ROMA Il record assoluto di contagi, i 7.332 nuovi positivi in ventiquattr'ore che non si registravano neppure durante il lockdown più duro, fanno scattare l'allarme. Il governo aveva messo in conto un'impennata dell'epidemia, da qui l'ultima stretta decisa con il nuovo Dpcm che ora appare già vecchio. «Ma se la situazione dovesse aggravarsi ulteriormente, adotteremo prontamente altre misure restrittive per contenere la diffusione del virus», dice un ministro, «e le prime a farlo saranno le Regioni più colpite» dal Covid-19. Un modo neppure velato per rimandare la palla nel campo dei governatori (soprattutto di centrodestra): condividere la responsabilità delle nuove misure restrittive, quanto mai impopolari in questa fase, è diventato un imperativo per Giuseppe Conte.
MODELLO PARIGI Tra i provvedimenti contemplati non ci sarà il blocco delle attività produttive. Il Pil già a fondo non si può affossare del tutto. Così, se l'ondata dell'epidemia aumenterà drammaticamente come in Francia, si procederà piuttosto a strette «territoriali» e a coprifuochi cittadini (dopo le 21, come a Parigi) per limitare le occasioni di contagio. Contemplata anche l'adozione di ulteriori misure, cominciando a ritroso dalle riaperture di maggio: i primi a chiudere sarebbero i luoghi di aggregazione e di maggior rischio contagio, vale a dire cinema, teatri, palestre; poi sarebbe la volta di centri estetici e parrucchieri. Infine toccherebbe a bar e ristoranti. Gli ultimi a chiudere sarebbero i negozi. Ma nessuno stop, appunto, a fabbriche e aziende. E, per quanto possibile, alle scuole: il proseguimento dell'anno scolastico resta, al momento, «l'ultima trincea» per il governo.
Conte però preferisce non «seminare allarmismo», se non a piccole dosi. Il giusto per preparare l'opinione pubblica alla successiva stretta. Così non ha preso bene la sortita del virologo Andrea Crisanti che ha adombrato la possibilità di una chiusura generalizzata del Paese «durante le feste di Natale». Ma neppure l'ha esclusa. Anzi: «Io non faccio previsioni per Natale, faccio previsioni delle misure più idonee, adeguate e sostenibili per prevenire un lockdown. Però dipenderà molto dal comportamento» degli italiani. «Questa è una partita in cui vinciamo tutti, altrimenti perdiamo tutti», ha ammonito, «non potete pensare che ci sia il governo che risolve il problema. E' stata tutta la comunità nazionale che ci ha consentito di affrontare la fase più dura e ne siamo usciti vincitori. E smettiamola di fare discorsi astratti, discussioni. Bisogna essere concreti, c'è da tutelare la salute: se cresce il numero dei contagiati nelle terapie intensive andremmo di nuovo in difficoltà. Dobbiamo arrestare questa curva e per farlo è indispensabile rispettare le regole».
Il nuovo appello agli italiani, condito da messaggi ai governatori, è stato accompagnato da Conte da un'analisi allarmata della situazione: «La curva dei contagi continua e sta lentamente ma progressivamente crescendo. È la ragione per cui abbiamo adottato, e non ci ha fatto piacere, delle misure restrittive. Altre, ulteriori, potranno prenderle le Regioni. È chiaro che è una situazione che non può non preoccuparci». Come dire: non toccherà solo al governo caricarsi sulle spalle la croce dell'eventuale lockdown. «Fuoco amico della destra, come durante la prima fase, non sarà più accettato», dice un alto esponente del Pd.
Il ministro agli Affari regionali, Francesco Boccia, però getta acqua sul fuoco: «Siamo preoccupati, ma nessun terrore: la situazione di oggi è diversa rispetto a marzo-aprile, le reti sanitarie territoriali sono state rafforzate, le terapie intensive e sub-intensive sono aumentate e sostengono gli sforzi in corso. Ma più che mai serve adesso ancora più prudenza. Il virus è tra noi e corre veloce». «Rispetto al picco del 21 marzo quando vi furono 6.557 nuovi contagi a fronte di appena 26.336 tamponi», aggiunge un altro ministro, «la situazione è più rassicurante: martedì sono stati fatti 152.196 tamponi con un indice di contagio del 4,8. A marzo l'indice era del 25%».
IL FRONTE TRASPORTI L'allarme però resta. E sono in arrivo novità sul fronte dei trasporti locali che con gli assembramenti alle stazioni rischiano di essere il vero tallone di Achille delle misure anti-Covid. In un vertice tra la ministra Paola de Micheli e i rappresentanti di Regioni e Comuni e delle aziende di trasporto, è stato deciso di lasciare invariata all'80% la percentuale di viaggiatori rispetto alla capienza consentita su bus, metro e treni. Per limitare le occasioni di contagio e dunque gli assembramenti si cercherà di procedere a un ulteriore scaglionamento degli ingressi a scuola e apeertura di negozi e uffici. Ed è stato deciso di incrementare i controlli nelle stazioni per evitare assembramenti e di incrementare i mezzi per «le tratte più sollecitate, anche ricorrendo ad affidamento ai privati e ai bus turistici».