L'AQUILA La sfida, che forse è anche e soprattutto politica, sta tutta lì: le ordinanze con cui i governatori, tra cui quello abruzzese Marco Marsilio, stanno allentando in anticipo le restrizioni dopo la chiusura per il coronavirus, sono legittime o no? In attesa di domani, data in cui, ultimo decreto Conte alla mano, partirà la fase 2 con la ripartenza di alcuni comparti produttivi, a far discutere sono le immagini di un 1 maggio quasi normale, anche sulla riviera abruzzese, con persone a passeggio, in bici, senza mascherina. Frutto, dice in particolare il Pd, della confusione generata dalle ultime ordinanze di Marsilio. In particolare la 51 e la 52 che hanno abbattuto alcuni divieti: tra gli altri quello di fare sport, ora consentito all'interno del comune, gli allenamenti individuali, la toelettatura degli animali, il Drive in per il cibo d'asporto, la pesca, il taglio dei boschi, la possibilità di raggiungere le seconde case nel territorio regionale, viaggiare in due su auto e moto (se si risiede insieme).
Le tesi sono due: lieve anticipazione dei tempi in linea con il decreto Conte per il centrodestra; provvedimenti irresponsabili e dettati solo da motivi politici per il centrosinistra.
LE CRITICHE Il Pd, attraverso una serie di amministratori locali, ha attaccato la Regione chiedendo immediatamente il ritiro dei provvedimenti. «Si tratta di una condotta pericolosa recita una nota - che genera confusione nei cittadini e costringe le amministrazioni locali a dare chiarimenti e risposte su qualcosa che si è visto calare dall'alto senza nessuna condivisione preliminare. È un fatto molto grave che, in una fase nella quale è necessario mantenere una linea comune e dare segnali univoci alla popolazione, si voglia mettere in piazza e sulla pelle dei cittadini uno scontro che è tutto e solo politico nel quale la Regione targata Meloni - Marsilio tenta una fuga in avanti su temi così delicati. Le ordinanze regionali mettono in grande difficoltà chi deve esercitare i controlli. C'è inoltre un aspetto giuridico: queste misure appaiono illegittime alla luce degli atti del Governo che giustificano solo misure più restrittive».
LA REPLICA Pronta la risposta di Marsilio: «Il caos e il disordine che le recenti ordinanze presidenziali avrebbero creato stanno solo nella testa dell'opposizione, che alimenta la confusione per fare propaganda. Basterebbe alzare lo sguardo dal proprio ristretto cortile per accorgersi che in Abruzzo non avviene nulla di eversivo né di pericoloso. D'altronde, dopo giorni e giorni che i governatori delle Regioni sono stati messi sul banco degli imputati perché rei di sfidare il Governo buono e coscienzioso, è stato lo stesso Ministro Boccia (Pd) a riconoscere che il 95% delle disposizioni emanate sono coerenti con i decreti del Governo». Marsilio ha citato esempi di Regioni a guida Pd: pugliesi e toscani «che hanno trascorso la giornata del primo maggio passeggiando o andando a pesca», la Regione Marche che «ha emesso un'ordinanza che consente le attività di asporto e l'apertura dei negozi di alimentari anche nei giorni di domenica», Zingaretti che nel Lazio permette «l'asporto dei cibi, la manutenzione dei natanti, dei campeggi e degli stabilimenti non diversamente dall'Abruzzo». «Evidentemente per il Pd abruzzese conclude Marsilio quello che è vietato ordinare a Marsilio è invece consentito e benedetto se lo fanno Zingaretti o Bonaccini. Quello che è pericoloso in Abruzzo diventa sano nelle rosse Emilia e Toscana o nella Capitale», conclude la nota di Marsilio. Critiche dure anche dal Movimento Cinque Stelle: «Gli ultimi tre giorni ha detto Sara Marcozzi, capogruppo in Regione - hanno segnato il picco del pressappochismo, della confusione e dell'inadeguatezza della giunta Lega-Fdi-Fi e del presidente Marsilio. L'unica cosa chiara è che, pur di ubbidire agli ordini di scuderia che arrivano dai vertici di partito e contravvenire ai Dpcm del premier Conte, Marsilio è andato contro il buonsenso e il principio di precauzione, aprendo liberamente alle passeggiate nel pieno del weekend del I maggio».
IL PARERE Secondo il costituzionalista Carlo Di Marco, però, «Regioni ed enti locali devono adeguarsi alle nome che il Governo ha legittimamente emanato: a decretazione delle ordinanze dei presidenti delle Regioni non può che confermare i provvedimenti del governo o addirittura emanare disposizioni ancora più restrittive perché il bene superiore in questo momento è la salute pubblica. Non possono essere privilegiati gli interessi di qualche categoria».