ROMA C'è la grande opportunità di partecipare alla messa a punto del Recovery Plan con le sue riforme per ridisegnare il volto del Paese verso un sistema economico e sociale più moderno, capace di competere tra i migliori, e più inclusivo con minori disuguaglianze e in grado di rimettere in moto l'ascensore sociale. Il premier incaricato Mario Draghi ha fatto capire che le parti sociali non avranno un ruolo secondario in questa avventura. E loro, sindacati e organizzazioni datoriali, sono pronti a fornire un apporto costruttivo e collaborativo. Nonostante alcuni temi si presentino di difficile composizione per le diverse aspirazioni.
LA DATA L'incontro con il premier incaricato fino a ieri sera non era stato ancora calendarizzato, ma Draghi lo ha annunciato nel suo unico intervento pubblico, quello al Quirinale immediatamente dopo aver avuto l'incarico da Mattarella. Quindi le parti sociali se lo aspettano. «Forse mercoledì» azzarda Maurizio Landini, leader Cgil. Al di là della data, le delegazioni hanno già messo a punto la scaletta dei punti da sottoporre al futuro premier. Alcuni riguardano situazioni impellenti. Come i provvedimenti a sostegno di lavoratori e imprese in difficoltà a causa dei lockdown e delle restrizioni imposte per limitare i contagi da Covid. Sul tavolo c'è il blocco dei licenziamenti in scadenza a fine marzo. I sindacati chiedono che sia prorogato per tutta la durata dell'emergenza sanitaria. Temono la deflagrazione di «una bomba sociale» con centinaia di migliaia di licenziamenti se il blocco dovesse essere tolto. I rappresentanti delle imprese frenano, dicendosi disponibili solo a una proroga selettiva. Il governo dimissionario pensava ad una proroga di un mese (fine aprile) per tutti per poi lasciarla solo per i settori in forte difficoltà, come quello che ruota attorno al turismo. Attualmente il blocco dei licenziamenti è in vigore per le aziende che utilizzano la cassa integrazione Covid, interamente a carico dello Stato. Anche per questo strumento il governo che verrà dovrà decidere per quanto tempo prorogarla e per chi.
LE CARTELLE Tra i primi provvedimenti da varare c'è anche il decreto Ristori 5, che ha una dote di 32 miliardi di euro. Il governo dimissionario lo aveva preparato ma, vista la cifra in ballo, ha deciso di lasciarlo al nuovo governo. E non è detto che qualche requisito per ottenere i bonus non sia rivisto. In ballo resta anche la sospensione dell'invio delle cartelle fiscali ed eventuali nuove rottamazioni. Ma il vero lavoro, sul quale le parti sociali vogliono avere voce in capitolo, è quello delle riforme che accompagneranno il Recovery plan. «È un'occasione irripetibile» afferma Landini promettendo collaborazione. E così anche le organizzazioni datoriali, Confindustria in primis. Sulla carta sono tutti pronti a rinunciare - una volta sconfitta l'emergenza sanitaria - ai finanziamenti a pioggia, per dare spazio solo a quello che lo stesso Draghi ha definito debito buono. Si vedrà.