Data: 25/04/2023
Testata Giornalistica: IL CENTRO |
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«Il coraggio dei nostri padri, gli eroi della Brigata Maiella» La Liberazione raccontata dai figli di Ettore e Domenico Troilo, e Gilberto Malvestuto Al Sacrario oggi c'è la cerimonia
L'AQUILA Per un re che fuggiva da Ortona, altri italiani restarono a difesa della patria e dei confini, in questa stessa terra, raggruppandosi sui monti abruzzesi. Dalla Maiella a Sulmona, da Bosco Martese al Gran Sasso. E se il leggendario Enea portò sulle spalle il padre Anchise, oggi i figli di quei padri nobili della Resistenza abruzzese portano nel cuore i loro genitori scomparsi: il comandante Ettore; il vice e responsabile militare Domenico; il sottotenente Gilberto. Si chiamano Carlo; Barbara e Alberto; Sandro. I loro cognomi sono Troilo e Malvestuto. Ne hanno raccolto il testimone e sono pronti a tramandarlo alle giovani generazioni. Il 25 aprile di chi ha avuto in casa un eroe come quelli della Brigata Maiella è un giorno speciale. secondo risorgimentoCarlo Troilo, giornalista e attivista dei diritti civili, è il figlio di Ettore, che fondò e guidò la formazione partigiana, l'unica decorata di medaglia d'oro al valor militare alla bandiera. «Provo una grande emozione in questa giornata», confessa. «Ero piccolo quando piombarono i tedeschi a Torricella Peligna. Mio padre riuscì a fuggire e si rifugiò in campagna, dove formò il primo nucleo di quella Brigata Maiella che rappresenta ancora oggi, a tanti anni di distanza, un vanto per l'Abruzzo. Quel primo nucleo andò a Casoli dagli inglesi. Nella Brigata c'erano molti socialisti e comunisti, c'erano persino dei monarchici. Era un movimento risorgimentale, tanto che si parla della Resistenza come di secondo Risorgimento d'Italia. Oggi andremo al sacrario, che fu eretto per volere di mio padre, a lasciare un fiore. Il 25 aprile oggi? Non vedo grande entusiasmo, sono passati quasi 80 anni e moltissimi cittadini di oggi non erano nati, quindi non ne hanno un ricordo diretto. Eppure il clima non è ostile. Il governo ora ponga la sua attenzione sul fatto che la Resistenza sia un evento unitario nazionale come il Risorgimento».
DOMENICO, IL PCI E SAN CAMILLO «Ho partecipato con mio padre a tutti i 25 aprile», racconta Alberto Troilo, grafico, designer e comunicatore, figlio di Domenico. «Da quando lui non c'è più lo trascorro in maniera ritirata. Vivo in provincia di Parma, qui c'è un piccolo cimitero dov'è sepolto un partigiano di 18 anni. Gli porto i fiori. Mio padre? Nato a Gessopalena pochi giorni prima della marcia su Roma da una coppia di contadini, ottenne il diploma magistrale da privatista grazie agli insegnamenti del prof Federico Mola. A 18 anni fu maestro elementare a Montenerodomo. Troppo poco per un ragazzo nel pieno del suo slancio. E così partì come ufficiale volontario della regia Aeronautica per la guerra d'Africa, in Tripolitania. A prevedibile sconfitta (molti i suoi racconti sull'inadeguatezza del Regio Esercito) rientrò prima a Roma, dove lo colse il bombardamento alleato di San Lorenzo, e poi a Venaria Reale di Torino. L'8 settembre rientrò al paesello, la cui vita tranquilla fu presto minata dall'omicida strategia della "tabula rasa" adottata dai tedeschi sulla linea Gustav. Domenico era persona incapace di restare inerte e avendo peraltro subìto il dolore dell'assassinio di sua madre, mia nonna, da parte dei nazisti, divenne con un piccolo gruppo di ragazzi, alcuni poco più che bambini, capo partigiano. Patriota, anche nella consapevolezza, lo diverrà in seguito. La storia della Brigata è nota ai più. Spesso mi chiedono: "Come ha potuto tuo padre diventare vice comandante a soli 22 anni?". Questione di attributi, forse figli delle sue origini, che riassumo in tre lezioni comportamentali: "Non puoi richiedere un sacrificio a qualcuno se non sei il primo a porti in gioco", "Non esiste raccolto senza semina", "Se determini il destino di qualcuno ne sei responsabile nel bene e nel male e, se devi, paghi". Domenico era un uomo con un modesto spazio intermediativo tra il pensiero e l'azione. Pensava e faceva. E riconosceva il sentire delle persone. C'è chi vorrebbe saltare direttamente al 26 aprile? Purtroppo è così. Vorrei avere la combattività di mio padre, ma ho la sensazione netta del declino dei princìpi e valori della Resistenza. Era un uomo dal carattere forte, proattivo. L'ultimo ricordo che ho di lui è di quando era ricoverato a Chieti. Pochi minuti prima dell'intervento al cuore che decreterà la sua fine mi vide preoccupato. E lui, che stava per entrare in sala operatoria, scorgendo dalla finestra Bucchianico, mi raccontò la storia di San Camillo de Lellis. Dalla