ROMA Parlare di obbligo vaccinale, quanto meno per alcune categorie oltre agli operatori sanitari o per determinate fasce di età, non è più un tabù. Il tema è sul tavolo del governo ora che la campagna di immunizzazione ha subito un rallentamento, con una diminuzione del numero di iniezioni quotidiane, mentre nei reparti di terapia intensiva i pazienti sono quasi tutte persone che non hanno ricevuto la seconda dose e, molto più spesso, neanche la prima. Per oggi è atteso l'intervento del ministro della Sanità, Roberto Speranza, al Meeting di Rimini.
PRESSIONE Da settimane uno dei membri più ascoltati del Comitato tecnico scientifico, il professor Sergio Abrignani, immunologo dell'Università Statale di Milano, lo ripete: siamo nel pieno di una emergenza sanitaria, l'unico modo per uscirne è prevedere l'obbligo vaccinale, perché serve a ridurre la circolazione del virus e a limitarne gli effetti negativi. Abrignani aggiunge sempre che il sostegno allo strumento dell'obbligo del vaccino anti Covid è una sua posizione personale, ma ormai su questo tema le pressioni a fare di più sono molteplici. Ad esempio, anche un altro componente del Comitato tecnico scientifico, Fabio Ciciliano, invita a prendere in considerazione questa soluzione. E ieri è tornato alla carica il governatore della Liguria, Giovanni Toti, il primo a dire senza troppi giri di parole che il vaccino sopra i 50 anni deve essere obbligatorio. Ieri ha scritto sul suo profilo Facebook: «Se entro la settimana prossima non avremo un sufficiente numero di prenotazioni per il vaccino e i numeri non saranno cambiati, sarà il caso di passare all'obbligo vaccinale per alcune categorie. Non vedo perché un lavoratore vaccinato debba essere costretto a convivere con un non vaccinato oppure un insegnante vaccinato debba partecipare alle riunioni didattiche con insegnanti e personale non vaccinato. E banalmente perché un cittadino che si è diligentemente vaccinato debba dividere il posto in autobus con un non vaccinato. Forse qualcuno spera di far chiudere ancora l'Italia, per giocare sulla paura e la miseria. Questo non deve accadere». Toti sfida anche i No vax ricordando che i letti di ospedale sono pieni di persone non vaccinate, oltre 4 milioni di cittadini tra i 50 e i 60 anni «non si sono né prenotati né vaccinati: sono proprio loro che finiscono in ospedale». Morale: «Non possiamo rimanere schiavi di superstizioni, di battaglie di retroguardia e men che meno di meschini giochi politici, di chi strumentalizza e sfrutta per interesse una vera e propria macchina di insulti organizzata sui social da pochi fanatici No vax». Anche all'interno del governo la riflessione è cominciata, dopo che il consulente del commissario Figliuolo, il professor Guido Rasi, si è schierato a favore dell'obbligo vaccinale.
Parallelo, ma non sovrapponibile, corre l'applicazione di un altro tipo di strumento che, va sempre ricordato, non è necessariamente collegato al vaccino perché si può ottenere anche con un semplice tampone antigenico negativo eseguito nelle ultime 48 ore. Dice il sottosegretario alla Sanità, Andrea Costa: «Per l'obbligo di Green pass penso a tutte quelle attività dove c'è da garantire la continuità di un servizio, per esempio gli operatori del Trasporto pubblico locale, i dipendenti dei market e dei servizi essenziali. E anche gli impiegati degli uffici comunali e pubblici dovranno tornare alla normalità e in presenza: hanno la responsabilità di garantire un servizio al Paese e a contatto con il pubblico».
