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Data: 10/11/2019
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

Esuberi, Conte vuole mediare: ma Arcelor deve darci garanzie. Crisi Ilva, la trattativa è in salita scontro Confindustria-sindacati. Boccia: «Errore pretendere che le imprese mantengano l’occupazione se c’è crisi». Per la Cgil «parole senza senso»

ROMA Ufficialmente l'incontro di lunedì tra i vertici di AcelorMittal e il premier, Giuseppe Conte, non è ancora confermato e potrebbe anche slittare a martedì. L'ennesimo segnale di una trattativa tutta in salita per convincere ArcelorMittal a rispettare gli impegni presi per il rilancio dell'ex-Ilva dopo la decisione, una settimana fa, di abbandonare il dossier. Del resto, se è vero che il premier è determinato a trovare una soluzione, rimane però un certo scetticismo ad avanzare una proposta senza le dovute garanzie da parte di Mittal che in campo non ci sono solo pretesti. Da parte sua la multinazionale punta a sedersi al tavolo solo per discutere delle condizioni già espresse. Il nodo più difficile da sciogliere è quello degli esuberi, accanto a quello dei livelli di produzione. Si capisce anche dallo scontro a distanza scattato ieri tra Confindustria e sindacati. Le crisi vanno gestite «con buon senso e serietà», non ignorate, dice infatti il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. Dunque anche gli eventuali 5.000 esuberi dell'ex-Ilva chiesti da ArcelorMittal andrebbero più gestiti che rispediti al mittente.
Un messaggio al governo a caccia di soluzioni che non piace per niente alla Cgil di Maurizio Landini e alla Cisl di Annamaria Furlan, «Se pretendiamo che nonostante le crisi congiunturali le imprese debbano mantenere i livelli di occupazione, quindi finanziare disoccupazione e non mantenere le imprese, facciamo un errore madornale», ha detto Boccia al Forum annuale della piccola industria. Come fare? «Se c'è una crisi congiunturale legata all'acciaio, è inutile far finta che non ci sia», per il presidente di Confindustria. «Bisogna capire come gestire questa fase permettendo di costruire, come accade in tutte le aziende del mondo». Gestire significa assecondare il ciclo e sostenere le imprese con misure precise. «Ci sono strumenti come la cassa integrazione e gli altri, che si attivano in momenti congiunturali negativi delle imprese», ha spiegato ancora Boccia, «occorre affrontare il problema con serietà e buonsenso. Il punto è creare sviluppo in quel territorio, costruire altre occasioni di lavoro, ma non sostitutive, complementari». Un invito al governo a fare la sua parte, dunque, più che una difesa delle richieste di ArcelorMittal. «Se l'Ilva arretra per la congiuntura internazionale, ogni azienda deve avere una flessibilità congiunturale», ha concluso.
L'OFFENSIVA Parole «senza senso» per Landini: «C'è un accordo da far rispettare, firmato un anno fa, che prevede degli impegni», ha ribattuto a distanza il segretario generale della Cgil, «non sono cali temporanei di mercato che modificano piani strategici che prevedono 4 miliardi di investimenti. Quegli accordi vanno fatti rispettare: e anche lui dovrebbe chiedere alla multinazionale di rispettare il nostro Paese». Sulla stessa linea la Furlan convinta che «le imprese serie» affrontano le crisi confrontandosi col sindacato, non «chiudendo la fabbrica e lasciando a casa 5000 persone». Eppure, se c'è una speranza di trovare un accordo con ArcelorMittal per evitare il passo indietro e una lunga battaglia legale si gioca proprio sugli esuberi chiesti dalla multinazionale. Finora il premier, Giuseppe Conte ha definito la condizione «inaccettabile». E anche il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli sembra aver lasciato pochi margini su questo fronte. «ArcelorMittal in nessun modo si impegna a produrre più di 4 milioni di tonnellate di acciaio l'anno e chiede 5 mila esuberi, non dà garanzie che queste siano misure di contingenza», aveva detto nei giorni scorsi il ministro alla Camera. Questo non significa, però, che il governo non sarà comunque costretto a trovare una strada per tenere conto della crisi del settore, come sollecita Boccia. Attraverso la cassa integrazione, ma anche altre strade per alleggerire in bilancio il costo di 10.700 lavoratori, di cui 8.200 a Taranto (oltre 1.300 sono già in cassa integrazione), senza contare i dipendenti dell'amministrazione straordinaria che sarebbero stati assorbiti nell'organico di ArcelorMittal (circa 2.000 di cui 1.600 in cig). A rischio ci sono oltre 40.000 posti di lavoro, tra esuberi, licenziamenti e mancato indotto, quasi 2 punti di Pil. Per ArcelorMittal c'è in gioco l'immagine reputazionale di chi straccia impegni precisi presi in un contratto firmato.

 

Esuberi, Conte vuole mediare: ma Arcelor deve darci garanzie

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