bocca di un da sempre comunista. Il sacro e il profano nella sua immensa umanità. Lui era così. Una sua frase? "La guerra non è esperienza che merita di essere vissuta". Lui combatterebbe, come ha sempre fatto nel Dopoguerra, con la partecipazione e la parola. A lui e ai tanti ragazzi come lui dico una sola parola: grazie».sogno di libertàBarbara Troilo, manager a Milano, è la figlia di Domenico. «Chi era mio padre? Un uomo libero. Con me non era solito raccontare le brutalità della guerra. Ma ricordo ancora il grande rispetto che avevano per lui tutti i suoi ex compagni della Brigata Maiella: per loro era ancora il "Comandante". Era un uomo di pace: e lo raccontava ai giovani, nelle scuole, perché quella storia gloriosa non cadesse nell'oblio. Ricordo come a casa ci fosse un continuo viavai di persone, ex patrioti, compaesani: mio padre era sempre accogliente, per lui non c'erano differenze, era sempre pronto a tendere una mano. Ospite fisso Romualdo "il matto del paese" che pranzava sempre con noi, seduto a capotavola, con le sue "chiochie", scarpe dei vecchi contadini, il suo viso segnato dalla vita e dal sole. Mi ha spiegato l'importanza del prepararsi, studiare e di essere curiosi. In questi tempi difficili e nei quali l'oblio di queste vicende importantissime per la storia del Paese è sempre in agguato, è fondamentale ricordare la storia di quegli uomini che hanno combattuto per la libertà. Tutti - ma soprattutto i giovani - siamo dunque quel baluardo contro chi la storia la vuole cancellare. "Cosa ha significato essere la figlia di Troilo?" vuol dire, in definitiva, essere consapevole che mio padre era un eroe e non solo un bravo papà. Così come tutti quei ragazzi che combatterono per questa libertà di cui oggi possiamo godere, nessuno escluso».il ricordo di Malvestuto «È doloroso affrontare il distacco da un uomo come lui». Così Sandro Malvestuto, figlio di Gilberto, scomparso lo scorso primo marzo a 101 anni. Sandro, con le sorelle Mirella e Lorella, è il custode della memoria del papà. «Teneva moltissimo al rapporto coi giovani e lo addolorava che alcuni di questi conoscessero poco o nulla della Resistenza. Poi, soprattutto, lo addolorava questo rigurgito di fascismo e nazionalismo che vedeva in giro. Però ha avuto soddisfazioni dai giovani quando è andato nelle scuole. Ci teneva a dire che loro erano un gruppo regolare aggregato all'esercito polacco e si definivano patrioti. Raccontava di quando fu preso prigioniero un tedesco sui 16-17 anni che tremava: temeva di essere fucilato. Lui gli mise la mano sulla spalla e lo lasciò andare. Diceva sempre che il mitra gli pesava e avrebbe preferito la pace, ma si sentì obbligato a prendere le armi per difendere la patria. Noi ne portiamo avanti l'eredità. Prima di tutto l'amore per la libertà. Con noi figli è sempre stato affettuosissimo. Ha fatto in tempo a conoscere il pronipote di 8 anni, Domenico. S'è speso tanto per la causa dei maiellini. E quando era capostazione girava per i paesi facendo la colletta per il sacrario di Taranta Peligna».
Al Sacrario oggi c'è la cerimonia
Taranta Peligna, alle 10.30 il via agli eventi nel luogo simbolo della Resistenza TARANTA PELIGNAIl 75° anniversario della Liberazioine dal nazifascismo sarà ricordato oggi con una doppia manifestazione al Sacrario di Taranta. Alle 10,30 partirà un corteo con la banda di Gessopalena, sindaci e gonfaloni dei comuni del circondario per depositare una corona di fiori davanti al Sacrario della Brigata Maiella. Alle 11,30 gli studenti dell'istituto "Algeri Marino" di Casoli leggeranno una riflessione sugli avvenimenti di 78 anni fa e sulla situazione odierna. Concluderà Stefano Landini, segretario nazionale Spi Cgil. Sarà presente l'anziano partigiano Arnaldo Ettorre, presidente onorario dell'Associazione "Gruppo patrioti della Majella" che ha organizzato l'evento cui hanno aderito l'Anpi, la Provincia di Chieti, l'Anci, il Comune di Taranta, la Fondazione "Brigata Majella", l'istituo "Algeri Marino" e i sindacarti conferderali Cgil, Cisl e Uil.Nel pomeriggio sono previsti degli incontri, dal titolo "Riconoscersi partigiani", in contrada Lago Saraceno di Montenerodomo per ricordare le vittime di Vallone Cupo (una donna incinta e i suoi tre figli uccisi dai soldati tedeschi), e poi a Torricella Peligna in piazza "Ettore Troilo" per ricordare il comandante della Brigata Majella. Verso le 17 ci si sposterà a Sant'Agata di Gessopalena per commemorare la strage avvenuta nelle masserie di quel luogo. Più tardi nel borgo medievale, distrutto dalla guerra, gli alunni del Comprensivo Palena-Torricella metteranno in scena "Noi studenti della liberta".
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