IL NODO Per il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, che parla all'indomani dell'attacco del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che ha criticato i sindacati perché si sono opposti al Green pass nelle aziende e nelle mense: «Il nostro Paese deve far esperienza dei mesi scorsi. Non si può sbagliare. Noi abbiamo oggi uno strumento in più: il Green pass, le vaccinazioni. Bisogna che sia esteso al maggior numero di attività, solo così noi saremo in grado di dare libertà alle attività e alle persone e quindi alla ripresa in sicurezza. A partire dalla scuola che è la grande priorità. L'impegno che dobbiamo mettere è mai più dad: i dati degli Invalsi dimostrano che disastro è stata la dad. Io sono la massima espansione del Green pass. Invoco che ci sia un lavoro a tre tra istituzioni, sindacati e rappresentanti delle imprese per trovare le soluzioni migliori: abbiamo tutti voglia di soluzioni e non di problemi. L'importante che ciascuno faccia la sua parte».
«Fondamentale prevederlo almeno per le fasce a rischio Ma la decisione è politica»
«In Italia le vaccinazioni obbligatorie esistono già per una serie di malattie. Ipotizzarle anche per il coronavirus non è sbagliato, sarebbe molto utile. In alternativa si può puntare su alcune categorie o fasce di età».
Fabio Ciciliano, medico, una vita nella Polizia di stato e nelle Protezione civile, è membro fin da inizio pandemia del Comitato tecnico scientifico. Anche secondo lui l'obbligo vaccinale è una strada percorribile.
Da Rasi a Toti a Musumeci, sia pure con sfumature diverse, in molti sostengono la necessità dell'obbligo vaccinale. Lei che cosa ne pensa?
«La massima copertura immunologica di una popolazione si ottiene quando è raggiungibile il più alto numero di vaccinati. Dal punto di vista tecnico, quindi, non si può non essere che assolutamente favorevoli alla vaccinazione. Anche attraverso l'obbligo vaccinale, meglio se per tutti, ad esempio come per alcune vaccinazioni che sono obbligatorie da molto tempo. Tra i 0 e i 16 anni c'è una lista di vaccini obbligatori, da quello anti polio a quello contro il morbillo, per fare solo due esempi. In alternativa, si potrebbero prendere in considerazione alcune fasce di popolazione: quelle più fragili o magari quelle maggiormente esposte al rischio di contagio, come è accaduto per il personale sanitario».
Visto che la campagna vaccinale ha rallentato non sarebbe questo l'unico modo per ridare una spinta poiché ci sono ancora 4-5 milioni di persone non protette nelle categorie più a rischio?
«Effettivamente si è registrata una notevole flessione proprio nelle fasce di popolazione maggiormente vulnerabili in caso di contagio. Ricordo che più del 97 per cento delle morti per Covid-19 è all'interno della fascia di età over 65. Se non bastasse, ricordo che, ad oggi, più del 95 per cento dei pazienti attualmente in terapia intensiva non è vaccinato, mentre il completamento del ciclo vaccinale protegge al 97 per cento dalla morte e al 95 dalla malattia grave. Non so quali altri dati possano essere più eloquenti di questi».
Avere collegato il Green pass anche ai test antigenici non ha ridotto la forza di convincimento a vaccinarsi di questo strumento?
«È stato necessario per evitare discriminazioni. Il Green certificate è un importante strumento di libertà in questa fase dell'epidemia. Chi non vuole vaccinarsi, effettua un tampone rinofaringeo per la ricerca del virus. E così ogni 48 ore se vuole conservare la validità continuativa del Green pass. È un giusto atto di tutela sanitaria collettiva. E lascia liberi di non vaccinarsi chi non vuole».
Come Cts ne avete discusso e avete una posizione? Sarebbe utile un obbligo per classi di età o per ruolo?
«Nel Cts se ne è parlato in diverse occasioni. La posizione comune è quella di velocizzare al massimo l'immunizzazione della popolazione, prima del ritorno alla vita ordinaria dopo le vacanze estive. Abbiamo sottolineato, ad esempio, l'importanza della copertura vaccinale ai docenti della scuola per proteggere se stessi e i nostri ragazzi e per evitare al minimo il ricorso alla didattica a distanza. L'esigenza stringente di raggiungere l'obiettivo può prevedere anche l'obbligo vaccinale per chi ricopra pubbliche funzioni. Ma queste decisioni spettano alla politica anche se ovviamente va tenuto conto dei tempi».