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Data: 13/10/2019
Testata Giornalistica: LA CITTA'
    LA CITTA'

Il capolinea dei treni persi (*) di MARCELLO MARTELLI

Alla fiera del turismo di Rimini con dodici itinerari da proporre e, su tutto, il piacere del cicloturismo. Indicativo che non si parli di treni, argomento per noi scomodo. Non siamo fra le sei regioni virtuose che, d’intesa con le FS, potenziano e ammodernano la rete ferroviaria, per attirare e portare turisti alla ricerca di nuove mete. La nostra marginalità risale ai tempi del Regno delle Due Sicilie, quando persino i contatti con Napoli avvenivano con difficoltà e le vere vie di comunicazione verso Sud erano i tratturi. Mentre il nostro Adriatico, a causa di infrastrutture portuali mancanti, ieri come oggi, non ha mai potuto esercitare il suo ruolo sul mare e nel mondo. In Abruzzo il primo treno arrivò con l’Unità d’Italia e le speranze per un radicale cambiamento accesero l’entusiasmo del ministro abruzzese del governo Cavour, Giuseppe Devincenzi, che nella ferrovia Adriatica vedeva un punto di forza vincente per le province “degli Abruzzi”. Le quali “si sarebbero collegate con quasi tutto il commercio del mondo e, in poche ore, gli abruzzesi avrebbero potuto raggiungere Roma da Pescara”. Mai previsione fu più sbagliata e illusoria. “Nel secolo scorso- ribadisce Nevio Felicetti nel “Libro nero” di Codacons e Federconsumatori sulle ferrovie abruzzesi- le classi dirigenti abruzzesi, dettero ripetute prove di immaturità e di populismo deleterio, rispetto al nostro problema ferroviario. Alzarono, infatti, continui polveroni su velleitari propositi di radicali ristrutturazioni della rete, per tacitare una opinione pubblica sempre più delusa e indignata.” Delusione che ancora continua, anche per l’esperienza negativa che ci riguarda. Quando, sia pure con fastidiosa perseveranza, su questo giornale abbiamo tentato di accendere e animare un dibattito che non c’è, portando al centro dell’attenzione il tema fondante del trasporto regionale su ferro innovativo e di qualità. Visto che il gruppo FS ha cambiato musica e, per il prossimo quinquennio, ha programmato enormi investimenti con particolare attenzione per il trasporto regionale sul binario, come strumento straordinario per distribuire turismo nelle varie aree del Paese. Scontato ormai che, con il treno, è possibile rendere più vicini e accessibili territori e città, ora tagliati fuori. Mentre le masse turistiche, specie dall’estero, continuano a confluire verso mete tradizionali, che spesso non riescono ad ospitare tutti. Sei regioni (Liguria, Veneto, Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Puglia) hanno capito la grande opportunità e si stanno muovendo per aggiornare il rispettivo sistema di trasporto ferroviario, approfittando degl’investimenti programmati. Da tempo, nel nostro piccolo, stiamo sottolineando con insistenza il grave errore delle forze politiche regionali, che non hanno saputo adottare la stessa politica, avviando il rinascimento urbano attraverso la riqualificazione e l’ammodernamento della rete ferroviaria locale. Più volte abbiamo evidenziato gravi indecisioni e ritardi per lo scalo ferroviario della città. Dove, come in altre parti d’Italia con il piano di riqualificazione delle stazioni ferroviarie, ci sarebbero da cogliere e valorizzare importanti potenzialità di mobilità e sviluppo. Siamo purtroppo in un territorio con dirigenti e forze politiche che forse non hanno ancora capito i danni procurati da troppo tempo, specie nel Sud fermo ai tempi dei Borboni, dall’abbandono al suo destino della rete ferroviaria. Segno di rassegnazione e incultura che mette sotto accusa chi non sa guardare a come in Europa si affrontano modernamente i problemi nazionali e locali della circolazione. Per noi più che mai prioritari e pressanti, con il rischio presente di perdere tutti i treni del turismo e dello sviluppo. Al contrario di quanto si sta verificando in altre zone più fortunate e illuminate del Bel Paese.


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