«Saranno i robot a costruire le città sulla Luna, prima, e poi su Marte». Detto da Roberto Cingolani, uno dei massimi esperti di nanotecnologie e intelligenza artificiale che ha visto nascere a Genova progetti visionari come iCub, un robot androide di 104 centimetri e 22 chili, o Walkman, un robot umanoide di quasi due metri, c'è da credergli. Sarà dunque uno scienziato, un visionario a guidare il primo ministero della Transizione ecologica della storia italiana. Un nuovo ministero dell'Ambiente «più la materia energetica, allo stato attribuita ad altri ministeri». Una missione naturale per chi deve mescolare innovazione e tecnologia per costruire il futuro sostenibile. Il tema non è che cosa può essere l'Italia fra tre anni, ma costruire il Paese del 2030 e del 2050.
Si definisce «un eremita digitale», il professor Cingolani, gli basta un'email e il cellulare, solo per lavorare, sia chiaro. «Per me essere social vuol dire parlare con cinque persone guardandole negli occhi», ha detto in una recente intervista. Da giovane sognava di salvare il mondo e andare in Africa a fare il medico. Poi ha deciso che «serviva un ambiente «più matto degli ospedali». E del resto «i robot, interagendo con i bambini», dice, «possono aiutare a sconfiggere disturbi del neurosviluppo». Al Comitato nazionale di bioetica ha spiegato come si può pronosticare una malattia neurologica filmando come cammina una persona. Un'altra visione.
Le origini a Milano, la laurea in Fisica a Bari, il dottorato alla Normale di Pisa, poi la ricerca Germania, Giappone e Stati Uniti. Nel 2000 è professore ordinario di Fisica Sperimentale all'Università di Lecce. E un anno dopo guida il Laboratorio di Nanotecnologie creato a Lecce. Poi il passaggio a guidare l'Istituto italiano di Tecnologia fondato a Genova nel 2005, mecca internazionale per la robotica e le nanotecnologie. È l'allora ministro delle Finanze Giulio Tremonti, insieme al suo consigliere Vittorio Grilli, a sceglierlo come direttore scientifico. Tra qualche critica del mondo accademico questa volta è il premier Matteo Renzi, nel 2016, ad affidargli una nuova missione: la progettazione di un polo scientifico da realizzare nell'ex area Expo a Milano. La proposta del fisico è lo Human Technopole, una città della medicina del futuro. Poi ancora premi, riconoscimenti. E da ultimo l'inserimento nella ristretta task force Colao per la ripartenza post-Covid.
Dal 2019 Cingolani, 59 anni, è chief technology & innovation officer di Leonardo, la mente progettuale, tecnologica e creativa tra le una aziende leader al mondo nel comparto aereo, della difesa e della sicurezza: cielo, terra, mare, spazio e anche cyberspazio.
Si vedrà se la «transizione ecologica» del Paese sarà o no la sfida più difficile per il professore. Un uomo di scienza deciso a lottare contro «l'inutile burocrazia», ma anche oltre i limiti: «Se esistono, sono solo dentro di voi», ha detto ai suoi ricercatori lasciando l'IiT.
LA MISSIONE Una buona parte dei fondi del Next Generation Ue passeranno dalle sue mani, visto che saranno proprio destinati alla declinazione ambientale dell'economia, a partire dalla transizione energetica per arrivare al taglio del 55% delle emissioni entro il 2030 e alle neutralità carbonica entro il 2050. Circa 70 miliardi, sui 209 complessivi, secondo la Commissione Ue dovrebbero essere investiti proprio per rivoluzionare trasporti ed energia. Va accelerato, dunque, il passaggio dagli idrocarburi alle rinnovabili e all'idrogeno nei settori energia e trasporti (non solo mobilità sostenibile, tra le priorità, quella di accorciare le distanze tra il Nord e il Sud del Paese). Di più: sarà obbligatorio da ora in poi che qualsiasi decisione di politica industriale sia presa immaginando alle sue ricadute su clima, ambiente e sostenibilità, per guadagnare il lascia passare Ue. E migliorare la qualità della la vita. Ma attenzione. Cingolani è anche un forte sostenitore del ruolo della ricerca privata, come accade nel resto d'Europa. E quindi, forse è la volta buona che si metterà in campo un piano nazionale fondato su un asse pubblico-privato su competenze, creatività e anche investimenti, naturalmente.
Quando dirigeva l'Istituto italiano di tecnologia, ci passava sopra tre volte al giorno sul Ponte Morandi e lo sentiva vibrare. «Il crollo si poteva prevedere», ha detto di recente al Cnb. Come? Il pensiero è alla tecnologia Leonardo, e allo straordinario database di immagini satellitari di Telespazio ed E-geos. Certe tecnologie si presterebbero a un'analisi delle oscillazioni millimetriche di tutti i viadotti, basata su raffronti storici. Ma è «lo Stato che deve decidere», avverte. Ora lo Stato è anche lui.