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Data: 24/12/2022
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

L'Autonomia nei trasporti: il caso dei pedaggi più cari Le Regioni sarebbero proprietarie delle tratte autostradali: rischio aumenti al Nord

ROMA Negli anni del boom economico, quando l'Italia viaggiava in 500, furono uno dei principali motori di unificazione del Paese. Avvicinando come mai prima il Sud con il Nord, Napoli con Milano. Oggi, invece, rischiano di diventare l'ennesimo manifesto del divario che corre tra Mezzogiorno e Settentrione. Parliamo delle autostrade, che secondo la bozza di riforma sull'autonomia differenziata promossa dal ministro leghista Roberto Calderoli potrebbero, in un futuro prossimo, diventare di proprietà delle Regioni. Almeno di quelle che lo chiedono. Con la conseguenza che le società di gestione della rete autostradale dovrebbero rispondere non più allo Stato centrale, ma ai singoli governi regionali. I quali, essendo i legittimi proprietari di quelle tratte, avrebbero tutto il diritto di fissare (loro) i livelli massimi delle tariffe da far pagare agli automobilisti che viaggiano sul loro territorio. Prevedibilmente, al rialzo, magari per garantire un servizio migliore ai propri residenti. Con gli incassi di tutti i viaggiatori che (trovandosi buona parte della rete autostradale nelle regioni del Nord, Lombardia e Veneto in primis) finirebbero per avvantaggiare soltanto quei territori.
NON SOLO AUTOSTRADE - È uno dei rischi segnalati da chi si batte contro la regionalizzazione dei trasporti che la riforma elaborata dal ministro degli Affari Regionali rende possibile. Il testo di Calderoli però non parla soltanto di autostrade: tra le competenze che dal dicastero delle Infrastrutture potranno essere devolute alle Regioni rientrano anche «porti e aeroporti civili», così come le «grandi reti di trasporto e di navigazione». Dunque ferrovie, scali marittimi e aerei. E, appunto, snodi autostradali. Lombardia e Veneto (ma pure la Liguria) chiedono di vedersi assegnata la proprietà di molte delle proprie tratte almeno dal 2018, così da poter assegnare in autonomia le concessioni, verificare i piani di investimento dei concessionari, stabilire i livelli delle tariffe. «Cosa significherebbe? È facile immaginare che a strade migliori riflette il giurista Gianfranco Viesti corrisponderebbero pedaggi più alti. E il divario tra la rete autostradale del Nord e quella del Sud, invece di ridursi, aumenterebbe». Il punto però è anche di principio: «Perché infrastrutture che sono state finanziate con la fiscalità generale, e dunque pagate da tutti i cittadini, dovrebbero essere regalate a una Regione in particolare?».
È lo stesso dilemma che si ripresenta con porti e aeroporti. Con un'ulteriore elemento di preoccupazione: come farebbero le Regioni si chiede chi critica la riforma a gestire una programmazione efficace degli scali, spesso strategici per gli interessi nazionali, su una dimensione territoriale così ridotta? Il rischio, in altre parole, è quello di creare inefficienze e doppioni: due aeroporti, magari vicini, che servono (o ignorano) le stesse tratte semplicemente perché si trovano in due Regioni diverse. Da considerare, poi, c'è anche un altro aspetto. Ossia che la domanda di trasporto aereo è concentrata per oltre il 70% negli aeroporti del Centro-Nord, in particolare negli scali di Milano e Roma. Gli aeroporti del Mezzogiorno, invece, devono accontentarsi di una quota importante dei voli nazionali (circa il 46%). Dunque, ancora una volta, a guadagnare dalla riforma difficilmente sarebbe il Sud.
Il gap si riscontra anche sul fronte delle ferrovie. Con il rischio che chi già possiede più infrastrutture (il Nord), abbia anche più fondi a disposizione per potenziare la rete. Mentre il Meridione, dove circa il 70% della rete è ancora a binario unico, potendo contare su minori entrate sarebbe penalizzato. Un po' come avviene per il trasporto pubblico locale, che le Regioni già in buona parte gestiscono (e il cui fondo nazionale «continua a essere ripartito sostanzialmente col criterio della spesa storica», nota amaro Viesti).
IL NODO ALTA VELOCITÀ - E l'alta velocità? «La gestione delle tratte Av non rientrerà nelle competenze attribuibili alle Regioni», frena Galeazzo Bignami, viceministro ai Trasporti di Fratelli d'Italia. «Così come assicura saranno sottratte a questa logica le grandi infrastrutture di interesse nazionale». Eppure la bozza Calderoli dice altro, parlando genericamente di «grandi reti di trasporto o navigazione». «Ma la riforma è ancora a uno stadio iniziale», replica Bignami. Secondo cui passare a una gestione locale dei trasporti potrebbe anche avvantaggiare le Regioni del Sud, perché darebbe loro la possibilità di creare soluzioni integrate (ad esempio, uno scalo portuale collegato a uno snodo ferroviario) difficili da pianificare a livello nazionale. «Per il Mezzogiorno la riassume Bignami può essere un'opportunità». Il timore dei governatori del Sud, invece, è che tutto si traduca in un'ennesima differenziazione dei servizi, tra cittadini di serie A e serie B. E che alla fine siano loro a pagare, metaforicamente, il pedaggio più alto.

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