Data: 12/09/2019
Testata Giornalistica: IL CENTRO |
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Governo e Abruzzo intesa per il lavoro. Incontro con Misiani, prossimo vice ministro dell'Economia sviluppo
PESCARA Quello che serve in questo momento di grandi cambiamenti è un "Green new deal", un nuovo patto declinato in verde, che parte dal lavoro e coinvolge settori chiave per il futuro del Paese: infrastrutture, investimenti, ambiente. Ed è stato proprio il lavoro, ai tempi del Jobs Act e Decreto dignità, l'argomento al centro del dibattito che si è svolto ieri nella sala Camplone della Camera di commercio di Pescara, promosso dal Pd regionale.Hanno partecipato il senatore Antonio Misiani (responsabile nazionale Economia Pd, e indicato come possibile vice ministro al Mef), l'economista Emanuele Felice, Andrea Borghesi (segretario generale nazionale Nidil Cgil), Christian Galbiati (docente universitario e responsabile del progetto Dark Side dell'Infn), Sergio Galbiati (LFoundry), i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, Carmine Ranieri, Leo Malandra e Michele Lombardo, oltre all'ex presidente vicario della giunta regionale, Giovanni Lolli, al segretario regionale del Pd, Michele Fina, al direttore regionale della Cna, Graziano Di Costanzo. In sala, tra gli altri, il consigliere regionale del Pd, Silvio Paolucci, e l'ex sindaco di Pescara, Marco Alessandrini. Assente il neo ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, impegnato nel passaggio di consegne con il suo precedessore, come ha spiegato Fina. «Tornerà», ha detto il segretario regionale del Pd, «per discutere quale tipo di sviluppo proporre per l'Abruzzo». ABRUZZO E MEZZOGIORNO. «L'Abruzzo», ha detto Misiani, « avrà un tema e un ruolo importante nelle politiche del Mezzogiorno del nuovo Governo». Un tema, quello del Mezzogiorno, ha assicurato, «al centro delle politiche economiche dell'esecutivo». Secondo Misiani «bisogna investire nei servizi pubblici che sono un punto di debolezza, il cuore di quello che la Svimez chiama la cittadinanza limitata del Mezzogiorno. Il Governo deve agire in questa direzione e noi confidiamo molto nel lavoro del ministro Provenzano». Quanto al suo possibile incarico da sottosegretario Misiano ha detto che farà quello che gli sarà chiesto,«ma svolgo un ruolo che mi appassiona e cercherò di dare il miglior contributo possibile». LA PRIORITÀ DELLE PRIORITÀ. «Le politiche del lavoro nel programma del nuovo Governo hanno un ruolo molto importante. In Italia», ha aggiunto Misiani, «ci sono quasi 3 milioni di disoccupati e di persone che cercano lavoro; tanti giovani sono costretti ad andare via perché qui non hanno prospettive. Far ripartire l'economia è la priorità. Creare lavoro è la priorità delle priorità, ma per far questo serve un rilancio degli investimenti. Ci sono tanti soldi stanziati per i finanziamenti pubblici, dobbiamo spenderli presto e bene e incentivare quelli dei privati a partire dall'economia verde che può creare centinaia di migliaia di posti di lavoro, può dare nuove prospettive di». Nel bilancio dello Stato ci sono già 116 miliardi, ha aggiunto, che potrebbero essere utilizzati «per cambiare il volto del nostro territorio». GRANDI TRANSIZIONI. Il Paese, secondo Misiani, si è fermato e alcuni territori sono più immobili di altri (come ad esempio il Meridione), dopo 25 anni segnati da profonde disuguaglianze. «E sullo sfondo», ha aggiunto, «ci sono grandi transizioni, come quella demografica, tecnologica e ambientale». Perfino l'autonomia differenziata, secondo Misiani, potrebbe rappresentare un valore aggiunto, ma solo nella misura in cui «vengano salvaguardati i diritti sociali e di cittadinanza e quelli della coesione nazionale. Non si può regionalizzare la scuola, ma si possono regionalizzare alcune politiche pubbliche su si possono costruire risposte più efficienti. Su questo percorso ci sarà un dialogo tra il Governo e le regioni che hanno fatto di autonomia, coinvolgendo il Parlamento e costruendo un progetto condiviso a livello nazionale». OTTIMISMO TRACOTANTE. La crisi del 2008, secondo l'ex presidente vicario della giunta regionale, Giovanni Lolli, ha cambiato tutti i modelli ai quali eravamo abituati a rapportarci. «Per quanto riguarda l'Abruzzo», ha detto, «più che analizzare la percentuale di occupati e disoccupati bisognerebbe soffermarsi sulle ore lavorate, che sono calate vistosamente. Basta con l'ottimismo tracotante, che non corrisponde alla percezione reale delle cose». Detto questo Lolli ha anche parlato di un Abruzzo delle eccellenze, fatto di realtà imprenditoriali che sono il vanto della regione in tutto il mondo. E alcune di queste erano in sala ieri, con i loro rappresentanti. RIDISTRIBUIRE LA RICCHEZZA. Come Sergio Galbiati (LFoundry), che ha parlato di come ridistribuire la ricchezza sia un tema cruciale «soprattutto se si pensa che il nostro mondo, per come lo viviamo oggi, e senza voler fare del catastrofismo, ha ancora qualche decina di anni». Oppure Christian Galbiati (Infn), secondo il quale occorrono «nuovi paradigmi per creare ricchezza, posti di lavoro e nuove filiere produttive», con la grande ricerca che deve innestarsi sulle caratteristiche del territorio. LE INFRASTRUTTURE. A riportare il dibattito sulle carenze, l'appello lanciato dai rappresentanti sindacali, che hanno insistito sulla necessità di adeguare le infrastrutture, per mettere davvero la regione in grado di competere. Purtroppo, ha detto il segretario nazionale Nidil Cgil, Andrea Borghesi, negli ultimi anni è passato in secondo piano il concetto che non è la ricchezza a creare lavoro, ma il contrario. Un Paese, l'Italia, nel quale «abbiamo perso un milione di posti di lavoro a tempo pieno, per fare posto a lavoro povero». Una situazione alla quale il nuovo governo dovrà dare risposte. GLI ARTIGIANI. «Oggi le imprese», ha detto Graziano Di Costanzo (Cna), «sono gli unici soggetti che producono ricchezza e occupazione. Poi è lo Stato che deve occuparsi di redistribuirla». Di Costanzo ha auspicato un alleggerimento delle procedure europee in tema di concessione di finanziamenti, soprattutto quando si tratta di stanziamenti di modesta entità in favore di piccole imprese. «L'Europa deve capire che non siamo la Germania, e che il nostro tessuto imprenditoriale è formato per lo più da micro realtà». |
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