuole presentare il nuovo partito nelle altre tornate elettorali del 2020: Toscana, Liguria, Marche e forse Campania.
LA PARTITA LAZIALE Nel frattempo l'ex premier si gode l'arrivo dal Pd della consigliera regionale del Lazio Marietta Tidei: «Non è una scissione, è un'emorragia a lento rilascio». E se garantisce che non farà cadere la giunta del suo avversario, Zingaretti, allo stesso tempo confida la soddisfazione di avere in pugno il segretario del Pd: il governo della Pisana d'ora in poi si regge con i voti di Italia Viva. E ciò dà a Renzi un ulteriore potere di interdizione e di condizionamento. Sia nella partita del governo nazionale, sia in quella del Lazio.

Crollo M5S, processo a Di Maio «L’esperimento non è riuscito»

ROMA «Una sconfitta amara». Luigi Di Maio non va a Perugia, ma alla festa di laurea di Paola Taverna in un locale cool della Capitale. Le dimensioni della sconfitta in Umbria, l'incubo di scendere sotto la doppia cifra lo inseguono per tutta la giornata. E si materializzano: rispetto alle Europee passa dal 14,6% al 7,7%. Alle politiche del 2018 qui prese il 27,5. Un tracollo sistematico. «Questa volta - confidava ieri il leader del M5S - non starò zitto». Ecco, perché questa mattina andrà in tv per cercare di giocare d'anticipo, per bloccare le mille fronde interne al Movimento che lo contestano ma che non riescono ancora a saldarsi. Salvo invocare un intervento di Beppe Grillo. «Ai parlamentari che mi criticano vorrei ricordare che l'Umbria si trova a un'ora da Roma, eppure non si sono mai visti. E come sempre l'unico a metterci la faccia sono stato io», è il ragionamento che trapela dal cerchio ristretto di Di Maio. «Il patto è un esperimento e non ha funzionato. Torna il progetto di una terza via che non si schieri con nessuno dei due poli», recita una nota del M5S.
Che però a questo punto ha due problemi: il primo è di prospettiva. Cosa fare in Emilia Romagna e in Calabria, cioè nei prossimi due appuntamenti elettorali previsti a gennaio? In queste ore i vertici del M5S stanno valutando l'ipotesi di non presentarsi in Emilia Romagna. Dunque né da soli (ipotesi velleitaria: da un sondaggio interno i grillini sono stimati sotto le Due Torri intorno al 6%) né a sostegno del governatore dem uscente Stefano Bonaccini. «Lo abbiamo visto in Sardegna - è la riflessione che prende forza ora - se non siamo pronti è meglio dirlo e non presentarsi».
Un modo, quello di ritirarsi dalla contesa, che viene usato anche per prevenire le critiche di queste ore sull'accordo con il Pd. I falchi sono pronti ad alzarsi in volo. Due gli appuntamenti abbastanza decisivi: oggi l'assembla del gruppo della Camera per superare lo stallo a Montecitorio per l'elezione del nuovo capogruppo (Raffale Trano e Francesco Silvestri in lizza) e domani quella del Senato.
LA FRECCIATA Aspettando i dati scorporati, ma consapevole di una disfatta Di Maio rilegge anche la campagna elettorale in Umbria. Dicono dal suo staff: «Queste elezioni dimostrano che Conte non è un soggetto politico, ma solo istituzionale, funziona nel Palazzo, ma non nelle urne». Una frecciata che acuisce le distanze e le tensioni tra il premier e il ministro degli Esteri. Il leader politico è stato sempre contrario a un'alleanza strutturale con il Pd (al contrario di Beppe Grillo) e in Umbria è stato proprio Conte, secondo quanto raccontano i vertici pentastellati, a spingere su Bianconi come candidato unitario.
Da qui il braccio di ferro del titolare della Farnesina con Palazzo Chigi per spingere il presidente a «metterci la faccia». Così è stato, ma il giocattolo si è rotto.
La tensione sul fronte governativo è niente rispetto a quella che si respira tra i parlamentari grillini. La leadership di «Luigi» è nel mirino. Si rincorrono voci di una lettera a Davide Casaleggio per modificare lo statuto del M5S (che prevede la sfiducia del capo politico solo su input di Beppe Grillo o dello stesso Casaleggio), è guerra aperta tra il consigliere regionale grillino Stefano Liberati e il senatore Stefano Lucidi. Giorgio Trizzino, deputato dell'«ala dei competenti» eletti nei collegi uninominali, chiede una «svolta» adesso che si entrerà nel vivo della riorganizzazione interna per valorizzare le professionalità e non gli yes man. «Ricordo che avere lasciato le proprie navi da guerra dentro il porto è costata all'America la disfatta di Pearl Harbor». La resa dei conti sta per iniziare.

 

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