I “mafia bond” e Torzi indagato – Le Fiamme Gialle hanno ricostruito una presunta truffa con operazioni finanziarie legate all’acquisto di bond ad alto rischio lussemburghesi ai danni della Cesare Pozzo. Nell’inchiesta, che ha al centro i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata, false comunicazioni sociali e appropriazione indebita, è indagato l’uomo d’affari Gianluigi Torzi, già coinvolto nell’inchiesta vaticana sul palazzo a Londra. L’ombra della ‘ndrangheta sulla società si evince dalla nota del procuratore Francesco Greco che spiega come tra i beneficiari del denaro distratto, oltre al Presidente e al direttore generale pro tempore, c’è pure un “nutrito numero di soggetti – si legge in una nota firmata dal Procuratore Francesco Greco – , tutti residenti in Calabria, titolari di aziende formalmente operanti nel settore edile, alcuni dei quali risultati contigui ad ambienti della criminalità organizzata locale“. Nell’inchiesta ci sono anche i cosiddetti ‘mafia bond’, certificati di credito sulla sanità calabrese.

I sequestri – La Finanza ha eseguito anche un decreto di sequestro preventivo da oltre 16,3 milioni di euro nei confronti degli indagati, tra cui pure Torzi. Il sequestro è anche a carico di società, alcune delle quali di “diritto estero”. Nelle operazioni sui bond, con cui sarebbe stata truffata per 15 milioni di euro la società attiva nel campo della mutualità sanitaria integrativa sin da fine ‘800, è emerso il ruolo di Torzi, come precisa il procuratore Greco, a proposito del blitz nell’inchiesta coordinata dall’aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Giordano Baggio e Carlo Scalas. Anche Torzi è “destinatario del provvedimento di sequestro”, perché è risultato “a capo”, con altre tre persone, “della catena di controllo dei veicoli societari esteri emittenti titoli finanziari”.

Il fondo Salute e i collegamenti in Francia – Le misure sono state firmate dal gip Fabrizio Felice. Il 5 giugno scorso, il broker Torzi, attivo a Londra, era stato arrestato nell’inchiesta vaticana (poi ha ottenuto la libertà provvisoria) per una presunta estorsione da 15 milioni di euro contestata dai magistrati d’Oltretevere nel quadro delle indagini sulle operazioni finanziarie legate alla compravendita da parte della Segreteria di Stato di un immobile di pregio nella capitale britannica. Nell’inchiesta sono state “rilevate ulteriori condotte distrattive a danno della Fondo Salute sce, la prima società cooperativa europea per la salute e la tutela sociale, nata nel 2009 da un’alleanza tra la Cesare Pozzo e il gruppo mutualistico francese Harmonie Mutuelle, realizzate mediante reiterati utilizzi di carte di credito aziendali per il pagamento di beni di lusso e di spese voluttuarie, nonché attraverso la fittizia assunzione di personale legato agli indagati”.

Tra le spese contestate anche quelle al nightclub – Tra le spese contestate ci sono l’acquisto di obbligazioni lussemburghesi attraverso Torzi, il pagamento di “prestazioni fittizie in favore di imprese amiche“, ma anche “acquisti ricorrenti per migliaia di euro in boutique di lusso, ritornati e negozi vari, ricorrenti e ingenti esborsi al nightclub Williams Le Roi di Milano” Spese realizzate con un “uso personalistico” di carte di credito aziendali e denunciate da alcuni ex componenti del cda. Non solo, nell’ordinanza firmata dal gip di Milano, si sottolinea come tre donne, che lavoravano in un nightclub, siano state assunte “senza una reale necessità e soprattutto senza una reale controprestazione lavorativa”.

Il caso della finta compravendita dei quadri di Rotella – Nell’inchiesta c’è anche un’operazione “di finta compravendita”, tra Matera, all’epoca dg della Cesare Pozzo, e una delle società del gruppo di Torzi. Oggetto della finta compravendita sono due quadri del noto artista Mimmo Rotella. Due “quadri – scrive il gip – periziati da un professionista pagato dalla Cesare Pozzo, che Matera aveva ceduto a una società del Gruppo Torzi, ricevendo in pagamento del denaro dal broker dell’investimento obbligazionario”. Tra l’altro, sempre nel provvedimento si legge che quei quadri sarebbero stati fatti “sparire” a fine ottobre scorso da Armando Messineo, ex presidente, “temendo il ritrovamento nel corso di una perquisizione“. La moglie di Messineo, infatti, intercettata diceva che il marito aveva “strappato i quadri con l’intenzione” di “smaltirli in una ‘piattaformà ecologica”. Uno dei figli le chiedeva: “Ma perché li ha rotti?”. E la donna replicava: “Li ha rotti perché ha detto magari vengono a vedere qualcosa…”. Tra l’altro, il giudice fa notare che “appare piuttosto singolare che la Cesare Pozzo abbia commissionato una perizia” sulle opere d’arte per 121mila euro, cifra “praticamente coincidente con un bonifico che Beaumont”, società riferibile a Torzi, ha “fatto a Matera” di 122mila euro “proprio dietro lo schermo giustificativo della cessione di alcune opere d’arte”. Una vicenda, per il gip, “emblematica” nel contesto delle operazioni emerse nell’inchiesta.