Data: 31/08/2019
Testata Giornalistica: IL CENTRO |
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Di Maio forza la mano sui Dem. L’accordo con Zingaretti vacilla I Cinque Stelle raddoppiano a 20 i punti programmatici imprescindibili: «O si realizzano o si vota» Linea dura dei 5S, rebus Rousseau
Il presidente del Consiglio incaricato media. Ma il Nazareno chiede un chiarimento per andare avanti All'ora di pranzo la strada per un accordo di governo Pd-M5s sembra in discesa, ma nel giro di mezz'ora si torna sulle montagne russe. È Luigi Di Maio ad alzare il tiro: «O siamo d'accordo a realizzare i punti del nostro programma o non si va avanti». Anzi, aggiunge: «Altrimenti, meglio il voto ». Così il leader dei Cinque stelle gela i quasi alleati del Pd, uscendo dall'incontro con il premier incaricato Giuseppe Conte, l'ultimo delle consultazioni a Montecitorio. I Democratici, prima si confrontano increduli, poi replicano con durezza: niente diktat e minacce. Il più netto è il segretario Nicola Zingaretti: «Basta con gli ultimatum inaccettabili o non si va da nessuna parte». E ricorda su Twitter: «Patti chiari, amicizia lunga». Altissima tensione quindi, tanto che viene annullato un vertice (tenuto segreto) tra lo stesso Zingaretti e Di Maio che era previsto per le 15. In pochi minuti la tensione schizza, il governo giallorosso è di nuovo in alto mare. In serata è Conte, che dopo un incontro veloce con il Papa ai funerali del cardinale Achille Silvestrini, prova a mettere pace. Lo fa in una nuova riunione a Palazzo Chigi con i due partiti (senza i leader) e rinviando a un'altra in mattinata, per lavorare sul programma. Proprio lì, almeno ufficialmente, si è incagliata di nuovo la trattativa. In particolare si profila lo scontro sui decreti sicurezza. Zingaretti, mezz'ora prima di Di Maio, riferisce ai giornalisti di aver proposto a Conte che su quei decreti fortemente voluti dalla Lega e «benedetti» col voto dai 5S, si va «almeno» verso «il recepimento delle indicazioni del presidente della Repubblica. Rilievi su più punti e di peso, da parte del Colle, su cui anche il Movimento apre. Ma, «senza modificare la ratio di quei provvedimenti», aggiunge Di Maio scatenando le polemiche. In ogni caso per il M5s, un eventuale accordo di governo prevede come «imprescindibili » i propri punti programmatici, ora per di più raddoppiati: dai 10 annunciati al Quirinale ai 20 proposti nella sala dei Busti al presidente incaricato. Sono i paletti intorno ai quali potrebbe nascere un Conte bis. Su questo Di Maio calibra la grammatica e i tempi verbali: «Uso il condizionale perché, in qualità di capo politico, siamo stati molto chiari: o siamo d'accordo a realizzare i punti del nostro programma o non si va avanti », insiste. Che sia lui, ancora, il leader del Movimento, lo ripete una seconda volta quando ricorda che «da capo politico » ha rinunciato «2 volte a fare il premier», riconoscendo invece all'avvocato del popolo il ruolo di «super partes». Infine invoca le stesse parole usate da Conte accettando l'incarico con riserva al Quirinale: «Non è momento degli attacchi ma del coraggio e ne servirà tanto». Ma i sospetti dei Dem in chiave anti M5s riprendono fiato e si moltiplicano. Anche sui decreti sicurezza. Non vanno rivisti? «Secondo me vanno abrogati», tuona su Facebook il deputato Matteo Orfini. Passano le ore e dal Movimento i toni si placano, fino quasi a rinnegare l'idea che vogliano far saltare il banco: «Cambio idea? Chiedere di abbassare le tasse significa cambiare idea? - scrivono in una nota - Ribadiamo: contano le soluzioni, non le poltrone. E qui il punto è un altro: noi vogliamo cambiare veramente il Paese». Il Pd non si fida fino in fondo e rilancia chiedendo «un chiarimento sulle dichiarazioni di Luigi Di Maio, al termine delle consultazioni». Siano «precondizione per proseguire nel percorso avviato». Linea dura dei 5S, rebus Rousseau. Il capo politico va all'attacco per convincere gli iscritti. Lo spettro hacker sul voto ROMA Una manovra forse azzardata ma compiuta con l'intento di convincere anche gli iscritti più riluttanti a dare il via libera all'ipotesi di governo M5s-Pd quando saranno chiamati a dire la loro su Rousseau. Dove la consultazione sull'alleanza giallo-rossa, prevista secondo le indiscrezioni per mercoledì, potrebbe essere anticipata. Dopo ore di incertezza, telefoni spenti, smarrimento alla fine il sollievo: i parlamentari del Movimento interpretano così l'alzata di scudi del Capo Politico. Dopo giornate in cui sul leader pentastellato si moltiplicavano i sospetti che stesse giocando una partita solo per blindare la sua leadership politica, la mossa in attacco di Di Maio arriva anche per mettere a tacere i sospetti. E convincere anche i più riluttanti nei confronti dell'alleanza con il Pd a dare il via libera all'accordo. Il ritorno ai toni ultimativi, l'accento posto sui temi fondativi del M5s ed anche la forzatura sul tema dell'immigrazione dove, nonostante fosse stato già trovato il punto di caduta per un accordo con i dem, Di Maio afferma di non voler rinnegare la «ratio» dei decreti sicurezza, sono tutti segnali che lancia alla pancia del Movimento. E soprattutto a quanti non hanno digerito le porte chiuse all'offerta di Salvini. «Sembra una strizzata d'occhio a quelli che remano a favore di una ricucitura con la Lega», afferma un deputato dell'area «ortodossa» che pur non gradendo la mossa del capo politico ammette che ha colto nel segno. «Vedo che nelle chat degli attivisti il messaggio è passato. Sembra proprio che i più scettici ora si siano convinti». Certo c'è sempre il pericolo opposto che segnala un altro parlamentare: questi toni perentori verso il futuro possibile alleato potrebbe infatti sortire un effetto boomerang, radicalizzando i contrari. Non sono pochi, anche a giudicare dai commenti sul blog dove pure si registra il plauso all'iniziativa di Di Maio. Ma la vera preoccupazione dei 5 Stelle per il voto sulla piattaforma ora sono da un lato gli hacker, dall'altra gli iscritti di vecchia data, quelli che nel frattempo potrebbero essere passati a votare Lega nelle ultime consultazioni, mantenendo le credenziali per votare su Rousseau.
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